I SIGNORI DEGLI UCCELLI

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fotografo naturalista, fotografo naturalista

Giordano Cerè e Gabriele Minelli praticano il birdwatching da diversi anni con un entusiasmo e una curiosità che li ha portati a osservare centinaia di specie e a immortalare immagini di rara bellezza.

Gabriele, com’è incominciata la sua avventura fra le meraviglie della natura?

La mia passione per gli animali risale all’infanzia. Mio padre era un contadino e ogni tanto riceveva la visita di cacciatori toscani che posizionavano delle gabbiette all’inizio dei nostri filari di frutta, dove richiama vano gli uccellini per catturarli. Una volta catturati, li uccidevano a colpi di fucile e li sistemavano nei loro ce sti da portare al mercato. Tanto ero felice di potere avvicinarmi a questi uccellini mentre erano nelle gabbiette quanto poi diveniva straziante vederli esanimi in quelle orrende ceste. 

Ma c’è un altro episodio che mi è rimasto impresso: io vengo da una generazione di cacciatori, mio non no era del 1920 e all’epoca la caccia si faceva per fame, perché con una lepre o un fagiano si sfamava l’intera famiglia. Anche i miei fratelli, che sono più grandi di me, andavano a caccia e un giorno mi portarono con loro. Assistere alla scena straziante degli uccellini che venivano abbattuti alla fine dei filari di frutta, dove erano stati spinti dal rumore, proprio come accade nella caccia alla volpe in Inghilterra, mi fece passare dalla loro parte. Avevo solo dieci anni, ma decisi che da allora sarei andato a vedere soltanto animali in libertà. E così è stato. Anche quando avevo diciotto anni e andavo in discoteca con gli amici, mentre gli altri tornavano a casa, alle due o alle tre di notte, io mi fermavo in un bosco per vedere le albe e magari, se ero fortunato, qualche fagiano o qualche lepre. Era incredibile il contrasto netto tra la confusione della discoteca, che pure mi piaceva, e il silenzio assoluto, la pace che si respirava nel bosco. Da lì sono venuti l’amore per la natura e i viaggi in tutta l’Italia per osservare e documentare la vita degli uccelli e di altri animali. Poi, nel 2010, quando ho incominciato a frequentare Giordano Cerè, ho acquisito una maggiore professionalità nell’arte della fotografia, che egli pratica come attività principale, e per me è stato un vantaggio enorme perché finalmente non dove vo più accontentarmi delle foto impastate e impresentabili che uscivano dalle mie attrezzature limitate.

Giordano, per lei invece com’è nata la passione per la fotografia e quella per la natura?

La passione per la fotografia è nata da due esperienze scolastiche. La prima con un insegnante di applicazioni tecniche, che ci fece fare un reportage – tra l’altro sull’inquinamento, e parliamo dell’inizio degli anni settanta – che poi ci fece sviluppare nella camera oscura. Vedere apparire l’immagine che avevo creato mi sconvolse talmente tanto che pensai che quello sarebbe divenuto il mio mestiere. La seconda esperienza risale alle superiori e vede come protagonista l’insegnante di matematica Claudio Soli, grande amante della natura, che ci ha trasmesso la sua passione per l’escursionismo, sia portandoci spesso fuori sia attraverso i tanti libri che ha scritto sull’argomento. Durante il servizio militare, poi, ho letto decine di libri dei più famosi fotografi dell’epoca, fra cui Angelo Gandolfi, Vittorio Pigazzini, John Shaw precursori dei fotografi naturalistici, che mi facevano immaginare di essere dietro una delle loro macchine fotografiche dotate di potenti teleobiettivi per ritrarre al meglio la tal specie o la talaltra. Allora cominciai a interessarmi seriamente di fotografia e feci una delle mie prime mostre al castello di Bazzano con fotografie che adesso ritengo orrende, però probabilmente piacquero e mi diedero la spinta per frequentare alcuni enti di ricerca nel nostro territorio e per iscrivermi al Cisniar (Centro Italiano Studi Nidi Artificiali), un’associazione di volontariato (ODV) che gestisce sia la Stazione Ornitologica Modenese “Il Pettazzurro” sia il Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale di Marano sul Panaro. Da quel giorno, incominciai a collaborare con il gruppo di ricerca che l’ha costituito, che è molto attivo nella promozione dei valori legati alla natura, all’educazione ambientale e alla salvaguardia ambientale, anche attraverso pubblicazioni come Il fiume vivente, Appenninia, Siepi nidi artificiali e mangiatoie, libri che ebbero molto successo e con le relative mostre itineranti in tutta la provincia, e infine attraverso la pubblicazione di “Picus”, una delle riviste di ornitologia più diffuse in Italia.

