L’OCCASIONE DI UN PROCESSO INFINITO
Ciascun aspetto della vita può essere l’occasione per giungere alla riuscita, pur non sapendo mai prima quale sarà quello che porterà all’approdo. Lei ha colto questa constatazione più volte lungo il suo itinerario imprenditoriale nel settore siderurgico e ne ha avuto ulteriore conferma alla chiusura del bilancio 2021 del Gruppo S.E.F.A. Holding, di cui lei è presidente. Nell’anno cruciale per i destini delle imprese, per la tempesta perfetta fra le varianti del Covid e la cosiddetta transizione energetica, infatti, il vostro Gruppo ha registrato il fatturato più alto degli ultimi anni, incassando la fiducia delle aziende clienti delle regioni italiane che servite e intavolando nuove alleanze strategiche per la combinazione dei vostri servizi di commercializzazione di acciai, titanio e leghe e di progettazione e costruzione di prodotti metallurgici attraverso l’utilizzo delle polveri con tecnologia additiva. Quanto è importante per la riuscita dell’impresa cogliere l’occasione?
L’impresa è costituita da occasioni e nel mio itinerario sono state molte quelle che sono nate dopo un incontro. L’occasione non arriva per caso, infatti, ma interviene perché è stata cercata, e in modo spesso ostinato. Anche l’amicizia è un’occasione e trovare amici di cui puoi fidarti favorisce ulteriori occasioni d’incontro.
Il proverbio “L’occasione fa l’uomo ladro” non coglie assolutamente la portata dell’occasione. Se per il ladro l’occasione dà adito a qualcosa che finisce nell’azione del furto, per l’imprenditore, invece, entra in un processo che non finisce e che gli permette di concludere e poi d’incominciare ancora nuovi progetti. Egli non perché ha sempre un’altra occasione da cogliere.
Poi, l’occasione incentiva la curiosità di trovare altre occasioni e di aprire a nuove relazioni nell’ambito del proprio progetto. Queste, però, non sono occasioni per fare relazione sociale, ma per trovare interlocutori che favoriscano la crescita dell’azienda oltre il luogo comune, il luogo in cui “così fan tutti”. Anche i figli sono stati una grande occasione e oggi partecipano al mio progetto nella siderurgia, in cui rientrano anche i miei sette nipoti. Questa prospettiva mi dà una spinta in più e un’ulteriore responsabilità negli investimenti, consentendomi di valorizzare la strada intrapresa.
Io intendo l’occasione come un legante della catena degli atomi della materia. Come nella siderurgia la concatenazione degli atomi dà vita a diversi materiali ferrosi, così nelle aziende ciascuno ha l’occasione di concorrere alla formazione della materia dell’impresa. Nel nostro settore, attraverso l’aggregazione degli atomi delle polveri metallurgiche che utilizziamo in 3D Metal, l’azienda del Gruppo specializzata nell’additive manufacturing, noi produciamo nuove geometrie di prodotti modellate dall’intelligenza e dalle mani dell’uomo.
L’occasione è anche frutto del dare: se tu non sei disposto a dare qualcosa, non potrai nemmeno cogliere l’occasione. Nella vita occorre cogliere e proporre, non cogliere e poi lasciare morire, perché sono tante le opportunità che possono capitare. Anziché dire: “Non mi interessa”, occorre dire: “Perché no? Proviamo!”. Fare l’impresa è una sfida in cui cercare e cogliere l’occasione esige il rischio e l’umiltà di continuare a lottare. E accadrà che almeno una volta l’occasione diventerà propizia.
Qual è l’occasione che occorre cogliere in questo momento?
Nello scorso anno, soprattutto nel settore acciai, è stato maggiore il numero di occasioni positive che abbiamo cercato di cogliere, pur nelle tantissime difficoltà, e così è avvenuto anche per l’assunzione di nuovi collaboratori in T.I.G., l’azienda del Gruppo specializzata nella fornitura di titanio e leghe speciali. Il settore aeronautico, che serviamo, ha risentito molto delle limitazioni causate dal Covid, tuttavia abbiamo trovato un’occasione di rilancio nell’implantologia medicale, per esempio.
