L’ITALIA, FRA I PRIMI TRE PAESI IN EUROPA PER IL MANIFATTURIERO
Il ferro è essenziale alla civiltà, ecco perché l’“Età del ferro” è una datazione storica che ne indica l’avanzamento, in base all’uso della metallurgia del ferro che ha incominciato a fare l’uomo. Oggi, però, chi non opera nell’industria tende a non intenderne il valore. Voi commercializzate da oltre mezzo secolo ferro, profilati, lamiere, travi e tutto quello che occorre nei diversi settori industriali. Quali sono le richieste che ricevete in questo periodo?
Attualmente, la guerra in corso in Ucraina ha portato all’aumento dei costi anche del materiale per edilizia, come travi, tondi e reti, però in linea di massima nella nostra azienda è rimasta invariata la richiesta di ferro. La meccanica mantiene un buon trend, ma la situazione generale di materie prime come il ferro non è molto chiara, soprattutto per chi lavorava con i paesi dell’Est. Per l’acciaio che arrivava dall’Ucraina, per esempio, oggi si cercano altri canali e intanto in Italia persiste la speculazione, dal momento che la richiesta è maggiore dell’offerta. Ma aumentano anche i costi dell’energia elettrica, del gas e della materia prima in generale, quindi spendiamo di più ma la marginalità si riduce o si azzera e, se le cose vanno avanti così, anche il territorio s’impoverisce. In Italia occorrerebbe diversificare le importazioni, per non essere dipendenti da un solo paese fornitore. Quando un cliente ti rende il 70-80% del fatturato e dalla sera alla mattina ti dice che chiude le forniture, poi ti mette nei guai, come sta succedendo a causa della nostra dipendenza dalle forniture di grano dall’Ucraina, di gas dalla Russia e di corrente elettrica dalla Francia.
Per essere indipendenti occorrerebbe tornare a produrre acciaio in Italia, invece sembra che l’Unione europea abbia già indicato l’Italia come Paese a principale trazione turistica…
Se diversifichiamo gli investimenti nel turismo, ma anche nell’agricoltura, nell’innovazione meccanica e nella siderurgia, in momenti come questo il Paese non sarebbe sprovvisto dell’essenziale, perché, anche quando dovesse calare l’afflusso turistico, avremmo sempre la siderurgia e altre fonti di reddito su cui contare. E comunque non possiamo fare di tutta l’Italia un Paese a trazione eclusivamente turistica. Non dimentichiamo che siamo fra i primi tre paesi in Europa per il manifatturiero.
Noi acquistavamo acciaio dall’ILVA, poi abbiamo smesso perché eravamo arrivati al punto da avere commesse che andavano oltre la nostra portata, con ordinazioni molto elevate. Poi è incominciata la fase del disassortimento, che ci metteva in difficoltà per rispettare gli impegni con i nostri clienti, non riuscendo a reperire il materiale che occorreva. Negli anni in cui invece l’azienda era florida, l’acciaio costava meno e anche tutti gli altri produttori internazionali non facevano prezzi fuori mercato, perché in Italia trovavano un produttore siderurgico che manteneva calmierati i prezzi.
Lei sarebbe favorevole a un’azienda siderurgica di Stato?
L’azienda di Stato, sia che guadagni sia che ci rimetta, è costituita sempre da noi cittadini ma amministrata dalle istituzioni, con la differenza che il privato è incentivato a lavorare bene, perché in caso contrario chiude. Però, l’azienda privata deve avere l’opportunità di fare e non trovarsi sempre con la burocrazia fra le ruote, perché, in fin dei conti, è una risorsa per il Paese: all’immagine e al rispetto dell’Italia nel mondo ha contribuito anche l’ILVA.
Nella sua esperienza imprenditoriale quanto è importante la parola con i vostri competitor?
Mio padre mi ha sempre insegnato che la mia parola deve valere più della firma di un notaio. Io sono uno dei pochi commercianti del settore che collabora con i concorrenti, proprio perché non li considero tali, ma collaboratori. Se su dieci misure di profilati me ne manca una, la chiedo anche al mio presunto concorrente. Se questa volta è stato lui a darmi la misura di profilati necessaria a consentirmi di completare il mio ordine e di non mettere in difficoltà il mio cliente, la volta seguente sarà lui che potrà ottenere da noi quanto gli occorre. Io lavoro con tutti volentieri, perché collaborare è costruttivo. La parola è sacra e un impegno preso va portato a termine. La stessa regola vale all’interno della nostra azienda. E poi, vale sempre l’adagio che, se vuoi mantenere l’azienda solida economicamente e commercialmente, devi essere il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via, perché è necessario che si attenga alla parola chi assume il rischio dell’impresa.