ROBERT SCHUMANN E I TREDICI GIORNI PRIMA DEL MANICOMIO

Qualifiche dell'autore: 
professore di Neurologia e Psichiatria all'Università di Colonia, membro onorario dell'Associazione Mondiale di Psichiatria

Il mio interesse per Schumann risale all’incirca a vent’anni fa, all’epoca in cui mi sono imbattuto nelle stesse cose che sono state evocate in questo dibattito, a proposito della sua vita: si parlava di sifilide, di depressione, di melanconia.

Ma quando andai a visitare il piccolo museo Schumann a Bonn, mi resi conto per la prima volta che le cose forse stavano in modo differente. In quel museo, che in realtà è una singola stanza, quella in cui si suppone egli visse nell’ultimo periodo, mi colpì il facsimile della sua ultima lettera alla moglie: “Cara Clara, il primo maggio ti ho inviato un messaggero della primavera. I giorni seguenti però sono stati molto inquieti. Saprai di più dalla mia lettera che riceverai entro dopodomani. In essa si annida un’ombra, ma le altre cose che contiene ti renderanno felice. Non sapevo del compleanno del nostro amato, per questo motivo devo mettere le ali per fare in modo che la lettera arrivi domani insieme alla partitura. Ho allegato il disegno di Friedrich Mendelssohn da inserire nel nostro album. Un ricordo inestimabile. Addio, amore mio, tuo Robert, 5 maggio 1855”. Mi colpiva il fatto che questa lettera non presentava alcun sintomo di pazzia, nonostante Schumann fosse internato da più di un anno e dichiarato malato di mente.

Da quel momento, decisi che non mi sarei più fidato di nulla e che avrei studiato solo i documenti originali. La lettera è piena di allusioni che tuttavia si riescono a decifrare: il nostro amato, per esempio, non è altro che Brahms. Schumann segnala a sua moglie di essere al corrente che Brahms nel frattempo vive con lei nello stesso appartamento in cui Robert aveva vissuto con Clara. L’allusione al compleanno ha un altro retroscena: si sta per festeggiare il compleanno di Brahms, quello di Schumann è appena trascorso, ma nessuno è andato a trovarlo né inviato alcun regalo, non se ne trova traccia, mentre Clara gli ha fatto capire che per il compleanno di Brahms sarebbe stato molto gradito un regalo da parte di Schumann, che non poteva assolutamente dimenticare quel compleanno.

Il periodo di cui mi sono occupato riguarda i tredici giorni prima del ricovero in manicomio, e il primo di questi tredici giorni è quello in cui viene segnato l’ultimo rapporto sessuale tra Clara e Robert. Schumann era solito segnare nel suo diario questi eventi: nei periodi in cui Clara era assente non c’erano segni sul diario, mentre quando era presente ce n’erano da due a quattro la settimana. L’ultimo di questi tredici giorni è invece quello in cui Clara e i bambini abbandonano Schumann.

Nel corso dei miei studi, ho imparato che persino le testimonianze che vengono date per certe e che sono conosciute da tutti devono essere prese con molta cautela. Per esempio, se s’indaga l’episodio del tuffo di Schumann nel Reno, emerge che il testimone di questo evento, un violoncellista, ha scritto la sua testimonianza successivamente, ma non era presente quando sono accaduti i fatti, era in viaggio per dare alcuni concerti e dalla lettera si capisce che il suo è semplicemente un riassunto di ciò che aveva sentito raccontare da altri, che a loro volta non erano presenti, ma ne avevano sentito parlare.

Nel mettere insieme i vari tasselli, è emerso che a Schumann, che aveva gravi problemi con l’alcool, era incominciato, in quei giorni, un delirium tremens, accompagnato da allucinazioni.

