LAVORARE PER RESTITUIRE VALORE ALLA SOCIETÀ E AL PIANETA

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ingegnere aerospaziale, direttore Ricerca e Sviluppo, G. Mondini Spa, Cologne (BS)

Da oltre cinquant’anni alla G. Mondini Spa l’avvenire è sempre in atto, come constatiamo leggendo le parole del fondatore, Giovanni Mondini: “Siamo orgogliosi di essere buoni ascoltatori, ciò che cogliamo nelle esigenze dei clienti dà il ritmo al percorso delle nostre innovazioni, che mirano a fornire le soluzioni migliori e più appropriate”. Con questo approccio, unito alla decisione di rivoluzionare il mercato, integrando il rispetto per il pianeta nei processi produttivi, G. Mondini ha sempre progettato un’ampia gamma di soluzioni che riducono l’impatto ambientale.

Oltre che nell’innovazione dei vostri prodotti – le macchine per il confeziona mento in vaschette di alimenti freschi, piatti pronti, prodotti da forno e pet food – attualmente siete impegnati anche in quella dei processi all’interno dell’intera struttura aziendale…

Certo, i due aspetti devono andare di pari passo: un prodotto innovativo richiede un’organizzazione moderna, anche perché le idee nuove nascono in un ambiente giovane e dinamico. Al contrario, in presenza di strumenti inadeguati o di procedure obsolete, anche il pensiero rischia di soffocare: un’organizzazione inefficiente rimane ingolfata nelle commesse quotidiane e non dispone dell’energia necessaria per portare avanti progetti nuovi.

Nella vostra struttura è stato importante anche l’apporto della cultura americana del just-in-time?

Gli americani sono molto bravi a standardizzare e a fare economie di scala, ma noi non dobbiamo perde re di vista quello che è il motore e la forza delle imprese nel nostro paese, non solo della G. Mondini, ovvero l’inventiva, la capacità di adattarsi e di crescere. Quindi è giusto prendere spunto da alcuni aspetti della cultura americana, così come di quella tedesca, entrambe esemplari nell’efficientamento, e tuttavia assolutamente negate per rispondere a esigenze particolari e specifiche dei clienti. Non a caso noi siamo leader sul mercato per i progetti più sfidanti perché i nostri concorrenti, che sono principalmente grandi aziende tedesche, rispondo no soltanto alle richieste standard. Le aziende italiane non devono puntare a divenire organizzazioni giganti, rigide e standardizzate, ma dotarsi di strutture snelle che non limitino l’invenzione, anche se questo a volte si paga con qualche carenza di efficienza nei processi. Ecco perché noi stiamo cercando una combinazione vincente fra un processo efficiente, che comunque non vuol dire necessariamente standard, e un approccio che lasci ampio margine all’eccezione e alla creatività. È difficile da realizzare, ma è ciò che scommettiamo di portare a termine, anche grazie alle nuove assunzioni, giovani talenti che non sono legati al passato, ma dal passato prendono le cose più belle per farle sbocciare anche nei mercati esteri.

A volte può accadere che un nuovo collaboratore, arrivando in un’azienda che opera da tanti anni, pretenda di sostituire immediatamente una procedura consoli data con una più moderna, rinunciando anche ai vantaggi che la prima poteva apportare e senza tenere conto del fatto che l’invenzione interviene nel solco del la tradizione, non in contrapposizione a essa…

