UNA BANCA PER SOSTENERE IL LAVORO E LE AZIENDE DEL TERRITORIO

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presidente di BCC Felsinea-Banca di Credito Cooperativo dal 1902 e dottore commercialista

Dal 1983 svolgo l’attività di dottore commercialista occupandomi di fiscalità, diritto societario e commerciale. A proposito di quanto diceva Giuseppe Innocenti rispetto alla marginalizzazione dei professionisti, se ci lamentiamo noi, figuriamoci cosa dovrebbero dire gli imprenditori. Da molti anni constato che si tengono tavoli di lavoro in cui sono chiamati a partecipare sei, sette professionisti e soltanto uno o due imprenditori. Sono dottore commercialista da trentotto anni, però ho due giacche, perché da un anno e mezzo ho la fortuna di presiedere la BCC Felsinea-Banca di Credito Cooperativo dal 1902 che, in quanto “banca del territorio” – non soltanto negli slogan pubblicitari ma anche nella realtà –, ha il vantaggio di assumere collaboratori residenti nel territorio. La BCC Felsinea si prefigge di essere una banca di relazione, attenta cioè alle necessità dei cittadini che incontra nelle nostre città, nelle nostre montagne e nelle nostre pianure. Questo dettaglio diventa motivo di alleanza e d’incontro anche con le imprese che producono nell’area. Essere banca di relazione, anche in questo tempo, ha determinato il rilancio delle nostre filiali, mentre tanti altri istituti si sono ritirati, soprattutto dalle aree appenniniche. La cosa bella è che noi abbiamo la possibilità di investire nel territorio la nostra operatività finanziaria.

La nostra Banca di Credito Cooperativo è anche una grande palestra per i giovani del territorio perché, soprattutto in aree come quella dell’Appennino tosco emiliano, che conosco bene, da sempre li ha motivati a studiare le materie commerciali necessarie per giungere a ottenere un impiego. Io ho avuto la fortuna di avere un padre che da oltre cinquant’anni ha lavorato nelle banche di credito cooperativo e ne è stato direttore fino al 1996, divenendone poi anche presidente. Fra le tante cose belle che ha fatto, annovero anche quella di avermi iscritto come socio della BCC quando avevo circa vent’anni. Quindi, sono socio di BCC da quarantadue anni.

A proposito del libro di Pietro Ichino, L’intelligenza del lavoro (Rizzoli), la quarta di copertina riporta la frase: “I tempi migliori vanno preparati e proprio nel peggiore momento della crisi deve cominciare a diffondersi la cultura nuova delle relazioni industriali, che consentirà al Paese di uscirne”. È vero, è così che accade: la cultura nuova muove le relazioni industriali che ci consentiranno di ripartire.

In questo momento sta emergendo ed emergerà sempre di più l’idea di un rapporto di lavoro secondo cui lo stesso sindacato dovrà cambiare velocemente i paradigmi del confronto fra le parti. Il libro di Ichino coglie il cambio di paradigma nella realtà del lavoro di oggi, secondo cui possono essere entrambe le parti – datore di lavoro e lavoratore – a selezionarsi a vicenda e poi ad accordarsi su un piano interamente paritario. Noi abbiamo seguito questo paradigma con tanto entusiasmo, ecco perché i nostri dipendenti sono cittadini del territorio. Molti di loro fin da giovani hanno scelto di lavorare in BCC (quando era ancora costituita dalle Casse Rurali) e hanno constatato che da noi hanno la possibilità di trovare quelle pepite che voi imprenditori ci regalate: la capacità di confrontarsi con la vostra esperienza. Non è una cosa da poco, anche per l’imprenditore, che, quando interviene la difficoltà, coglie il vantaggio della banca di relazione. Essere banca del territorio, infatti, comporta che il patrimonio non sia la voce principale nella valutazione del sostegno finanziario all’impresa – anche se è chiaro che le banche hanno sempre richiesto garanzie patrimoniali –, perché le nostre banche guardano soprattutto a quello che il cliente è capace di fare e di programmare per il futuro.

In questo convegno sono state citate le start-up, altro elemento interessante, perché effettivamente in questi casi la comunicazione confonde un po’ i nostri giovani. Purtroppo ho constatato che non è cambiato nulla nelle politiche del lavoro rispetto all’anno scorso, quando è stato pubblicato il libro di Ichino, che pure propone valutazioni di grande rilievo: la scelta dei dipendenti che selezionano il loro datore di lavoro; la richiesta di personale da parte delle imprese, che però non trovano; la formazione e il cosiddetto ricambio generazionale. Le istituzioni dovrebbero capire che è necessaria la loro partecipazione a convegni come questo, perché è nella capacità di ascoltare, e non solo in quella di parlare, che si sviluppa la capacità di fare. Enzo Ferrari diceva che la passione non si racconta, ma si vive. Però è anche vero che la passione si può insegnare. Oggi pomeriggio, ascoltando le vostre riflessioni, acquisivo una cultura nuova.

Credo che il ricambio generazionale e la formazione siano temi importanti, temi che non sono stati capiti e implementati. Organizzare convegni come questo, invitando giovani con voglia di fare e di partecipare, serve molto di più di tante slide e di qualche spiegazione da parte di qualcuno che non conosce l’esatta realtà. Quindi l’apporto della banca di relazione a questa cultura nuova è imprescindibile per sostenere il lavoro e le aziende del territorio.