L’INTELLIGENZA INFRASTRUTTURALE

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presidente del Gruppo Palmieri Spa, Gaggio Montano (BO)

Il vostro Gruppo lavora nell’ambito delle grandi opere infrastrutturali del mondo e recentemente si è recato in Spagna. Quali sono le novità che ha riscontrato nel suo viaggio?

La Spagna è oggi una delle nazioni che ha investito meglio i finanziamenti erogati dall’Unione europea fra il 2000 e il 2012, in particolare nella costruzione di infrastrutture per la mobilità, fra cui l’alta velocità ferroviaria e molte autostrade di collegamento, che hanno reso questa nazione appetibile per gli investitori internazionali. Inoltre, in quella fase sono state costituite grandi imprese di costruzione che oggi lavorano in tutto il mondo, specialmente nei paesi di lingua ispanica, come Centro e Sud America, e negli Stati Uniti e in Canada. Anche gli aeroporti sono stati ampliati e implementati di servizi, come quelli di Madrid e Barcellona. In Italia non abbiamo aeroporti così grandi, neanche a Roma. Sono stato in Spagna soltanto due giorni, ma ho trovato giovani e imprenditori che hanno tanta voglia di lavorare e di investire – in molti casi hanno rilevato imprese di costruzione tedesche e inglesi –, decisi ad acquisire importanti commesse per la costruzione di grandi infrastrutture nel mondo.

Inoltre, la cosa che più colpisce quando si arriva in Spagna è vedere tantissime gru per la costruzione di case in nuovi e immensi quartieri. Questo dà l’idea di quanto la Spagna sia in forte crescita. E basta andare negli alberghi, nei ristoranti e nei locali per constatare che sono sempre affollati. Del resto la ricchezza si vede dalla qualità delle auto di grossa e media cilindrata, spesso di produzione spagnola, che circolano per le strade. Ci sono anche grandi compagnie di ricerca molto avanzate nel settore delle infrastrutture. Nel Paese è stata favorita la nascita di gruppi di ricerca extra universitari e indipendenti, in associazione fra professionisti, impegnati a fare ricerca per le grandi compagnie. Non vedo ancora questa formula in Italia.

In Spagna sono ripartiti anche gli investimenti nelle miniere di ferro e in quelle di carbone, benché vi sia una grande quantità di energia eolica, grazie agli investimenti in grandi infrastrutture, come parchi eolici e fotovoltaici immensi costruiti lungo le coste su tutto il versante atlantico. Inoltre, ci sono grandi società di produzione di energia idroelettrica, in molti casi dislocate in sedi sudamericane. Pur utilizzando l’energia pulita, quindi, non è escluso l’uso del carbone e l’attività delle diverse miniere di ferro, attive nel Nord in cui operano le grandi acciaierie nazionali.

A proposito del tema di questo numero dedicato al cervello e all’intelligenza, la rete infrastrutturale di un paese è indice della sua intelligenza. Possiamo parlare di “intelligenza infrastrutturale”?

Certamente. L’industria non può vivere senza la logistica infrastrutturale. In Italia stiamo incominciando, piano piano, a fare qualcosa in questa direzione. Siamo, però, ancora molto indietro, anche per le lungaggini burocratiche che frenano la nostra economia. Nell’Unione europea non c’è questo problema, perché ho potuto constatare che gli uffici preposti hanno capacità amministrativa e finanziaria molto efficienti. Noi, per esempio, abbiamo redatto un paio di progetti europei insieme con alcune compagnie francesi e, dopo una settimana dalla presentazione del progetto vidimato dal commissario – per ciascun progetto c’è un commissario delegato –, abbiamo ricevuto il pagamento in quota parte per le spese di ricerca che abbiamo sostenuto per fare quel progetto. In Italia, invece, l’impresa deve necessariamente cercare consulenti per partecipare ai bandi, semplicemente perché le condizioni da rispettare non sono cinque, ma cinquanta. Nel caso che le ho citato prima, bastavano soltanto le nostre competenze tecniche.

Molte imprese italiane provano a commissionare ricerche per esempio alle università, ma spesso si sentono chiedere l’anticipo delle spese. Ma allora è meglio non incominciare neanche a lavorare insieme. Ecco uno dei motivi per cui in Italia non si fanno progetti e le imprese tendono a investire in istituti di ricerca esteri.