LA BASE DEI NOSTRI SERVIZI ALLE AZIENDE: ANALISI E COMUNICAZIONE

Qualifiche dell'autore: 
amministratore unico del Gruppo Multicopia, Ferrara, Rovigo, Mirandola (MO), Rimini, Modena

Il titolo di questo numero della nostra rivista è La civiltà della parola. Un tema importante per il Gruppo Multicopia, che ha posto la comunicazione alla base di tutti i servizi offerti alle piccole e medie imprese in un’area di 150 chilometri dove sono dislocate le sue cinque sedi (Ferrara, Modena, Mirandola, Rimini e Rovigo). In che cosa consistono i servizi di comunicazione nello specifico?

La parte principale dei nostri servizi è l’analisi, che ci consente di capire qual è l’obiettivo che il cliente si prefigge e di costruire insieme un programma per raggiungerlo. I servizi di comunicazione sono indispensabili per tutti gli obiettivi e in tutti i settori. La comunicazione può avvenire in modi e forme differenti, ma è l’analisi che ci aiuta a chiarire qual è il mercato di riferimento cui si rivolge il cliente e quale approccio adottare. Poi, se occorre implementare la presenza e lo spazio su Google o su altri servizi, si stabilirà anche in funzione degli investimenti che il cliente vuole destinare a un determinato segmento di mercato.

I nostri servizi di comunicazione, però, non interessano soltanto i rapporti con gli attori esterni, ma anche i prodotti software necessari per automatizzare i processi interni all’azienda. In questo ambito, a maggior ragione, l’analisi è imprescindibile dai nostri servizi, e l’imprenditore deve condividere il suo progetto, oltre che con noi – che accompagniamo tutte le fasi di integrazione informatica e digitale dei processi –, con i componenti della squadra che utilizzeranno i nostri prodotti e i nostri servizi. La nostra forza sta nella personalizzazione, per questo, nel tempo, il nostro servizio si è strutturato in tre fasi distinte: analisi, progetto e servizio. Il prodotto finito lo lasciamo ai grandi player, che si rivolgono a una platea di clienti a caccia del prezzo più basso. Con i clienti che cercano una personalizzazione del progetto, invece, vince la nostra offerta. È lì che dobbiamo giocare. Credo che oggi la politica delle aziende italiane debba essere questa, perché noi non abbiamo materie prime, ma siamo sempre stati campioni nello sviluppo di progetti, avvalendell’ingegno, che non può essere copiato né standardizzato.

Un vostro cavallo di battaglia è l’analisi dei flussi documentali. In che cosa consiste?

Le attività di analisi dei processi documentali riguardano l’individuazione del rapporto esistente tra ciascun documento e il relativo procedimento e consentono la corretta registrazione di protocollo, l’assegnazione, la classificazione, la fascicolazione, il reperimento e la conservazione dei documenti informatici. L’analisi dei flussi documentali evidenzia eventuali criticità nella formazione, nella gestione e nella trasmissione della documentazione tra i vari reparti di un’azienda o tra l’azienda e l’esterno, per questo è propedeutica alla reingegnerizzazione dei processi della documentazione amministrativa. Un’azienda può arrivare a spendere il 3% del proprio fatturato in gestione dei flussi documentali, tuttavia, raramente un imprenditore sembra interessato a questo costo. Analizzare questi flussi invece è importante soprattutto per capire quali sono i tempi delle varie attività e come ottimizzarli, evitando gli sprechi e i blocchi. Le azioni correttive possono essere tante. Una brochure, per esempio, può essere stampata in offset o con una stampante: nel primo caso, con un costo di un euro a copia, nell’altro, con un costo di 0,035 euro a copia. Ciò che sembra un’inezia, sui costi complessivi, fa la differenza.

La base del vostro lavoro, quindi, è sempre l’analisi…

È essenziale analizzare chi ci sta davanti, anche perché gli imprenditori sono differenti l’uno dall’altro e bisogna capire che tipo di attività vuole svolgere ciascuno nell’ambito della propria azienda: un’attività di pura riduzione dei costi oppure un’attività di condivisione degli obiettivi o di determinazione di valori aggiunti che possono riguardare l’etica del lavoro, il welfare aziendale o la sostenibilità. Le cose di cui tenere conto sono tante.

Quali sono i fattori che contribuiscono alla riuscita di ciascun progetto realizzato con i vostri clienti?