 

Gabriele e Giordano, con le vostre immagini riuscite a trasmettere anche alle giovani generazioni la meraviglia di specie animali sconosciute persino nei territori in cui vivono, ma fate anche tanti viaggi alla ricerca di specie rare di uccelli migratori…

Da diversi anni, alla fine di aprile, andiamo con le nostre famiglie nella bellissima isola di Ventotene per vedere gli uccelli migratori che si fermano lì per rifocillarsi, dopo la prima tappa del loro viaggio dall’Africa al Nord Europa, dove sono diretti per nidificare. Arrivano stanchissimi e si tuffano letteralmente sulle ferule, grandi fiori zuccherini, consentendo ci così di osservarli a volte a pochi metri di distanza.

Provenendo dall’Africa, questi uccelli trovano a Ventotene un baluardo di terraferma per fare una sosta, e ne hanno bisogno, considerando che alcuni di essi proseguono fino al circolo polare Artico per nidificare. Dopodiché, nell’arco di un mese, un mese e mezzo, rifanno il percorso inverso e ripassano dall’isola verso settembre (più o meno, a seconda della specie, perché non tutti seguono la stessa rotta migratoria), prima di tornare in Africa. Sono viaggi incredibili: per esempio, alcuni esemplari di pittima minore percorrono qualcosa come 13.000 chilometri di volo.

Nella vostra pratica di birdwatching rimanete appostati per ore immobili di notte, mentre a Ventotene avete la fortuna di vedere da vicino gli uccelli di giorno…

 

Infatti, ma di notte a Ventotene ci sono specie che si chiamano berte, la berta maggiore e la berta mino re, quelle che ispirarono Ulisse per il canto delle sirene: sono animali crepuscolari notturni che nidificano nelle falesie delle rocce ed è bellissimo andarci di sera per ascoltare i loro canti lamentosi. Non dev’essere stato difficile per i marinai di Ulisse, mentre sentivano i crampi della fame e della stanchezza, attribuire i canti di questi uccelli a mitologiche sirene.

Quante sono le specie di uccelli che fanno questo viaggio?

Le specie migratorie che attraversano l’Europa sono tantissime, di cui almeno duecento passano da Ventotene nell’arco delle varie stagioni: alcune vanno in Nord Europa, altre si fermano nelle nostre pianure, nelle nostre colline e nelle nostre montagne. Quello di Ventotene è uno dei passaggi migratori, poi ci sono lo stretto di Messina e quello di Gibilterra, punti che consentono traversa te più brevi e quindi richiedono minore energia rispetto al mare aperto. Esistono tanti posti nel mondo che fanno parte delle rotte migratorie, per esempio, sul Bosforo fanno tappa migliaia e migliaia di rapaci, ma anche il delta del Po e la Camargue rap presentano punti molto importanti, anche se cambiano di anno in anno a seconda delle condizioni climatiche. Per esempio, due anni fa la peppola, che è un tipo di fringuello, è passata dalla Slovenia, mentre quest’anno c’è stata l’invasione da noi, in Emilia Romagna. A Ventotene da due anni l’usignolo d’Africa non passa. Quest’anno ne abbiamo visto uno solo: può capitare che un individuo giovane, avendo trovato condizioni avverse durante la migrazione, abbia perso la rotta, anche se non è la normalità. Una domanda che ci poniamo è come possa un uccelletto di 5-10 grammi sapere quale sia la rotta che deve percorrere.

Tra i fattori che stanno modificando il comportamento degli uccelli ci sono anche i cambiamenti climatici, che purtroppo vanno ad alterare gli habitat di nidificazione e di sverna mento, in un arco di tempo molto breve, senza dare la possibilità alle specie di adattarsi, pertanto, molte di queste si sono rarefatte, mentre altre ne hanno tratto beneficio. Al cune specie che un tempo non erano presenti nelle nostre campagne e nei nostri territori, con l’aumento del le temperature, adesso sono molto presenti. È il caso degli aironi guardabuoi, che si chiamano così perché in Africa o anche in Maremma era no soliti sostare sul dorso dei buoi, i quali, brucando, spostano grandi quantità di insetti, di cui questi aironi si nutrono. Adesso che i trattori hanno sostituito i buoi gli aironi si sono adattati, hanno capito che, se seguono un trattore mentre falcia un terreno, hanno molte più possibilità rispetto ai buoi e ormai non tornano più indietro, rimangono qui, anche perché non c’è più il freddo di una volta.