MARCO CASTELLUCCI E IL COSMO DELLA VITA
La pubblicazione delle opere di Marco Castellucci in questo nu mero della rivista celebra un gradissimo acquarellista bolognese, recente mente scomparso. Una vita di pittura, un’immensa galleria di acquerelli che, come indica il titolo di un suo catalogo, costituisce il ritratto della pittura (Marco Castellucci, Il ritratto della pittura, Spirali, 1993). Come scrive Sergio Dalla Val nello stesso catalogo, “nulla di locale nella pittura di Marco Castellucci. Scuola di Bologna, certo, con i più importanti maestri del secolo ma nulla di legato all’origine e ai suoi fardelli in questa pittura che risente dell’internazionalismo, che riporta, apparentemente senza saperlo, la lezione dell’Europa di questo secolo e del rinascimento”.
Paesaggi, fiori, volti, nudi, scorci cittadini e campestri si offrono, nell’esaltazione del colore, all’ascolto e all’intendimento, e si scrivono fino alla festa e alla gioia del cosmo della vita. Da queste opere emergono senza ritegno il bello della varietà e della differenza, il gusto della novità, il piacere dell’approdo. Nessuna dimostrazione o rappresentazione che proponga la via facile, ma la semplicità, che dissipa la preoccupazione, lo studium, la cura di sé e dell’Altro. Castellucci non ha mai inseguito le mode o le correnti, non ha mai partecipato a avanguardie o movimenti artistici, non ha mai blandito critica e pubblico. Nelle sue carte le cose si stagliano sull’integrità, sulla leggerezza, sull’aria, sulla libertà. Per questo non c’è bisogno che noi lo analizziamo, lo critichiamo, lo spieghiamo: i ricordi, con il loro peso, sono fatui, dissipati dalla lingua della pittura, dal suo pro cesso linguistico narrativo che rilascia la sicurezza, la tranquillità, la serenità del gesto e dell’atto e che ci convoca alla sua lettura e alla sua lezione.