L’AZZARDO E LA SCOMMESSA DELL’IMPRESA

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presidente di MWM Srl, Zola Predosa (BO)

Attiva nei settori della saldatura e delle riparazioni auto attraverso la produzione di attrezzature specifiche, la vostra azienda, MWM Srl, resta riferimento sicuro sia in Italia sia nel mercato internazionale. Nel suo itinerario, come in quello di MWM, quanto è stato essenziale l’entusiasmo per incominciare e poi per proseguire e per rilanciare?

Non ho mai smesso di credere nella qualità dei nostri prodotti. Se non rispondevano ai miei parametri, non li proponevamo nemmeno al mercato. Non ho mai venduto qualcosa se non ero sicuro della sua qualità. L’entusiasmo che avevo a trent’anni è lo stesso e, dopo oltre quarant’anni di attività, oggi con mio figlio Lamberto accanto, ho il compito di trasmetterlo anche ai collaboratori. È una responsabilità molto grande perché, se domattina decidessi di vendere, cosa farebbe il dipendente che ha cinquant’anni? Dove andrebbe a lavorare? Non è possibile lasciare in mezzo alla strada chi ha lavorato con te per tanti anni. Trasferire agli altri il tuo entusiasmo e la tua identificazione è molto difficile, e noto con piacere che i nostri collaboratori sono tutti molto legati sia all’azienda sia fra loro. Oggi abbiamo rilanciato i nuovi servizi della nostra azienda anche nel campo della formazione, che rivolgiamo direttamente alle carrozzerie attraverso l’organizzazione di workshop a tema che spesso si tengono il sabato, e ciascuna volta arrivano molte iscrizioni da varie città italiane.

Lei ha incominciato la sua attività imprenditoriale in età molto giovane, perché aveva l’ambizione di costruire un bel progetto, per la sua famiglia e anche per i suoi collaboratori. Cosa la spingeva a fare?

L’incoscienza, forse. Ho sempre azzardato molto nella vita, perché l’azzardo e la scommessa sono costitutivi dell’impresa. Ci vuole anche fortuna, certamente, perché non basta contare soltanto sulle proprie capacità. Bisogna trovare la strada giusta, i prodotti giusti, i clienti e i collaboratori giusti. Tante volte abbiamo sbagliato, però, anche nella difficoltà abbiamo trovato il modo di riuscire. Negli anni novanta, per esempio, è accaduto che abbiamo rischiato di portare i libri in tribunale, a causa di una gestione sbagliata da parte di quello che allora era il nostro commercialista. Il piano era di fare fallire l’azienda per poi rilevarla e inserire una nuova direzione. Abbiamo cambiato consulente e man mano siamo usciti da quel tunnel, investendo anche i beni personali e rischiando di rimanere senza una lira. Però, anche in quei momenti, abbiamo sempre pagato i dipendenti e abbiamo “messo la faccia” davanti ai nostri fornitori. Fra questi, per esempio, ce ne furono due molto importanti a livello internazionale che avevano acquisito fiducia nella nostra battaglia, e che ci concessero una dilazione di pagamento continuando a fornirci i materiali. Altri non hanno chiesto interessi e così ci hanno dato respiro per alcuni mesi, permettendo di rimetterci in sesto. Questa solidarietà, poi, ci ha permesso di crescere e di fare tante altre cose.

È esattamente nei momenti di crisi che avviene il rilancio dell’azienda. La crisi è del tempo e non del soggetto, indica che sta intervenendo un altro tempo…

Il problema, difficile da superare, era anche un altro: in quei momenti non sempre sei lucido, perché la preoccupazione è tale da non riuscire ad attenerti alla tua strada e rischi di farti soggetto alla paura. Io devo ringraziare il mio vice, Roberto Albertini, che ha lavorato al mio fianco per ventisette anni. Abbiamo subito redatto il piano dei conti, confrontandoci separatamente sui costi da tagliare. Così abbiamo incominciato a programmare dove potevamo risparmiare e, facendo i conti ciascuno nel suo modo, abbiamo ridotto drasticamente i costi. E anche il ritmo di lavoro dell’azienda è ripartito.

In quei momenti difficili cosa l’ha tenuta saldo al suo progetto?

