LA PRATICA DI PAROLA, VALORE AGGIUNTO DELLA NOSTRA IMPRESA
Nel suo intervento al convegno “Industrial Brain. L’apporto del manifatturiero fra crisi energetica e transizione ecologica” (Bologna, 5 ottobre 2022), il professor Marco Maiocchi diceva che inquina meno l’auto tradizionale di quella elettrica e che: “L’inquinamento delle acciaierie sarà ridicolo rispetto all’uso dei dispositivi digitali”. Il Gruppo SEFA Holding è stato scelto fra i pochi concessionari al mondo dall’acciaieria europea Uddeholm, oggi confluita in voestalpine AG. Oggi, in che modo anche le acciaierie contribuiscono all’ambiente?
Innanzitutto, le acciaierie europee contribuiscono a garantire il proseguimento della civiltà occidentale. Questo avverrà finché saranno in condizioni di produrre in Europa e nei paesi occidentali dove vige il rispetto sia dell’uomo – quindi, non soltanto dei suoi diritti fondamentali ma anche del suo diritto a industriarsi e a usufruire degli avanzamenti della scienza e della tecnica, rilanciato in modo incessante dall’industria – sia dell’ambiente. Oggi, l’“acciaio green” viene prodotto incominciando a selezionare il rottame e poi rispettando soprattutto i criteri per il recupero di tutte le sostanze che all’inizio dell’industrializzazione dell’occidente finivano nell’aria, nel terreno e nei fiumi. Anche se ci sono ancora aziende che, con il beneplacito dei media politicamente corretti, scaricano gli effetti dell’inquinamento nel paese (spesso non occidentale) in cui avviene la produzione. Quando acquisto in Italia una macchina elettrica di un produttore cinese, per esempio, io non inquino qui ma sono complice dell’inquinamento da idrocarburi, da carbonfossile e da energia prodotta in altra maniera nel paese costruttore. Però ho la coscienza pulita! Questo è il “trasferimento di inquinamento”, che sta mostrando anche un altro effetto. Oggi compriamo tutto quello che ci serve senza produrre più nulla, perché così non inquiniamo. Però, poi abbiamo il problema di non riuscire a reperire, per esempio, il materiale per fare i microchips delle tessere sanitarie, oppure non riusciamo a produrre un tipo di bullone perché abbiamo fatto chiudere le bullonerie. In pratica, non riusciamo a mettere in moto le macchine perché non troviamo quel piccolo pezzo specifico per farle funzionare. All’inquinamento che si sposta altrove corrisponde il depauperamento a livello di formazione intellettuale necessaria alla produzione industriale: stiamo perdendo anche la capacità manuale di fare. Quando chiude una bottega o un’industria si spegne anche la luce dell’avvenire della città. Quando acquisto dall’industria che produce utilizzando tutte le tecnologie e le cautele per l’uomo e per l’ambiente, posso cogliere anche il valore ulteriore del prodotto. In teoria, se compro un paio di jeans non inquino, ma perché l’inquinamento avviene nei paesi dove sono ignorati anche i diritti fondamentali dell’uomo, cioè dove non sono adoperate tecnologie di protezione degli operai, vasche di decantazione e di smaltimento, che invece in paesi come l’Italia, per esempio, implicano tutta una serie di costi aggiuntivi per le aziende produttrici. Ma avviene lo stesso anche nella produzione di farmaci, com’è stato documentato in quel distretto dell’India, Hyderabad, che oggi è fra i più inquinati al mondo.
Il modo della parola di SEFA – di cui da anni date testimonianza in questa rivista –come sta contribuendo a far crescere anche i risultati finanziari del Gruppo?
