LA FAKE NEWS, ARMA DEL POTERE DELL’UNICO

Qualifiche dell'autore: 
psicanalista, cifrante, presidente dell’Associazione culturale Progetto Emilia Romagna

Nel 1994, ho invitato a Bologna Dario Fertilio per la presentazione del libro Le notizie del diavolo. La parabola ignota della disinformazione (Spirali), nella galleria libreria Il secondo rinascimento. Da allora si è instaurato un dispositivo di parola interessantissimo, nei momenti più importanti della sua produzione, ma anche in altre occasioni come, per esempio, nel 2010, in un convegno in cui abbiamo denunciato l’Holodomor, il genocidio degli ucraini perpetrato dai sovietici. Rammento anche l’intervista per la nostra rivista in occasione della pubblicazione del libro Le ultime notizie dal diavolo (Guerini e Associati), che non è stato poi presentato per l’emergenza da Covid.

Fertilio parla di “notizie del diavolo” prendendo spunto dall’evangelista Giovanni, che definisce il diavolo “il signore della menzogna”. Eppure, potremmo considerare che non sempre la menzogna è diabolica. Parlando, scrivendo, è impossibile evitare la menzogna, il suo paradosso, che il filosofo cretese Epimenide nel VII secolo a.C. ha rappresentato nel paradosso del mentitore: “Tutti i cretesi mentono”. Ma, più che del mentitore, cioè di un soggetto, il paradosso è della menzogna: come non imbattersi nella menzogna se, parlando, viene meno il principio d’identità, perché il significante non è uguale a sé e il dire va oltre il voler dire o il detto? Ma in questo caso si tratta di una menzogna impadroneggiabile, strutturale, della parola. La parola, scrive Francesco Saba Sardi, di cui abbiamo presentato i libri il 28 febbraio scorso in questa sede, “è mitopoietica”, cioè è produttiva, lancia effetti imprevedibili, non si attiene a una realtà prediscorsiva, formata, nonostante tutte le buone intenzioni: anche questo, potremmo dire, è il suo versante menzognero. Ma quando diciamo che il diavolo è signore della menzogna, parliamo di una menzogna presunta padroneggiabile, di uno strumento di sopraffazione, di una parola per gestire, idealmente, la parola, i pensieri, le sensazioni altrui. Saper dire la menzogna: questa è la virtù diabolica per eccellenza.

Occorre dire che questa ideale facoltà di padroneggiare la menzogna sembra accomunare alcuni settori del giornalismo a un certo modo di governare: da qui il titolo di questo dibattito, Il giornalismo, la comunicazione, i totalitarismi. Questa comunanza, questo intreccio sorge perché entrambi, sia il giornalismo sia la politica, poggiano sulla comunicazione, anche se, come ha detto Gabriele Cané, il giornalismo non si riduce a comunicazione. Ma, certamente, entrambi si avvalgono della parola, in modo più o meno persuasivo e più o meno violento. Il potere politico utilizza i giornali per la sua comunicazione, ma anche il giornalismo rilancia le menzogne dei governanti, in un combinato disposto che ha trionfato, per esempio, nel caso di “Mani pulite”.

Ma quando è iniziato quest’intreccio? Il primo uso politico della menzogna, la prima fake news della storia, è quella che Platone definisce “nobile menzogna”. Platone è stato definito un filosofo ma è stato anche un giornalista, un redattore, che ha raccontato (o forse inventato in gran parte) i discorsi di Socrate: le opere di Platone sono reportage dei discorsi di Socrate. Possiamo dunque dire che Platone è stato un cronista, che ha seguito quella sorta di tribuna politica che Socrate andava facendo per la città. Ebbene, Platone scrive, e lo fa dire a Socrate, che il politico deve mentire, perché deve far credere ai sudditi che il figlio del sarto deve fare il sarto, che il figlio del guerriero deve fare il guerriero, altrimenti la società non riesce a gestire in modo organizzato quella che oggi chiameremmo la giusta distribuzione della domanda e dell’offerta del lavoro, che, tra l’altro, è il grande problema di questi giorni. In breve, per Platone il politico deve instillare la credenza nella predestinazione familiare. Se tuo padre faceva il guerriero, tu devi fare il guerriero, che poi è la dipendenza dal ghénos, dalla morale d’origine. Potremmo dire, secondo il proverbio siciliano, che chi nasce tondo non può morire quadrato. Platone sa che questa è una menzogna, e lo dice anche, ma afferma che ciò è indispensabile affinché la repubblica sia ordinata: per questo la chiama “nobile menzogna”, perché è una menzogna, ma a fin di bene, per il bene della repubblica.

