L’OCCASIONE FA L’UOMO… SANO
L’occasione non è data soltanto dall’incontro con una situazione favorevole, con una persona gradita, con chi propone un affare vantaggioso, ma anche con chi dà chiarimenti competenti su questioni che c’interrogano da tempo, riguardanti, in particolare, la salute. In questo ambito esistono malattie gravi, di cui si parla molto, anche mediaticamente, e che ciascuno di noi teme; di altre ci accorgiamo quando ci colpiscono e magari ci accompagnano per tutta l’esistenza, interferendo con essa come fastidio ricorrente e come intralcio alla vita sociale. Spesso scopriamo che si tratta di disturbi estremamente diffusi. Uno di questi è il cosiddetto “reflusso gastroesofageo”, che, se è noto per i sintomi, ancora non lo è del tutto riguardo alle cause d’insorgenza e alle terapie che siano veramente risolutive per debellarlo.
Abbiamo tuttavia avuto l’occasione d’incontrare, e d’intervistare, in una delle strutture presso cui lavora, la Casa di Cura “dott. Marchetti” di Macerata, un esperto della materia: il professor Antonio Francesco Ciccaglione, specialista in gastroenterologia e collaboratore della Facoltà di Medicina del polo universitario Chieti-Pescara.
Dottor Ciccaglione, può dirci inizialmente qualcosa intorno al suo percorso di formazione e di ricerca?
Mi sono laureato all’Università “G. D’Annunzio” di Chieti, con la tesi Effetto dell’Eptastigmina sulla muscolatura liscia intestinale. L’anno successivo, dopo l’abilitazione professionale, sono stato ammesso a frequentare la Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, dove mi sono specializzato con una votazione di 70/70 e lode, discutendo la tesi Registrazione delle 24 ore della motilità del piloro in soggetti normali.
Quindi, si può dire che la sua ricerca e il suo interesse fin dall’inizio si siano appuntati sulle patologie della fisiologia del primo tratto gastrointestinale?
Certo, ma non solo: nel 2002 ho conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Fisiopatologia Gastroenterologica, con la dissertazione finale dal titolo Ruolo dei recettori colinergici e gaba-ergici nella genesi dei reflussi gastroesofagei: studio pH-metrico e gastrico di 48 ore in soggetti sani e in pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo, e ho iniziato l’attività di ricerca, sempre all’Università di Chieti, sul ruolo dei recettori gaba-ergici nella malattia da reflusso gastro-esofageo dell’uomo e su altre patologie del tratto gastroenterico.
Dopo un periodo di attività svolto presso strutture private dell’Abruzzo, con la possibilità di conoscere tanti casi, nel 2011 ho iniziato la collaborazione con l’attuale Casa di Cura “dott. Marchetti” di Macerata e quella con l’Università di Chieti-Pescara, come “Cultore della Materia” a lezioni di Gastroenterologia, e come tutor alla stesura di tesi, anche di specialità.
Allora, può dirci che cos’è il reflusso gastroesofageo?
La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una delle malattie croniche più comuni. La prevalenza stimata della malattia varia dall’8 al 33%. Si parla di MRGE quando il reflusso del contenuto gastrico in esofago causa fastidi, sintomi e complicazioni. La MRGE coinvolge entrambi i sessi, tutti i gruppi di età e tutte le razze. Si sviluppa quando il reflusso composto da acido, pepsina, contenuto duodenale ed enzimi pancreatici supera i meccanismi protettivi dell’esofago (la barriera della giunzione gastroesofagea, o GE, la clearance esofagea e la resistenza della mucosa) e causa fastidi, sintomi e/o un danno diretto alla mucosa esofagea.
Quali sono i fattori di rischio?
Anomalie motorie, con riduzione della pressione basale dello sfintere esofageo inferiore (LES), aumento della frequenza e/o durata dei rilasciamenti transitori del LES (TLERS), riduzione della clearance esofagea e ritardato svuotamento gastrico. Inoltre, anomalie anatomiche, come l’ernia iatale, dovuta al passaggio in torace, attraverso il diaframma, della porzione prossimale dello stomaco, con ostacolo all’effetto dello sfintere esofageo inferiore e riduzione della sua pressione. Naturalmente, il fumo, l’obesità, quindi la gravidanza, alcuni farmaci, come le benzodiazepine, gli antidepressivi triciclici, gli anticolinergici, alcuni antinfiammatori usati in modo prolungato, i farmaci bloccanti i canali del calcio. Nell’alimentazione, invece, troviamo l’abuso di bevande contenenti caffeina, di alcol, di cibi grassi e piccanti, di pomodoro, di cioccolato e birra, e altri. Sussistono anche fattori genetici: studi sui gemelli omozigoti mostrano un’ereditarietà del 30-31% per la malattia.
Quali sono i sintomi prevalenti?
Sintomi tipici come rigurgito di materiale gastrico, a volte fino al cavo oro-faringeo, e pirosi retrosternale. E atipici, ma ugualmente frequenti, come dolore simil-anginoso retrosternale, che può far sospettare un infarto, disfagia e odinafagia, cioè dolore alla deglutizione. Ma esistono anche sintomi da effetto extraesofageo, come tosse secca e stizzosa, asma, difficoltà respiratoria, soprattutto nei più anziani o defedati, fino alla polmonite ab ingestis. Infine, possono verificarsi faringiti e laringiti, scialorrea, raucedine, sensazione di nodo in gola, fino alle complicanze più serie, quali varici e ulcere esofagee, e, in extremis, carcinoma esofageo.
Come si diagnostica la MRGE?
L’esame più comune è l’esofagogastroduodenoscopia, che pratico abitualmente. Poi c’è la manometria esofagea, che valuta la motilità dell’esofago e la funzionalità del LES. L’esame di elezione è comunque la pH-impedenziometria esofagea delle 24 ore, che consente di differenziare i reflussi fisiologici da quelli patologici e, inoltre, permette di valutare se il refluito giunge fino in gola, in che entità e in quale forma (liquida, gassosa o biliare) e l’ipersensibilità al reflusso.
Può dirci qualcosa riguardo alla profilassi e alla terapia?
In gran parte rimando a quanto detto prima, con raccomandazione alla limitazione o, nei casi più severi, all’abolizione delle sostanze sopra elencate. Poi, è importante la regolazione degli stili di vita: fare pasti piccoli e frequenti, non bere alcol nelle tre o quattro ore prima di dormire, evitare pasti abbondanti la sera, ma anche il completo digiuno, non indossare abiti o cinture troppo stretti, dimagrire o mantenere il peso forma, smettere di fumare e tenere rialzata la testata del letto in cui si dorme.
Esistono poi farmaci, quali gli antiacidi, che neutralizzano gli effetti degli acidi gastrici; gli alginati, che formano una pellicola che protegge lo stomaco e l’esofago dall’acidità; gli inibitori della pompa protonica, farmaci in grado di ridurre la secrezione acida da parte dello stomaco; e gli antagonisti dei recettori H2 (H2 antagonisti), che bloccano l’azione dell’istamina sulle cellule della parete dello stomaco, diminuendo il rilascio di acido cloridrico.
Lei ha al suo attivo oltre centodieci pubblicazioni sull’argomento e affini…
Sì. Si tratta di lavori pubblicati con altri colleghi: articoli e abstract sulla MRGE, con particolare riguardo alla Ph-impedenziometria esofagea, e su altre patologie, comprese quelle del tratto inferiore gastroenterico.