Questo fenomeno, riconosciuto scientificamente, di solito ha una durata massima di undici giorni, ma nel caso di Schumann era terminato dopo soli cinque giorni. Ciò significa che non era particolarmente grave. Parte di questo delirio affondava le sue radici nel fatto che Schumann “sentiva” la musica e la scriveva immediatamente, ma, non essendo un buon esecutore, chiedeva ad altri di eseguirla. Quella che Schumann percepiva durante il delirio era una musica celestiale, simile a qualcosa di proveniente dalle alte sfere. Inizialmente, scrisse solo il tema dominante, poi, una volta terminato il delirio, incominciò a scrivere anche alcune variazioni al tema. Il tema era di estrema semplicità, mentre le variazioni erano più complesse. Verso il 1930, sono venute alla luce molte parti e solo recentemente si è trovato l’originale della partitura, che stupisce per l’estrema precisione e limpidezza nella scrittura delle note.

È veramente tragico che i due medici curanti di Schumann non si siano resi affatto conto che si trattava di un delirium tremens e questo nonostante il fenomeno fosse noto alla medicina dell’epoca. Addirittura, a Colonia risiedeva uno dei maggiori specialisti in questo campo. Eppure, senza consultarlo, entrambi i medici hanno diagnosticato una malattia mentale incurabile. E i due medici del manicomio, per di più, si sono limitati a prendere per buona tale diagnosi, non hanno mai verificato, mai approfondito con ulteriori studi e mai interpellato nessuno di coloro che erano presenti nella vita di Schumann; nemmeno Clara è stata mai interpellata per sapere che cosa fosse veramente accaduto prima del suo ricovero. Si è trattato evidentemente di un palese errore di diagnosi. Oltre a questo, sono intervenuti motivi psicologici che hanno portato al ricovero e alla fine di Schumann nel manicomio di Endenich.

In quel momento storico, Schumann non aveva più il ruolo di Musikdirector di Düsseldorf, poiché non aveva mostrato grandi doti in quel mestiere, non lo sapeva fare e non lo aveva mai imparato. Con il coro, poi, parlava con un volume così basso che era impossibile udire la sua voce e aveva bisogno di altre persone che riportassero quello che diceva. Non era nemmeno in grado di accompagnare il coro al pianoforte e lo faceva Clara al suo posto. Lui era consapevole della situazione, sapeva che non era un grande direttore di orchestra né di coro, ma era stata Clara a decidere che assumesse quel ruolo, soprattutto per motivi economici e finanziari, per sostenere la famiglia. All’epoca, era molto difficile vivere del lavoro di compositore, anche se Schumann era stato in grado di scrivere tre lieder e una mezza sinfonia in una settimana. Dalla mia esperienza di psichiatra, so che esiste una legge che dice che gli uomini che da molto in alto cadono molto in basso vengono abbandonati dalle loro mogli. In situazioni del genere, vengono anche a galla conflitti precedenti. Nel caso di Clara e Robert, si era inasprito un conflitto che risaliva a prima del matrimonio: lei gli aveva fatto capire che immaginava la sua vita come quella di una grande pianista virtuosa quale era, mentre lui desiderava in realtà avere a fianco una brava donna di casa, tant’è che, in tredici anni di matrimonio, avevano concepito ben otto figli. Inoltre, prima del matrimonio, Clara si era fatta promettere solennemente che lui smettesse di bere, cosa che lui non fece mai. Secondo le mie due figlie, che ormai sono adulte e lavorano, lei aveva tutte le ragioni per liberarsi del marito, perché deve essere stato molto difficile vivere con un uomo come lui, per quanto geniale. Come si dice, non basta essere un genio.

Ma questo è l’argomento del mio nuovo libro, che nel frattempo è quasi terminato, in cui cerco di far capire quanto sia difficile, se non impossibile, realizzare una convivenza in condizioni di questo genere e mi chiedo se sia possibile che conducano una normale vita di coppia due grandi artisti intensamente impegnati nella professione e dotati di talenti plurimi e differenti.

Nel libro di cui parliamo qui, Robert Schumann e i tredici giorni prima del manicomio (Spirali), invece, ho voluto rendere pubblica la mia ricerca su documenti che gettano una nuova luce sulla fine tragica di Robert Schumann e inducono a correggere l’immagine che ci si era fatta della coppia ideale di due grandi artisti e, soprattutto, a sfatare la leggenda che è stata propinata dai media nel 2006, nel centocinquantenario della morte, una storia davvero commovente: “Il creatore della più bella musica romantica finisce i suoi giorni in manicomio”.