Il 2021, però, si è concluso anche con grandi criticità per l’aumento dei costi dell’energia. La transizione verso produzioni a energia green, infatti, è incentivata da politiche che restano ancora troppo poco chiare, rischiando di diventare una bomba a orologeria momentaneamente disinnescata. Altre criticità sono state registrate nel settore automotive, che vale il 50% dell’economia del paese, dal momento che non sta producendo ricchezza, cioè nuovi posti di lavoro, che invece diminuiscono. Pare infatti discriminatoria la scelta di favorire la produzione dell’auto elettrica in un periodo di tempo troppo breve per la conversione degli attuali sistemi di propulsione. Le trasformazioni strutturali della produzione industriale imposte con la fretta della nuova religione dell’ecologismo, non avvengono in tempi così rapidi senza provocare danni collaterali di enormi dimensioni e mettendo in ginocchio economie di intere nazioni. Se per costruire l’automobile tradizionale sono impiegati 1600 pezzi, infatti, per quella elettrica ne occorrono soltanto 700. Quanti saranno i metalmeccanici che non dovranno costruire quei 900 pezzi? Ammesso che domani saremo diventati tutti super ecologisti e viaggeremo con auto completamente elettriche, di cosa vivranno quelli che non potranno fare questi pezzi, dal momento che non potranno nemmeno diventare tutti baristi, chef, cuochi o essere impiegati nel settore terziario dei servizi? E sono milioni di persone.
Nei giornali si legge che l’economia reaale coglie l’ecologismo come l’occasione per diventare meno inquinante. Ma l’economia non dovrebbe preoccuparsi di produrre ricchezza? Oggi, infatti, non si tratta più soltanto di ridurre l’inquinamento, ma di produrre ricchezza. Ben vengano, quindi, le condizioni per nuove politiche green, ma che siano anche occasioni per produrre ricchezza effettiva, perché, se non possiamo distribuirla, poi comunque qualcuno dovrà pagare questo conto. Come finanziamo il welfare, per esempio? Ora utilizziamo i fondi del PNNR, ma domani? Possiamo constatare già oggi che l’aumento di nuove partite IVA corrisponde sempre di più all’aumento di cittadini che vivono sulla soglia della sopravvivenza. Fra questi ci sono anche molti lavoratori interinali, che sono differenti dai braccianti di una volta. Il bracciante faticando imparava un mestiere, mentre questi lavoratori faticando diventano i nostri nuovi schiavi, con la complicità fra istituzioni locali e multinazionali del commercio elettronico. Ma il compromesso della politica finiamo poi per pagarlo tutti e a caro prezzo.
Come occorre intervenire rispetto a questa deriva della civiltà?
Il segnale di questo degenerare in schiavitù, anziché promuovere l’industria dell’individuo, lo constatiamo quando un imprenditore dice che ci guadagna a tenere chiusa l’azienda, considerando il caro energia e i costi lievitanti della materia prima. Quando gli imprenditori dicono queste cose hanno un magone nel cuore, perché spesso sono costretti dal sistema a chiudere. Se lo Stato ha deciso di indebitarsi con i fondi europei, che dovremo pagare subito e senza una prospettiva di lungo periodo, questo avviene perché non ha scommesso sulle imprese del proprio paese, preferendo la politica dei “soldi che chiamano soldi” piuttosto che del lavoro che chiama altro lavoro e quindi produzione di nuova ricchezza. Sono convinto che il lavoro dell’impresa produca vera ricchezza. Noi, per esempio, non abbiamo mai smesso di assumere collaboratori e continuiamo a pagare molte tasse che finanziano i servizi sociali di cui usufruisce il cittadino. Mentre, invece, viene pubblicizzata e promossa in tutte le salse l’occasione di vivere su un monticello, nella casa in mezzo alla natura, come una scelta di vita sana e spiritualmente ricca. Ma abbandonare le città e i centri di produzione industriale è una scelta egoista e non sociale: è troppo facile scegliere di vivere nel vecchio borgo, isolati e lontani dalla vita scandita dal tempo industriale della città. Questa scelta ha una valenza nella misura in cui consente di mantenere viva un’area brulla che, proprio per carenza di servizi e di limitate occasioni d’incontro, è destinata a essere abbandonata. Ma non tutti possono permettersi la scelta agreste, come dimostra il fatto che sempre più spesso i nuovi abitanti di questi borghi sono cittadini in odore di pensione.
Se il paese non sfrutta l’occasione dell’impresa, favorendone l’attività anziché lasciare che muoia, allora sarà l’ennesima occasione persa per la prosperità anche della democrazia. Perché? Perché l’impresa offre una prospettiva di vita a ciascuno, dando lavoro a uomini e donne e ai propri figli indipendentemente dalle loro idee politiche. L’impresa mette a frutto la democrazia, favorendo la socialità fra i cittadini. Oggi abbiamo l’occasione di creare zone industriali in tante aree della città, zone che avranno strade e trasporti più efficienti. Le amministrazioni statali, quindi, colgano nell’impresa l’occasione per lo sviluppo delle città. L’occasione non è una svendita, ma è l’occasione per costruire nel lungo periodo in modo che se ne giovino altre generazioni. Nella svendita invece non c’è avvenire per nessuno, perché è fine a se stessa e non offre l’occasione per crescere.