Allora sorge la questione: se quella di Platone è una notizia a fin di bene, che c’entra con la notizia del diavolo? Il diavolo, si direbbe, è malvagio, non può dare una notizia a fin di bene. Ma Fertilio dissipa questa apparente contraddizione: è proprio del diavolo presentare ciò che fa come finalizzato al bene, proporsi sempre come salvatore, diremmo come un buon diavolo. E non a caso le menzogne giornalistiche e le menzogne politiche sono sempre giustificate dall’idea di bene, che poi diventa sempre il proprio bene. Nessuno dice che mente a fin di male. Ma quale massacro, quale invasione, quale sterminio non sono stati compiuti a partire dall’idea di bene, a partire dall’idea di proteggere il bene della comunità contro il male? È storia di questi giorni: i totalitarismi della menzogna mirano al potere dell’Unico.

Potremmo allora chiederci perché accettiamo questi orrori, e perché queste menzogne così ripugnanti siano credute. Fertilio lo spiega precisamente. Affinché vengano credute, le notizie del diavolo devono rispondere a due condizioni: devono confermarci nelle nostre convinzioni e difenderci dalle nostre paure. La vita è difficile, le circostanze possono risultare avverse, allora cosa c’è di più credibile, perché consolatorio, della menzogna, per esempio della menzogna che il nostro disagio dipenda da qualcun altro? Sorge così, come nota in modo preciso l’autore, la personificazione del virus, del male, dei guai, dei problemi economici e sociali. Non noi, ma altri sono i colpevoli: le donne, gli ebrei, il capitale, l’industria, il profitto, la scienza, l’Occidente. Da qui le accuse di stregoneria, di sfruttamento – prima delle persone, ora anche del pianeta –, di corruzione, di circonvenzione, sempre in nome delle vittime, di cui porsi come salvatore. In nome di alcune vittime, e non di altre.

Nel capitolo Il fantasma di Dreyfus del libro Le notizie del diavolo, Fertilio riprende un caso di cui abbiamo parlato in altre occasioni, il “caso Verdiglione”, che viene accostato da Bernard-Henri Levy all’affaire Dreyfus. E scrive giustamente: “Verdiglione viene sottoposto alla tecnica Dreyfus. Il suo fantasma viene costruito mediante allusioni a misteriosi legami con la mafia, con i servizi segreti americani, con imprecisati ambienti industriali: sembrava veramente il grande vecchio planetario. L’oscurità del suo linguaggio, il sospetto ricorso a pratiche magiche o ipnotiche – distantissime dalla psicanalisi –, il taglio degli abiti, la presunta somiglianza con Rasputin finirono con il disegnare un personaggio inesistente dotato di vita propria, che alla fine si sovrappose a quello autentico”. Occorre dire che questa demonizzazione del personaggio e dei vari aspetti dell’Occidente – lo sfruttamento, il capitale, l’industria – trovano un’estensione planetaria. A un certo punto Fertilio scrive: “Il nazicomunista nostalgico della perduta grandezza sovietica e l’islamista furioso e desideroso di vendicarsi del colonialismo economico, tecnologico, militare dell’Occidente, sono accomunati da un’idea: un’umiliazione esige una redenzione attraverso una vendetta che attui una purificazione.”

Dunque, ci sarebbe stata un’umiliazione: la Russia è stata umiliata dall’Occidente, l’Islam è stato umiliato dalle multinazionali del petrolio. Dobbiamo vendicare quest’umiliazione, occorre una redenzione. E come avviene questa redenzione? Attraverso una compensazione, la vendetta, che a questo punto è lecita, perché riscatta un’umiliazione e perché è una redenzione portatrice di una verità che torna a galla. È una redenzione che avviene attraverso la vendetta che attua la purificazione. E qui c’è la parola magica di ogni potere dell’Unico: la purezza. Bisogna purificare, bisogna togliere il marcio, lavare l’onta, togliere il male, lo sporco, la corruzione. In nome di questa purezza tutto diviene lecito.

