L’AQUILONE SI ALZA CONTRO IL VENTO
Ho letto con interesse il libro di Francesco Bigazzi e Dario Fertilio, Fabbricare le menzogne (Licosia Edizioni, 2022) e devo dire che, pur non condividendo tutte le tesi esposte dagli autori, il loro testo ha mi ha suscitato varie riflessioni.
Mi soffermo in particolare su un episodio riportato nel libro che riguarda una delle più “importanti” fake news del ventunesimo secolo, nata quando, nel 2003, il Segretario di Stato USA Colin Powell sostenne alle Nazioni Unite che Saddam Hussein fosse in possesso di armi chimiche: alcune settimane dopo incominciò l’invasione dell’Iraq.
Oggi sappiamo che si trattava di una fake news ma, anche all’epoca, autorevoli esperti espressero scetticismo circa la possibilità che il dittatore iracheno fosse effettivamente in possesso di armi di distruzione di massa. Nel libro si racconta di un importante giornale italiano che scelse di non pubblicare l’intervista a uno di questi esperti, Vil Mirzayanov, chimico ed ex dissidente sovietico, già insignito di vari riconoscimenti internazionali che, in passato, aveva pagato con la propria libertà la denuncia degli “esperimenti illegali condotti in URSS” durante la Guerra Fredda. Nell’intervista, Mirzayanov spiegava le ragioni per cui in quel momento Saddam Hussein non avrebbe potuto trovarsi in possesso delle armi chimiche. Una vicenda che, anche a distanza di anni, lascia sconcertati perché – prendendo per buono quanto scritto – si decise di censurare uno scienziato autorevole che conosceva bene “la situazione delle armi chimiche in Iraq”.
Nel suo intervento al dibattito di questa sera La comunicazione, le fake news, i totalitarismi, Fertilio ha affermato che “la paura è sempre strumento della disinformazione”.
Tornando ai giorni nostri, mi chiedo: dovremmo preoccuparci più delle fake news, che certamente sono un problema serio e una pratica indegna, oppure dell’autocensura, che porta tanti giornalisti (me compreso), in determinate occasioni, a non scrivere qualcosa per non urtare la sensibilità di qualcuno, a non scrivere per paura di essere fraintesi, anziché a scrivere sempre per amore di quella verità a cui ciascuno di noi dovrebbe puntare?
Ho aperto questa riflessione dichiarando il mio disaccordo con alcune tesi espresse nel libro Fabbricare le menzogne, ma ritengo importante una precisazione: riconosco che gli autori – due personalità di rilievo – sono stati mossi nel loro lavoro da una sincera ricerca della verità. Perché sottolineo questa impressione? Perché soltanto dall’incontro fra differenti sensibilità e, diciamo pure, fra posizioni talvolta contrastanti si può giungere a un migliore intendimento della realtà che ci circonda e delle vicende che in essa si sviluppano.
Il 21 febbraio scorso a Modena si è tenuta una conferenza con Giovanni Diamanti di YouTrend sull’utilizzo dei social nelle campagne elettorali. Durante l’evento si è parlato dell’imbarbarimento del dibattito pubblico e, quando è stato chiesto come uscire da questa deleteria modalità di confronto, Diamanti ha risposto che potremo uscirne eccedendo “nell’eleganza, nella signorilità, nel rispetto reciproco”. Una risposta intelligente, controintuitiva.
Mi collego a questo perché vorrei che temi delicati che toccano tutti noi – dalla pandemia, che Fertilio affronta nel libro, alla guerra in Ucraina – venissero affrontati all’interno di dibattiti capaci di proporre un confronto leale, a differenza di quanto, troppo spesso, avviene all’interno del contesto televisivo che rappresenta ancora oggi una delle principali, se non la principale, fonte d’informazione per le persone nel nostro paese.
A questo augurio non posso che far seguire il ricordo di un uomo che forse alcuni di voi hanno conosciuto: Renato Crotti, diventato famoso come “l’industriale che mandava i comunisti in Russia”. La sua fama nacque dalle “tavole rotonde ambulanti”, da lui organizzate negli anni sessanta, che portarono centinaia di persone a vedere quali fossero le reali condizioni di quel “paradiso sovietico” tanto decantato da certa propaganda. Inutile dire che le posizioni di Crotti non gli portarono particolari fortune o simpatie politiche nell’Emilia “rossa” di allora.
Crotti, tra i padri del settore tessile in Italia, aveva il pallino del confronto, del dibattito, dell’editoria. Era un uomo dalle forti passioni, incapace di piegarsi alle menzogne, ma sempre rispettoso dei propri interlocutori. Perché lo cito? Questa sera siamo circondati dalle opere di Antonio Vacca, in molti di questi quadri troviamo raffigurati aquiloni. Crotti, anche dopo i novant’anni, si recava ogni giorno nel suo ufficio di Carpi dove si poteva vedere, appeso alla parete, un quadro che sintetizzava la sua filosofia con la frase: “Non temere l’opposizione. Ricordati che l’aquilone si alza non con il vento, ma contro il vento”.
Per questo mi auguro che incontri come quello di questa sera siano sempre più frequenti. Mai come in questo momento avremmo bisogno di veder volare aquiloni; aquiloni che troppo spesso, fuggendo dal vento, finiscono a terra, impantanati nel fango, piuttosto che in cielo, dove potrebbero librarsi nei loro voli.