BCC FELSINEA: 120 ANNI A FIANCO DI CHI PRODUCE
In Italia, la storia delle banche di credito cooperativo è incominciata a partire dalle esigenze pragmatiche di quanti, fra agricoltori, artigiani e piccoli commercianti, disseminati fra montagne, pianure e colline, avevano bisogno di continuare a coltivare la propria iniziativa. È la storia dell’ingegno di chi non si stanca di costruire, di ciascuno la cui impresa non cessa d’imbattersi nella crisi, che è propria del tempo. La crisi non è una negatività da economizzare, ma indica l’irruzione di un altro tempo e, crisi dopo crisi, voi siete giunti a compiere i 120 anni della BCC Felsinea - Banca di Credito Cooperativo dal 1902...
La nostra banca, di cui abbiamo celebrato l’anniversario lo scorso ottobre, nasce come cassa depositi e prestiti a Castenaso (Bologna), il 16 febbraio 1902. Come ho detto nel mio intervento in apertura della celebrazione, nei primi anni del Novecento si dava seguito all’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII, il quale, nel 1891, aveva promosso iniziative per aiutare il settore agricolo, in quel momento vessato dall’usura diffusa. Questa proposta coglieva una tendenza già avviata in Inghilterra, dopo la rivoluzione industriale, e in Germania, dove nel 1850 erano nate le prime casse rurali. Nel 1883, Leone Wollemborg, di origine ebraica, importa questo modello e apre la prima cassa rurale a Loreggia (Padova). Un esempio che subito è raccolto in molte zone d’Italia e, per esempio, nel breve volgere di pochi anni nascono settantacinque casse rurali nelle aree pedecollinari e montane del bolognese: le casse rurali nascevano all’ombra del campanile per merito dei parroci. Nel 1899 era nata la Cassa Depositi e Prestiti di Castelluccio, in Alto Reno, e a marzo 1902 nasceva la Cassa Rurale di San Benedetto del Querceto, nella zona di Monterenzio. Nel febbraio dello stesso anno era avviata nella parrocchia, di fianco alla canonica, la Cassa Rurale di Castenaso. È qui che, nel 1956, quando la sede è stata trasferita a Villanova di Castenaso, incomincia la sua scommessa Celestino Rizzoli, mio padre.
Questi tre ceppi della banca attuale, nel corso del tempo diventano fondamentali nelle loro zone: Castelluccio (Porretta), per l’area montana dell’Appennino, Castenaso per la pianura e Monterenzio per l’area collinare del basso Appennino. Durante la prima guerra mondiale, poi nel periodo fascista e nella seconda guerra mondiale le difficoltà in cui versano le casse rurali rischiano di farle scomparire. Il fascismo mal sopportava il legame delle casse con il cattolicesimo e, quindi, con la Chiesa. In trent’anni le casse rurali avevano attraversato già molte crisi, proprio mentre il movimento cooperativo si stava radicando. Le crisi hanno rappresentato momenti di “scelta” (secondo l’etimo greco), quindi le BCC sono abituate da sempre a fare delle scelte, al fianco di esponenti dei settori dell’agricoltura, dell’artigianato e del piccolo commercio.
Quando incomincia l’epopea degli anni Cinquanta e Sessanta, mio padre era direttore di sé stesso e dipendente unico nella Cassa Rurale di Castenaso, divenendo motore a sua volta della trasformazione: in sella alla bicicletta, munito della sua cassettina in legno – la piccola cassaforte che lui appoggiava sulla bicicletta e che oggi abbiamo esposta nel nostro museo –, andava a cercare i contadini per raccogliere i risparmi da custodire. Negli anni Settanta, poi, le casse rurali avevano dato vita al primo fondo di garanzia dei depositanti, così anticipano di almeno vent’anni la protezione del risparmio da parte del sistema bancario. Ma questo è avvenuto proprio perché erano piccole banche e dovevano essere ancora più lungimiranti nella tutela dei depositi. Il 1993 avvia una fase storica, perché cambia il Testo Unico Bancario e consente alle casse rurali di diventare banche. Fino ad allora, infatti, le casse rurali potevano fare credito soltanto ad artigiani, a piccoli commercianti e ad agricoltori. Ricordo l’emozione di mio padre che disse: “Finalmente ci hanno riconosciuto” (andrà in pensione nel 1996). In quel momento le casse rurali cambiano anche denominazione, divenendo Banche di Credito Cooperativo, e il percorso prosegue fino alla crisi del 2008. In quegli anni incominciano le fusioni e, in seguito alla fusione della BCC di Castenaso con quella di Monterenzio, il primo aprile 2017 nasce BCC Felsinea, nome che ho contribuito a ideare per affermare fin dalla denominazione la natura di credito cooperativo, peculiare vera di questa banca.
Lei è cresciuto fin da piccolo a pane e banca o, più precisamente, a pane e cassa rurale...