La questione è che questa costruzione esige la nostra complicità, perché sta in piedi se trova chi ci crede e se trova apparati politici, giornalistici, economici che hanno interesse a sostenere questo nazicomunismo o questo islamismo. Questa complicità poggia su un grande problema dell’Occidente: l’odio di sé. Un odium sui, ben indagato da Giorgio Israel nel libro Liberarsi dei demoni (Marietti), che attraversa l’Occidente e che nasce dall’odio di sé di ognuno, pronto a espiare, ad assumersi qualunque pena. Perché ci sentiamo così facilmente colpevoli per la nostra storia, per la nostra cultura, per la nostra scienza? Ancora una volta, per infliggerci un regime penale e penitenziario quotidiano, che costituisca il nostro quieto vivere, la nostra pace sociale. Penare sembra più facile che assumere responsabilità e rischi, stare in pace sembra più comodo della battaglia per la riuscita. Ma, intanto, scrive Fertilio, “la pace sociale è la condizione più gradita e adatta al processo infettivo, insaziabile, parassitario del totalitarismo”.

Allora, il bisogno di conferma delle nostre convinzioni e l’esigenza di rassicurazioni indicano anche perché internet e le nuove tecnologie possono risultare un supporto del totalitarismo, anzi un luogo totalitario di per sé. Quando i social, anziché strumento di ricerca e di dibattito, diventano comfort zone, luoghi per rispecchiarsi, e per confermare nelle piccole idee degli altri le proprie piccole idee, in cosa differiscono dai regimi totalitari? Così, ai tre totalitarismi individuati da Fertilio, nazismo, comunismo, islamismo, che mettono al centro la propria comunità come unica, pura e salvifica, gli propongo di aggiungerne un quarto: la comunità telematica, peraltro già adombrata da Fertilio in Dirsi tutto. L’arte della comunicazione totale (Lindau). Questa comunità è cementata anch’essa da nemici condivisi, da promesse luminose e sempre a fin di bene. In questo libro l’autore prova come l’idea di controllo, finalità del totalitarismo, possa avvalersi delle capacità informatiche e dello slogan che le caratterizza: “scarica l’app”, il nuovo comandamento. È, dice Fertilio, il “mass totalitarismo”.

