DAL SALENTO ALL’EMILIA: UN’IMPRESA PER L’ECCELLENZA NELL’ODONTOIATRIA
La combinazione tra la professione di dentista e la sua
attività imprenditoriale ha reso particolare e specifico il suo itinerario.
Ma il suo viaggio è incominciato dal Salento....
Sono arrivato a Modena, nel 1979, come arrivavano allora
tutti gli studenti, iniziando subito a cercare una casa che trovai vicina
all’università. In casa eravamo tre ragazzi, tutti studenti di medicina e tutti
provenienti dal Salento, e facevamo molte cose insieme.
Andavo a piedi, spostandomi con i mezzi pubblici. Nei primi
anni ricordo la Modena citata da molti autori del passato: nebbia, neve,
ghiaccio, molto freddo. La classica Modena padana.
In quel periodo si usciva senza vedere nulla, di giorno era
grigio dappertutto, di notte le luci erano gialle! Un giorno prendemmo un
autobus senza sapere esattamente che ore fossero, perché l’orologio si era
fermato, prendemmo un autobus e ci trovammo all’università alle sei di mattina,
sbagliando completamente orario. Ricordo che, in occasione delle prime
nevicate, girando dentro Modena perdevamo i punti di riferimento per orientarci.
Chiaramente, non c’erano né telefonini né Google Maps. Per
arrotondare, quando nevicava andavamo a spalare la neve, con code alle quattro
di mattina per essere assunti. I luoghi che ci assegnavano erano il campo
sportivo o la stazione ferroviaria. Finivamo la giornata distrutti. Dopo i
primi due anni e dopo la grande nevicata del 1982 non ha più nevicato forte,
non c’è stata praticamente più neve.
Come mai ha scelto proprio Modena? Perché a Modena
l’anno prima aveva cominciato l’università, sempre alla facoltà di Medicina, un
mio amico, che conoscevo da anni. E, prima di lui, suo fratello. Insomma, tutta
una catena di conoscenze che ci portava in questa città.
Il corso di Odontoiatria della facoltà di Medicina di
Modena era molto rinomato… Quando mi sono iscritto non avevo idea di cosa
fare dopo la laurea, già l’idea di fare il medico per me era qualcosa di
notevole. Poi, intorno al quinto anno, c’è stata la svolta della scelta di
odontoiatria. Ho seguito le lezioni di Carmelo Damiano Palano e questa
specialità ha incominciato a piacermi molto: consentiva di ottenere risultati
terapeutici concreti immediati e, in tempi altrettanto brevi, di dare soddisfazione
al paziente.
La strada è stata comunque piuttosto lunga, anche perché si
è intromesso il servizio militare. Come laureato in Medicina ho fatto i primi
tre mesi di corso all’Accademia militare di Firenze.
Intanto, avevo superato il concorso per entrare
nell’esercito e quello per entrare in Aeronautica, che era la mia prima scelta.
Per cui, una volta terminato il corso in Accademia, fui destinato all’area
degli aeroporti di Forlì e Rimini.
L’arrivo in Accademia mi è rimasto molto impresso: vieni
svestito e privato di ogni connotazione, gli effetti personali vengono tolti,
quasi come se fossi entrato in carcere. In quei tre mesi, l’unica possibilità
di mettere il naso fuori dall’edificio era quello di “vincere” la marcia
mattutina al cospetto del comandante. Venivamo suddivisi in plotoni e
marciavamo, attenendoci agli ordini dei tenenti.
In questo corso c’erano tre tipologie di allievi: gli
ingegneri, i medici e i geometri. I più “scapocchioni” erano i medici: uno
andava da una parte e uno da un’altra. E, dato che ingegneri e geometri erano
meno numerosi, per formare i plotoni, chiamavano anche i medici. Considerando
che avevo una notevole capacità predittiva già allora, sceglievo sempre i
plotoni che poi avrebbero vinto l’uscita. Quindi io sono sempre uscito,
scatenando l’invidia degli altri medici. Ricordo che avevamo gallette e
marmellate contate.
Io, di riffa o di raffa, ero riuscito a farmi un piccolo
bottino, e anche questo suscitava invidia.
Un giorno accadde un fatto. Occorre sapere che, quando
tornavamo dalla libera uscita, che avveniva sempre in uniforme senza tenere
nulla in mano, se non una 24 ore, qualunque cosa non andasse bene, la ronda
faceva rapporto e ricevevamo una punizione. Ma quando io e i miei amici
andavamo in libera uscita, trovavamo un posto qualsiasi dove cambiarci:
indossando abiti civili, in modo da non essere notati dalla ronda e non essere
suscettibili di rapporto per qualche mancanza.
Comunque ho un bellissimo ricordo di quei tempi, anche se la
prima settimana, di notte me la prendevo con mio padre che mi aveva consigliato
di andare là, con tutte quelle marce, quegli ordini, quelle pulizie ossessive e
quelle continue osservazioni: bastava avere una scarpa non allacciata bene, una
macchiolina su qualche indumento, la barba mal rasata, che non c’era la minima tolleranza.