Ho avuto la fortuna di essere figlio di un direttore di banca che, negli anni Sessanta, ha contribuito di fatto alla rinascita e all’affermazione della locale cassa rurale e all’impulso che ciò ha dato nel nostro territorio. Il suo esempio è stato per me molto importante, perché fin da bambino ho potuto sentirmi parte di un mondo fatto di persone di giusti sentimenti e di buon esempio. Mi permetta un piccolo aneddoto che si collega a quando si svolgeva il consiglio di amministrazione, cui partecipavano agricoltori e piccoli imprenditori del territorio che s’incontravano alle otto o alle nove della sera, dopo avere concluso la giornata di lavoro. In quelle occasioni, io avevo il compito di portare i panini al prosciutto, che preparava la mia mamma o qualche altra socia della banca. Quando arrivavo mi facevano la classica domanda: “Come va a scuola?” e io mi sentivo importante. Papà propose subito anche a me e ai miei fratelli, al raggiungimento della nostra maggiore età, di divenire soci e, nel 1980, ho siglato la mia partecipazione societaria a quella che si chiamava ancora “Cassa Rurale e Artigiana di Castenaso - Società Cooperativa a Responsabilità Limitata”. Noi abbiamo avuto la fortuna di partecipare alla vita della banca, alle assemblee e alle feste annuali che ne costituiscono ancora il DNA. Fra papà e mia moglie, che avevo conosciuto proprio frequentando la banca, anche io ho fatto un mio percorso, divenendo componente del consiglio di amministrazione della BCC di Monterenzio dal 2012 al 2017. Quindi, il mio fil rouge con la banca è sempre stato molto stretto, fino a quando, nel 2020, sono state rinnovate le cariche e sono divenuto il presidente dell’odierna BCC Felsinea. Sono molto lieto di questo legame con papà, che però non può essere visto come la continuità dell’attività dell’azienda di famiglia, cosa che infatti non è; questa è una critica che ho accettato e ho sopportato pazientemente ai tempi delle elezioni. Sono nato e cresciuto nell’esperienza delle casse rurali – quindi sono ben cosciente dei valori del credito cooperativo –, camminando a fianco dei soci e di mio padre, per questo i soci mi hanno eletto presidente, benché fossi già impegnato nell’attività di dottore commercialista.
Qual è il compito della Banca di Credito Cooperativo nel terzo millennio?
A livello europeo le banche di credito cooperativo sono ancora intese come un sistema frazionato di piccole banche, ma così non è. Attraverso la riforma del 2016 il credito cooperativo si è organizzato in modo tale che sono nati due diversi gruppi: Cassa Centrale Banca (CCB) e ICCREA. BCC Felsinea appartiene al Gruppo Cassa Centrale Banca, fra i più solidi gruppi bancari del panorama nazionale (siamo ai primi posti delle rituali classifiche operative). Nel credito cooperativo, il sistema delle capogruppo è anomalo, perché sono le nostre banche a possedere le quote della capogruppo, il contrario di quanto avviene per gli altri istituti di credito in cui è la capogruppo a possedere le quote delle banche. Il controllo di BCE non poteva intervenire in tutte le trecento BCC, perciò la cosiddetta “riforma Renzi” del 2016 ci ha giustamente obbligato a essere rappresentati da un ente unico nei confronti dei terzi europei, con il controllo della capogruppo, che sia la Cassa Centrale oppure ICCREA. Noi siamo sottoposti a controlli come banche di livello significativo – in Europa si dice significant o less significant institutions (LSI) – e, se questo ci qualifica perché abbiamo la capacità di essere seri a 360 gradi, ci crea anche forti impegni operativi, perché il controllo è veramente serrato.
Il nostro avvenire è inserito in questo sistema europeo, in cui oggi i rappresentanti della federazione delle BCC si sono assunti il ruolo di fare riconoscere maggiormente l’importanza delle banche di credito cooperativo, grazie anche alla diffusione capillare che le nostre banche hanno nel territorio. Lo stesso Governatore della Banca d’Italia ha recentemente rimarcato lo straordinario ruolo sociale delle BCC confermato dalla funzione anticiclica svolta anche negli anni della pandemia e delle crisi. Inoltre, tendiamo a una maggiore attenzione alla finanza etica, che integri i criteri della sostenibilità con l’attenzione all’ambiente. Continuando a investire nel territorio in questo modo, chi più di noi è etico e sostenibile?
Durante la crisi del 2007, il tessuto di piccole e medie imprese italiane ha contribuito alla tenuta del paese. In che modo le banche di credito cooperativo contribuiscono a questa tenuta?
Nei quindici anni seguiti alla crisi del 2007 sono intervenute crisi diverse, fino a quella del Covid e a quella energetica della guerra in corso in Europa. È in questi momenti che, quando deve erogare il credito o ritirarlo a un’azienda in difficoltà, la valutazione da parte della banca non è legata soltanto ai numeri del business plan, che pure siamo obbligati a chiedere anche alla piccola azienda artigiana, o al piccolo commerciante. Quindi, noi diventiamo un interlocutore essenziale del cittadino. In altre parole, noi non cessiamo di procedere sempre partendo dalla relazione con i nostri clienti, perché siamo “Banca di relazione”.
Qual è la realtà di BCC Felsinea oggi?
BCC Felsinea è una delle realtà più consolidate del Gruppo Cassa Centrale Banca cui appartiene ed esprime numeri significativi, che in breve così riassumo: un patrimonio netto di 115 ml. – circa 12.000 soci e 35.000 clienti - Masse Amministrate per 2,4 miliardi (di cui 1,6 miliardi di raccolta e 800 milioni di impieghi) –, un CET1 Ratio del 21,7%. Ciò si esprime attraverso 22 Filiali, con competenza su 57 Comuni dislocati su 5 provincie e 170 dipendenti, in costante crescita e con continuo inserimento di personale giovane e motivato. Proprio il personale dipendente è uno dei valori più significativi e necessari per conseguire gli obiettivi che da sempre ci vedono protagonisti di quel principio di circolarità che vede il bene del territorio essere il bene della banca e viceversa.