LEZIONE DI VITA IN PRODUZIONE
A proposito del titolo di questo nume ro della rivista, I giovani e le imprese dell’avvenire, con le sue innovazioni, Esametal ha sempre dato un contributo all’avvenire, per esempio nella salvaguardia dell’ambiente, realizzando i serbatoi criogenici in alluminio, utilizzati nello sviluppo della tecnologia che sfrutta il potere refrigerante dell’azoto liquido, una grande alternativa al gasolio nei trasporti frigo. La sua attività principale di lavorazioni in alluminio e produzione di silos ha un mercato che si estende dall’Italia al resto d’Europa, all’America, all’Africa, all’Asia e all’Oceania. In che modo sta avvenendo il cosiddetto “passaggio generazionale”, quindi i giovani stanno dando un apporto allo sviluppo della vostra azienda?
Sia i miei figli, Filippo e Giacomo, sia il figlio del mio socio Emanuele Ferrarese, Michele, stanno già lavorando con noi. Il primo, Filippo, dopo la laurea in Scienze politiche (Relazioni internazionali e diritti umani) e un’esperienza in Spagna, cinque anni fa è entrato in azienda e oggi svolge la funzione di sales manager. Il secondo, Giacomo, dopo il diploma, si è specializzato come tecnico di saldatura e, tre anni fa, ha incominciato a seguire la produzione in tutti gli aspetti che riguarda no la saldatura. Michele, invece, ha incominciato a lavorare soltanto da un anno e sta seguendo aspetti amministrativi e di logistica. Il primo periodo in azienda non è stato facile per nessuno dei tre, perché doveva no prendere il ritmo. In un’azienda come la nostra si corre sempre e i problemi da affrontare sono all’or dine del giorno. Anche per questo, abbiamo messo in programma attività di formazione interna, in modo che imparino la lingua dell’azienda.
La lingua dell’azienda?
Certo, perché i giovani oggi arriva no al loro primo lavoro pensando di poter parlare come fanno con i loro coetanei: velocemente, senza accertarsi che l’interlocutore – il cliente, il collega, il fornitore – abbia recepito il messaggio e addirittura che lo abbia ricevuto, nel caso sia una mail o un WhatsApp. Non solo, la prima formazione avviene in produzione, perché devono imparare i nomi dei prodotti, dei componenti, dei materiali, delle strumentazioni, delle tecnologie utilizzate e di tutto ciò che distingue il nostro settore da un altro e la nostra azienda da un’al tra. C’è una tradizione non scritta che si tramanda di generazione in generazione nell’arte e nella cultura e che costituisce il patrimonio intellettuale di ciascuna azienda, che non si può imparare in un mese. Da qui nascono alcuni contrasti fra le gene razioni, dall’idea che oggi tutto sia a portata di click e basti cercare su Google per capire che cos’è un utensile piuttosto che un altro. Invece, l’innovazione che un giovane può portare in azienda non può e non deve prescindere dalla tradizione, anzi, sta proprio nella sua capacità di reinventarla, di trovare un modo nuovo per ottenere la stessa qualità che l’esperienza garantisce, lavorando nel solco della tradizione.
Qual è una delle principali differenze che ha constatato fra la sua generazione e quella dei suoi figli?
La differenza principale è quella che concerne i tempi: per la mia generazione il lavoro, l’azienda, aveva la priorità assoluta, adesso invece il lavoro è importante, ma non è al primo posto o, al massimo, è al pari delle altre cose: il divertimento, la festa, i viaggi, lo sport. Noi lavoravamo anche il sabato, oggi invece l’unico che viene con me in azienda il sabato è Giacomo, mentre gli altri vanno alla ricerca del tempo libero. Noi non aspiravamo a divertirci, ma a crescere, a costruire, a imparare, anche perché per noi il tempo dell’impresa è sempre stato libero, l’impresa è ciò che consente agli uomini e alle donne di esprimersi, di mettere a frutto i propri talenti, senza essere vincolati a nessun canone, per cui non hanno poi bisogno di cercare la soddisfazione altrove. Le fiere, le visite ai clienti, gli incontri associativi, i meeting, le riunioni con i vari team aziendali sono occasioni d’incontro e di arricchimento, in cui non c’è più la separazione fra il festivo e il feriale. Ma anche nell’operatività quotidiana, quanta soddisfazione c’è nel risolvere i problemi che intervengono in ciascun ambito? Certo, un problema non è mai una passeggiata e per affrontarlo occorre sempre uno sforzo, occorrono ingegno e capacità di analisi, ma, una volta superato, la gioia del risultato è impagabile.
Forse, se i genitori non raccontano a tavola aneddoti del loro lavoro o raccontano soltanto le tribolazioni, i figli non colgono la lezione…
Infatti, spesso abbiamo ascoltato precetti del tipo: “Non bisogna por tare a casa i problemi del lavoro. Bisogna tenere separata l’azienda dalla famiglia”. Poi, però, non sorprendiamoci se i giovani non s’innamorano del “prodotto” dell’azienda di famiglia e quindi si orientano verso altre attività o, peggio, non avvertono l’importanza del lavoro per il viaggio della propria vita.
Un’altra differenza con la nostra generazione è che noi non avevamo il telefonino, quindi la comunicazione avveniva dal vivo e non veniva considerata così facile. Comunque ho notato una cosa: dopo una giornata di lavoro intenso, i ragazzi non passano la serata al telefonino, e questa è una bella cartina al tornasole.