È determinante, perché senza comunicazione e senza la parola con il cliente questo lavoro non raggiungerebbe alcun risultato. Ho constatato che i dispositivi di parola e la fiducia che nasce anche per la nostra capacità di fare cultura del prodotto siderurgico – leggendo e aggiornandoci sulle novità del settore, ma anche trasmettendo le informazioni all’interno e all’esterno dell’azienda – costituiscono il modo vincente per crescere anche nei fatturati. La qualità della materia prima è importante, ma la parola è indispensabile. Non a caso il venditore di SEFA è abituato a consigliare ai clienti anche il modo d’impiegare, di lucidare, di trattare e di custodire i nostri acciai. Questa pratica di parola è il valore aggiunto di una società commerciale come la nostra. Noi promuoviamo anche incontri con gli specialisti che trasmettono informazioni ulteriori sugli acciai Uddeholm. La nostra acciaieria di riferimento, infatti, è abituata a raccogliere i risultati degli impieghi dei suoi acciai nel mondo in appositi casi studio, in cui SEFA è partecipe, così concorrendo allo sviluppo di questa politica industriale. Tutti i casi sono raccolti annualmente fra le filiali di distribuzione nel mondo e poi sono selezionati e illustrati agli utilizzatori dei nostri acciai, in modo che diventino patrimonio comune di esperienza. Questi corsi di formazione diventano poi occasioni di parola per rilanciare esperienze nuove, perché abbiamo bisogno di parola per trasmettere questi fatti tecnici che servono a migliorare la produzione delle nostre aziende clienti. Recentemente, per esempio, abbiamo distribuito un fascicolo sulla sostenibilità ambientale degli acciai Uddeholm. Moltissimi nostri clienti hanno apprezzato le nuove politiche di rispetto dell’ambiente da parte del produttore di una materia prima così complessa come la siderurgia. Non sono sorpresi, quindi, quando constatano che l’acciaieria Uddeholm sorge su fiordi fra aree acquifere e boschive, senza avere nemmeno un metro quadro di zone inquinate. Inoltre, anche le scorie della produzione sono recuperate, offrendo nuove possibilità di business. Il gas neon, per esempio, è impiegato nelle sale operatorie, per tagliare i microchip e nella produzione di pannelli solari. Possiamo dire che noi siamo la buona novella dell’acciaio! Come distributori abbiamo il compito principale di trasmettere alle nuove generazioni l’importanza della cultura siderurgica per la civiltà. Non basta più dire: “Il mio acciaio è più bello e più buono”, perché oggi “Il mio acciaio è prodotto seguendo criteri di civiltà, garantendo minori problemi di consegna perché la nostra acciaieria di riferimento ha sedi in novanta paesi nel mondo; predilige l’uso di tecnologie avanzate e assicura che tutta la produzione, anche se ha costi un po’ superiori alla media, avviene nel pieno rispetto dell’investimento dei clienti che la scelgono”. Quindi, è l’uomo che tramite la parola, la sua capacità, la sua arte e la sua cultura, la sua tecnica e la sua ricerca, può trarre il cliente nell’esperienza per la trasformazione della sua impresa. Ecco perché noi siamo un anello importantissimo della catena produttiva. Oggi, nelle nostre riunioni siamo giunti a intendere la portata di questo approccio: parlare con il cliente, divenendo suoi brainworker. Non a caso i nostri consigli, la tecnologia dei nostri acciai e la nostra disponibilità in ciascuna fase della produzione sono molto apprezzati. Noi entriamo in tutti i settori dell’industria, dall’automotive al bianco, alla plastica, allo stampaggio, al medicale e all’elettronico, dove occorre tecnologia per produrre beni durevoli. Senza questo modo della parola non c’è nemmeno vendita. Il risultato è che, dopo quarantacinque anni, noi siamo fra i pochi distributori privati concessionari che Uddeholm ha nel mondo. In questo settore, infatti, tutte le acciaierie hanno aperto filiali proprie, non affidandosi ad esclusivisti. Questo vuol dire che il lavoro fatto fino a oggi è soddisfacente e che ha portato frutto sia a noi, che siamo cresciuti e abbiamo potuto investire, sia a chi ci ha dato fiducia, cioè al produttore.
E poi la parola è giunta a scriversi nella “Città del secondo rinascimento”, lungo un processo di valorizzazione dell’esperienza che va in direzione della riuscita...
Noi stiamo constatando oggi i risultati proprio perché veniamo da un lungo percorso, procedendo dalle relazioni in cui è stata accolta la parola, perché gli effetti della parola si colgono nel tempo e nel risultato. In Italia, oggi siamo in pochi a conoscere la ricchezza inerente al processo produttivo industriale. Se ne cogliessimo il valore, per esempio non getteremmo per strada il tappo di plastica della bottiglia, ma ne avremmo rispetto. Spesso usiamo un prodotto senza sapere com’è fatto: prendiamo un barattolo di latte e diciamo che è soltanto “un pezzo di carta”, che però è prezioso. Il cittadino che vive in occidente dà per scontato e non immagina nemmeno quanta fatica, quanta ricerca e quanta parola occorre per fare tutto questo. Il prodotto industriale, come quello della bottega italiana, è costituito anche di parola. Senza la parola, se fosse soltanto prodotto con materiali di qualità, non avrebbe valore.