FRAGILE È CHI NON FA

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amministratore unico di Maccagnani Ferro Srl, Budrio (BO)

Maccagnani Ferro opera nel settore del la commercializzazione di profilati in fer ro, tubi metallici, grigliati, lamiere, travi, tondi e stracci da circa cinquant’anni. Lei ha incominciato a fare questo lavoro nell’Italia del rilancio economico, negli anni ottanta, quando la siderurgia era il fiore all’occhiello del Paese. Oggi il pano rama è radicalmente cambiato. Cosa sta avvenendo nel settore?

L’Italia sarebbe ancora il paese di Bengodi, perché da noi si vive bene e si mangia meglio, ma siamo costretti a dipendere dagli interessi dei grandi speculatori esteri. Se finisce la siderurgia in questo Paese saremo costretti a dipendere dalle esigenze di altri paesi, come già sta avvenendo nel settore agricolo. Impoverendoci sempre di più, consentiamo ai gros si speculatori di acquistare le nostre imprese.

Ma un altro aspetto che occorre considerare riguarda i giovani, che oggi sembrano non avere l’entusiasmo e la voglia di fare dei giovani dell’Italia che era protesa all’industrializzazione. Nella compagnia dei miei amici c’era al massimo uno di noi che non aveva voglia di fare niente e viveva mantenuto dai propri genitori. A tredici anni, per esempio, molti di noi accettavano di lavorare nella raccolta delle patate, per raggranellare qualche soldo durante i mesi estivi e poi andare a divertirci con gli amici. Adesso sono state inasprite le regole per ingaggiare i lavoratori al punto che deve lavorare soltanto chi ha fatto almeno tre anni di scuole superiori, per cui, anche il giovane che non ha voglia di fare niente, deve andare a scuola lo stesso e perde tre o quattro anni prima di entrare nel mercato del lavoro. Qualcuno dice che è colpa dei figli, ma anche i genitori e chi ha scritto queste normative sono responsabili di questa ideologia che scoraggia il fare. Poi, si aggiungono i media, che presentano come nuovi miti personaggi che parlano soltanto di soldi e di party.

Ma non è questa la realtà. Il Paese è tenuto in piedi da chi si alza tutte le mattine alle sei e rientra a casa alle dieci di sera, perché, per esempio, deve comprarsi la casa. Ma anche questa, poi, è tassata sempre di più di nuovi balzelli. E poi ci meravigliamo se qualcuno dice che preferisce non andare a lavorare e chiede i sussidi per la casa al Comune? In Italia chi fa deve pagare e chi non fa riceve. Questo modo di governare ha cambiato i parametri per vivere. È naturale poi che ci sia chi si chiede se gli convenga darsi da fare e andare a lavorare.

Qualche settimana fa un’azienda artigiana offriva un ottimo compenso per un lavoro di mezza giornata, che consisteva nello spostare di qualche metro avanti e indietro il ponteggio mobile su cui lavorava l’operatore per sostituire un’insegna commerciale. Non si è presentato nessuno. L’imprenditore ha dovuto chiamare il padre di ottantadue anni, che è stato felice di partecipare al lavoro in compagnia con il figlio. Non trovare un giovane che stesse a sedere quindici minuti, per poi di volta in volta alzarsi e spingere avanti di un metro il ponteggio su ruote, fa pensare. E si noti che questo imprenditore si è ben guardato dal chiamare il figlio quindicenne per spingere il ponteggio.

Cosa dovrebbero fare i genitori?

Stiamo perdendo la cultura del fare. È necessario che i genitori sollecitino i figli a fare qualcosa, non devono dargli il tempo e la possibilità di andare a zonzo o di stare appiccicati al telefonino. Va bene fare anche cose che non sono impegnative, però che siano costruttive come può essere lo smontare la bicicletta per poi rimontare i suoi pezzi, è comunque un fare. Quante aziende di ciclomotori c’erano a Bologna e provincia? Una marea. Quante hanno chiuso? Tutte. Perché? Perché noi a quattordici anni avevamo la cultura del fare e l’esigenza di dotarci di un mezzo per muoverci, per non dover dipendere dal treno e dai genitori. Mio padre, per esempio, non mi ha mai accompagnato in discoteca e non è mai venuto a prendermi. Mi arrabbattavo come potevo, andando sul motorino con un amico e, quando ho potuto, l’ho acquistato per essere indipendente. Abbiamo tolto ai nostri giovani il gusto della conquista, per proteggerli dal rischio di fare cose nuove. Oggi molti giovani a vent’anni non hanno nemmeno la patente dell’auto, perché si muovono soltanto con i mezzi pubblici e spesso, se non trovano il passaggio degli amici, preferiscono starsene comodi in casa. E poi nei media si sente parlare di giovani fragili. Fragile è chi non rischia di fare.