Non ero disposto alla sconfitta, che in quel momento sarebbe stata un colpo durissimo per me, per la mia famiglia e le famiglie dei miei collaboratori. E quando c’è questa istanza di riuscita prima o dopo risollevi sempre le sorti dell’azienda. È stata un’esperienza molto difficile, ma proprio non potevo accettare che tutto finisse, perché anche allora la nostra azienda stava guadagnando. E poi, un conto sarebbe stato se avessi fatto io scelte sbagliate causando il fallimento dell’azienda, invece in questo caso era stato un altro che aveva deliberatamente predisposto le condizioni per farci chiudere. A me non restava, quindi, che cercare di capire cosa potevo aggiustare.

MWM ha diversi brevetti e, anche in questo caso, l’entusiasmo e l’istanza della riuscita sono state le vostre carte vincenti, come spesso avviene per le piccole e medie imprese italiane…

Certamente, non fermarci mai è proprio un modo costitutivo della nostra cultura. Quando diciamo dei nostri prodotti “Questo va bene”, anche in quell’istante siamo sempre alla ricerca di miglioramenti, per questo dobbiamo sempre aggiungere delle appendici alle cose che facciamo. In altre parole, noi dobbiamo dare un valore aggiunto a ciò che facciamo. Questo dettaglio me lo fece notare un imprenditore giapponese, che incontrai anni fa in una fiera di settore e con il quale siamo amici ancora oggi. Lui mi disse: “Anche lei ci ha copiato questo!” e io risposi che altre cinque o sei aziende avevano fatto la stessa cosa. E lui intervenne notando: “No, gli altri ce l’hanno fotocopiato, con i suoi pregi e difetti”. Questo vuol dire che noi abbiamo dato un valore aggiunto a quel prodotto. La copia non sminuisce il prodotto, ma gli conferisce un valore aggiunto: fotocopiare è fare qualcosa che mira al risultato uguale all’originale, ma copiare è un’arte che non è esente da invenzione. La copia, quindi, non è mai identica e infatti anche nell’arte le copie hanno un valore.

Anche la concorrenza è giusto che esista, perché dà stimolo all’imprenditore per migliorarsi, la scorrettezza no. E il nostro settore non è esente da scorrettezze, dal momento che vi operano anche presone senza scrupoli e che guardano soltanto al profitto, ma, a guardare soltanto al profitto, poi si finisce per perdere l’obiettivo. Nel nostro caso il profitto è costituito dalla soddisfazione di fare un prodotto che sia di qualità, indipendentemente dal fatto che possa avere successo o meno. La soddisfazione interviene quando constatiamo: “Questa è una cosa che siamo riusciti a fare!”. Poi, può accadere che di un prodotto ne vendiamo dieci e di un altro diecimila, ma li manteniamo entrambi in catalogo, pronti per le necessità di chi se ne vuole avvalere. Così come può accadere che su dieci progetti ne riscuotano maggiore interesse soltanto due e quindi occorre investire ancora, provare i campioni, eccetera. Questo impone anche di consultarci con diversi carrozzieri e spesso ciascuno ha pareri differenti, poi sta a noi intraprendere ancora una volta la strada giusta, tenendo conto della direzione in cui va il mercato.

Quale sarà la tendenza nel settore dell’automobile e della carrozzeria, in particolare?

Questa è una domanda difficile, perché il mondo dell’auto sta attraversando una grande trasformazione, utilizzando materiali particolari, alcuni dei quali sono irriparabili. Oggi si producono acciai che non sono riparabili perché hanno il pregio di attutire meglio gli urti. E poi ci sono grandi innovazioni anche nelle materie plastiche, che sono oggetto di ricerca costante. La grande rivoluzione sembra stia avvenendo nel “mondo” dell’elettrico, anche se io credo che non sia la soluzione. Per produrre e utilizzare l’auto elettrica, per esempio, attualmente bruciamo combustibili fossili, dal momento che non stiamo utilizzando energie alternative e costanti come quella nucleare. In ogni caso, grazie alle trasformazioni in atto noi siamo sempre pronti ad accettare la sfida e a trovare nuovi modi per riparare le carrozzerie della mobilità del futuro.