Infatti, l’invenzione non procede da una spinta distruttiva. Proprio per questo, con Davide Sartini, il manager che segue vari ambiti interessati alla trasformazione digitale che stiamo mettendo in campo nell’azienda, compreso quello delle risorse umane, stiamo lavorando per costruire un ponte tra i nuovi arrivati – sia giovani sia senior con molta esperienza alle spalle – e le maestranze, che si avvalgono di un patrimonio tecnico frutto di oltre cinquant’anni di storia. Occorre evitare che si formino due squadre avversarie, perché soltanto la collaborazione con le maestranze può consentire ai giovani di portare valore, anziché scompiglio, in un’organizzazione. Purtroppo, oggi in alcuni giovani c’è tanta presunzione, sicuramente dovuta anche a un’educazione carente: sarebbe giusto insegnare che i risultati vanno guadagnati, perché nulla è dovuto e le obiezioni sono uno strumento per crescere. Daniel Goleman, nei suoi libri Intelligenza emotiva e Essere leader, invita a coltivare fin dall’infanzia la capacità di accettare le critiche costruttive, anziché prenderle come un rimprovero e scappare. Anche Plutarco, nel saggio Come trarre vantaggio dai propri nemici, suggerisce di accogliere tutte le obiezioni degli avversari politici o dei nemici in genera le e di sfruttarle per crescere e miglio rare sempre di più. E nota come sia più onesta un’obiezione o una critica proveniente da un nemico, piuttosto che la lode da parte di un amico per il quale va bene tutto quello che fai. Ciò che manca oggi invece è la capacità di mettersi in discussione e di trarre profitto dall’analisi. Inoltre, negli ultimi decenni è prevalsa una cultura di stampo americano che proponeva un individualismo estremo, che non ha giovato alla vita dell’azienda come entità collettiva costituita di tanti individui che devono collaborare, anzi ché prevaricare uno sull’altro. Tant’è che oggi si sta rilanciando il modello giapponese, che ha sempre valorizzato il lavoro in team e l’integrazione fra i vari ambiti dell’impresa. È un approccio che sta interessando prima di tutto la società civile e anche per questo le aziende non possono rimanere indietro.

Già Emilio Fontela, nel suo libro Sfide per giovani economisti (Spirali), parlava del brainworking, che mette in discussione il concetto di lavoro come attività a compartimenti stagni…

Tra l’altro, sta cambiando lo stesso approccio al lavoro da parte dei giovani, soprattutto della generazione successiva alla mia: una volta il lavoro era “il lavoro di una vita”, noi abbiamo collaboratori che sono qui da quarant’anni, da quando hanno iniziato a lavorare, e ora stanno arrivando al pensionamento; oggi invece nessuno fa un lavoro per tutta la vita, non perché ci sia meno attaccamento all’azienda, ma semplicemente per ché i giovani cercano anche un motivo, un senso a ciò che fanno. E anche per questo tante aziende stanno redigendo il bilancio di sostenibilità, che presto sarà obbligatorio. Quindi non basta più la soddisfazione di svolgere con cura e con ingegno il proprio compito e di ricevere un buon stipendio a fine mese, ma sorge l’esigenza di costruire qualcosa che dia valore anche alla società e, soprattutto, alla vita del pianeta. È qualcosa che attrae i giovani sempre di più, un obiettivo di valore condiviso, anziché l’ossessione per il proprio tornaconto.

Questo è interessante per ché vuol dire che i giovani si stanno ponendo la questione di dare un contributo alla civiltà, non solo a loro stessi e all’azienda in cui lavorano…

E per questo oggi sta diventando più difficile trovare persone disposte a svolgere attività ripetitive che non richiedono l’intervento particolare e specifico del collaboratore, con la sua cultura e la sua arte, oltre che con la sua competenza tecnica. Però qui ci verranno in aiuto le intelligenze artificiali che entro pochi anni saranno impiegate nello svolgimento di tante attività automatiche. In questo senso l’intelligenza artificiale non è una minaccia, ma un’opportunità, perché i lavori ripetitivi in fondo non piacciono a nessuno. A ciascuno piace fare un lavoro creativo, un lavoro che lo metta in gioco.

Qual è l’età media in G. Mondini Spa?

L’età media si è abbassata già da un paio d’anni con l’assunzione di tanti giovani, alcuni dei quali lavorano nel reparto R&D, che è stato avviato con il mio ingresso in azienda. Di recente, abbiamo assunto un mio compagno dell’Mba che ho conseguito alla Bologna Business School in febbraio scorso: lavorava nella più grande multinazionale del settore informatico a Milano e mai avrei immaginato che sarebbe venuto a Brescia. Eppure, quando gli ho parlato della trasformazione digitale in atto nella nostra azienda e dei profili che stiamo cercando per portare avanti tanti bei progetti, ha chiesto subito di fare il colloquio e ha superato brillantemente entrambe le prove. Così possiamo contare su un altro giovane che porterà tante novità, contribuendo alla costruzione dell’impresa dell’avvenire, che non avviene in base a concetti standard, ma attraverso l’innovazione in ciascun ambito e in modo globale.