Vi è chi sostiene che l’uso della menzogna vale per la politica, per il giornalismo, ma non è detto che valga per le nuove tecnologie, per esempio per l’intelligenza artificiale. Esse sono esatte, non mentono, anzi, potrebbero servire a combattere le menzogne: già Leibniz diceva che in futuro non ci sarebbero state discussioni se tutti avessero cominciato a calcolare. Ma anche questa è una notizia del diavolo: l’illusione scientista non va forse in direzione della creazione dell’homo novus, per esempio con il transumanesimo o con il cosmismo? E non è proprio la creazione dell’homo novus, del superuomo nietzschiano, dell’homo sovieticus, del martire di Allah, la fake news per eccellenza, la finalità annunciata da ogni totalitarismo? Non è anche questo che ci promettono le nuove tecnologie, e le nuove medicine, per esempio con l’upload della mente e l’homo ciberneticus? Allora, in questo senso, le nuove tecnologie si combinano al totalitarismo nella misura in cui poggiano sulla nostra paura della morte, promettendoci non solo di difendere la nostra vita dal nemico, ma anche di vivere eternamente. Cosa promette l’islamismo radicale ai giovani che accettano il martirio? Morire per vivere eternamente, tra le braccia di vergini “dalle vagine appetenti” (Al-Suyuti, Al-Itqan fi Ulum al-Quran, p.351): il miraggio è sempre quello della vita eterna, in questa terra o in quell’altra. Sta qui la religiosità utopica che Fertilio trova alla base di ogni totalitarismo: la promessa dell’eternità. E a questo proposito nel suo libro Le notizie del diavolo Fertilio riprende l’enunciato di Stalin: “Cos’è il comunismo? I soviet più l’elettricità”: come altre dittature, nota l’autore, il comunismo si fondava sulla combinazione tra le mitologie dell’origine e le mitologie tecnologiche. Questo riferimento all’elettricità indica che la tecnologia non è temuta dal totalitarismo, che se ne fa, semmai, una bandiera, un’arma per assicurare l’avvenire radioso. E non a caso oggi assistiamo alla celebrazione dell’elettricità, per esempio nel settore dell’automotive: l’elettricità sarebbe pura, non inquinante, immateriale, illimitata, accessibile, dunque la salvezza dalle altre fonti energetiche sporche, inquinanti, materiali, esauribili, inaccessibili. Non a caso le tecnologie vengono proposte come luogo dell’accesso al sapere e alla verità: propongono un avvenire accessibile, dove c’è tutto e per tutti. Qui, la promessa e la fake news si combinano perfettamente, in modo fideistico e spiritualistico: le tecnologie sembrano sostituire i testi sacri, come il Corano, dove tutto sembra essere compreso, dove sarebbe scritto tutto ciò che è importante della vita. Il testo di riferimento è il testo totale, funzionale al potere dell’Unico. A cosa serve leggere altri libri? E, con l’intelligenza artificiale, a cosa serve leggere, scrivere, se ci sono le macchine che lo fanno per noi? Questa è l’illusione demonistica e faustiana della tecnologia, che viene posta sempre più come testo di riferimento: per questo spesso i social e i post vengono creduti più dei docenti universitari, e aumentano i timori che ChatGPT possa sostituire gli scrittori o i giornalisti.

Ma proprio le dittature indicano che quel che è posto come riferimento sorge per negare la parola, l’esperienza, la ricerca, il rischio, in breve, la vita stessa. Invano: nessun testo di riferimento, nemmeno quello di ChatGPT, riesce a sostituire la vita, perché la vita, con la sua arte e la sua invenzione, non si toglie, né è sostituibile. In quanto è la parola, la vita non è sopravvivenza. Come nota Fertilio, la sopravvivenza è l’unica preoccupazione del virus totalitario, che come ogni virus, usa la vita altrui, e le stesse ideologie, come mezzi per sopravvivere. “Incroci e ibridi – scrive – sono tante forme del virus totalitario in espansione: nazismo, comunismo, razzismo, ideologie e tecniche occidentali fungono semplicemente da materiale di combustione. Lo stesso islamismo totalitario, ai vertici della sua piramide ideale, non crede al Corano più di quanto disprezzi i suoi nemici: si limita ad attingervi le sue energie vitali”.

In un quotidiano, oggi, un giornalista si chiedeva come difendersi dalle fake news, quindi dai totalitarismi. I libri di Fertilio che stiamo discutendo analizzano, con molti esempi attuali, le figure e le tecniche della disinformazione. Dunque ci offrono gli strumenti per non essere più gabbati dalla retorica del potere e da quelli che tra i giornalisti sono, consapevolmente o meno, i suoi scribacchini. E potremmo rispondere con quanto Fertilio ha dichiarato nel numero 103 della nostra rivista “La città del secondo rinascimento”: “Noi sappiamo che qualsiasi totalitarismo, anche quello nascente adesso, il mass-radicalismo, anche quello nazicomunista che è in azione poco lontano da noi – tra l’altro vi ricordo che fra Trieste e Palermo c’è la stessa distanza che c’è fra Trieste e Kyiv –, questi totalitarismi sono lentamente destinati a perdere forza, perché consumano il loro stesso combustibile. Non sono invincibili. Vogliono farci credere di essere leggi naturali, ma non lo sono. Sono l’imposizione arbitraria che si riproporrà sempre in diverse forme, ma che sempre in diverse forme troverà la nostra possibilità creativa, attraverso la parola, di contrastarla e di ridurre la sua realtà al fatto che si tratta sempre del ‘re nudo’. Quindi usiamo la parola come un aquilone che si alza controvento, ma il controvento la rende inafferrabile. Questa è la nostra speranza”.