Per la riuscita di ciascun progetto è molto importante seguire le varie fasi di realizzazione con la massima attenzione ai tempi e ai modi, monitorando costantemente lo stato di avanzamento fra tutti gli attori, avere competenze specifiche nella materia, nel settore in cui si sviluppa il progetto, ma soprattutto avere idee nuove. Sergio Marchionne assumeva i manager non tanto per la loro esperienza nel settore automobilistico, ma perché sognavano un mondo differente. E, con essi, è arrivato al successo. Occorre l’audacia d’intraprendere strade non battute, perché quelle comuni le percorrono tutti, quindi non consentono di aumentare il valore aggiunto. Si dice che l’imprenditore debba essere un po’ folle, un sognatore che s’impegna in modo assoluto e non riesce a separare la sua passione dalle esigenze pragmatiche che il governo di un’azienda esige. Per questo, tra parentesi, occorrerebbe una scuola in grado di guidare l’imprenditore a utilizzare tutti gli strumenti di governance, soprattutto quelli finanziari, come il mediocredito, i fondi e i finanziamenti pubblici a disposizione delle imprese. Purtroppo, in questo ambito, le associazioni datoriali non riescono ancora a raggiungere in modo capillare tutti i loro iscritti, quindi molte aziende non utilizzano i fondi a disposizione perché ne ignorano l’esistenza. Eppure, sarebbero un bel polmone per l’imprenditoria italiana, che spesso è a corto di liquidità. L’analisi del fabbisogno di liquidità è un compito che ciascun commercialista in azienda dovrebbe svolgere, informandosi anche sui bandi e sulle modalità per attingere ai fondi.

Una cosa assurda è che si tratta delle stesse aziende che pagano le tasse allo Stato, alle Regioni, alle Camere di Commercio e alle associazioni, enti che poi dovrebbero agevolarle con qualche servizio in più: dovrebbero adottare un altro approccio nei confronti delle piccole e medie aziende che reggono l’Italia, anziché continuare a ignorarle o, peggio ancora, a martoriarle. In breve, è la politica che dovrebbe muoversi e, forse, negli ultimi tempi lo ha fatto, ma non basta, perché se è vero che le imprese devono pagare le pensioni degli italiani, devono anche avere modo di investire, di guadagnare e soprattutto di assumere giovani. Invece, accade addirittura che parte dei fondi stanziati da Bruxelles non vengano utilizzati e non arrivino alle imprese. Cosa che non si verifica assolutamente in altre nazioni.

Ecco perché dico che il mestiere dell’imprenditore è il più bello del mondo, ma anche il più difficile. E qui la funzione della scuola è essenziale, accanto a quella dei sostegni finanziari, perché, per un imprenditore, le cose da imparare sono veramente tante. Poi, possono esserci il talento, l’impegno e tanti altri fattori, ma senza formazione e finanziamenti, fare impresa è difficilissimo. La formazione è fondamentale per un atleta, ma il suo obiettivo è “limitato” a vincere medaglie. L’imprenditore, invece, deve vincere su molti fronti, compreso quello di finanziare le pensioni. Ecco perché deve avere un super allenatore, che lo aiuti ad acquisire gli strumenti necessari alla crescita. È ciò che dovrebbero fare le associazioni, però non è scontato che lo facciano. A Ferrara, negli ultimi tempi, ho constatato qualche cambiamento significativo: le nuove cariche sono maggiormente propense a fare qualcosa di più per le aziende.

Per esempio, che cosa potrebbero fare le associazioni per il rilancio del tessuto industriale?

Le reti d’impresa, per esempio, sarebbero strumenti eccezionali per il rilancio. Certo, una rete non è facile da avviare né da portare avanti, richiede formazione e sostegno, ma può diventare un eccellente “moltiplicatore di energia”: quando gli imprenditori s’incontrano intorno a un tavolo, possono scaturirne idee straordinarie per le quali vengono messi in comune capitali che altrimenti resterebbero fermi. Il legislatore europeo ha posto in risalto il valore di questo strumento per la crescita delle imprese, soprattutto di quelle più piccole, dislocate prevalentemente in Italia, in Grecia e in Spagna. Tuttavia, questa opportunità non è stata ancora implementata nel modo giusto, perché mancano il supporto, il collante e la formazione necessari affinché le reti d’impresa si sviluppino adeguatamente, anche se stanno crescendo: in Italia esistono 7.171 reti tra circa 41mila imprese di ogni settore, area geografica e dimensione per progetti di marketing e comunicazione (44%), internazionalizzazione (40%), ricerca, sviluppo e innovazione (38%), economia circolare e sostenibilità (19%), solo per citarne alcuni. Eppure, le banche, che dovrebbero garantire alle aziende che sono in rete un aumento del rating, spesso non sanno come interloquire con esse e non prendono neanche in considerazione la normativa europea.

La rete d’impresa ottiene risultati ancora maggiori se ha un impatto favorevole sul territorio in cui sorge. Per esempio, la provincia di Ferrara vanta ben 17 “Perle” dell’enogastronomia: dalla famosa “coppia”, il pane ferrarese, alla salamina da sugo e ai cappellacci di zucca, eppure, i produttori non riescono a “fare squadra” per portare queste eccellenze sui mercati internazionali. A Ferrara, città riconosciuta patrimonio Unesco, il turismo non manca, ma si potrebbe fare molto di più, se gli albergatori, i ristoratori e le aziende di prodotti tipici mettessero in rete le loro forze per portare avanti progetti di promozione della città, che gioverebbero a ciascuna attività e avrebbero una ricaduta sul territorio incommensurabile, creando posti di lavoro per migliaia di giovani per i prossimi decenni a venire.