Poi, tempi ristrettissimi su tutto: dieci minuti a colazione, dieci minuti a
pranzo, sentinella fatta in un certo modo, percorso di guerra fatto in un altro
modo. Quando tornavamo dalla libera uscita, stavamo sul piazzale davanti alla
scalinata d’ingresso, e da quel momento avevamo due minuti per salire le scale,
comprese due rampe che ci portavano alle camere, svestirci, metterci il pigiama
e andare davanti al letto, perché in quel momento scattava il contrappello. Una
volta me la fecero pagare: trovai l’armadietto completamente imballato, chiuso
con scotch, e non potei cambiarmi. Mi fecero pagare pegno, contropegno e
quant’altro.
Ora capisco perché, anche come imprenditore, non ha paura
di niente. Con quest’esperienza! Devo dire che quest’esperienza ha contribuito
a formarmi molto, benché il tempo trascorso là sia stato molto limitato. Quando
andai alla destinazione, Forlì-Rimini, arrivai in caserma di domenica, suonai
il campanello e mi presentai: “Sono il sottotenente Ottomano, il nuovo
ufficiale medico”.
Mi fecero parlare con il comandante, che mi accolse con
gentilezza, mi fu mostrata la stanza, ma comunicai che dovevo tornare subito a
Modena. Ho dormito pochissime volte in caserma.
Facevo avanti e indietro dal mio alloggio modenese, mentre
quasi tutti gli altri sottufficiali risiedevano in caserma.
Nella mia infermeria c’erano altri due sottufficiali,
marescialli maggiori, il massimo grado tra i sottufficiali, i più importanti
dopo il comandante.
Tutto il servizio sanitario dipendeva dall’infermeria.
All’inizio, mi facevano firmare molti documenti: erano ordinativi, come
cinquanta paia di sandali, venti termometri, venti apparecchi per misurare la
pressione, di cui però poi non avevo riscontro. Mi rispondevano che erano
dislocati un po’ qui, un po’ lì, finché un giorno chiesi che mi facessero
vedere almeno una trentina di sandali. I sandali in effetti c’erano, del Dr.
Scholl, ma avevo capito che era tutto un “magna magna”. In quella caserma avevo
un potere immenso, che derivava da tanti fattori. Per esempio, dalla
comminazione delle idoneità al lavoro, poi dall’effettuazione di vari esami:
esami del sangue, elettrocardiogrammi, audiometrie e altri. Una volta arrivai a
chiudere la mensa per tre giorni, per motivi igienico sanitari, adducendo una
disinfestazione contro gli scarafaggi, con stupore del comandante, che poi si
dichiarò d’accordo. All’epoca avevo una Mercedes: un giorno avevo parcheggiato l’auto
all’interno della base e, appena ripartito, con l’auto ancora dentro alla base,
sentii un gran botto. Mi fermai immediatamente, ma non vidi niente.
Aprii il baule e vidi una forma di parmigiano: me l’avevano
data per rabbonirmi, forse per comprarmi.
Dopo il servizio militare, ha aperto lo studio? Al
termine del mio periodo di leva obbligatoria, ho prolungato di due anni il
servizio militare come ufficiale medico, quindi il mio servizio militare è
durato tre anni e mezzo. Dopo le mie perplessità iniziali e le mie reticenze, cominciai
a provare piacere nel trovarmi in quella situazione e proseguii. Tra l’altro,
conobbi il figlio di uno di quei marescialli che si era diplomato come odontotecnico
e con lui decidemmo di aprire uno studio odontoiatrico a Forlì.
Intraprendemmo quest’avventura, che per me fu molto
forgiante. Intanto, frequentavo la clinica universitaria odontoiatrica di
Modena, sempre con il mio mentore Carmelo Damiano Palano.
Tra il servizio militare, lo studio e la frequentazione
della clinica, le mie giornate erano veramente piene e dormivo circa sei ore
per notte, tuttavia, riuscivo a fare in modo che le varie cose combaciassero.
L’attitudine a tenere sotto controllo tante cose mi venne proprio da quel
periodo, perché sotto la mia attenzione vi erano tanti sottoufficiali e
migliaia di operai.
Era come se fosse a capo di un’industria.
Ecco da dove viene la sua vocazione per l’impresa… Era
un gruppo destinato alla manutenzione e alla revisione di tutte le macchine
dell’aeronautica, compresi gli aerei, naturalmente, e il mio compito, come
ufficiale medico, era quello di coordinare tutto il gruppo.
Peccato che, al momento della promozione al grado superiore,
dovetti dare le dimissioni, perché sarei stato costretto a trasferirmi a
Milano, cosa che non potevo fare perché mi sarei allontanato dai miei impegni
familiari e professionali. Ma quella esperienza mi accompagnò per diverso
tempo, soprattutto con incubi notturni: mi svegliavo di soprassalto con la
paura di essere chiamato dalla caserma mentre ero latitante da qualche parte.
Intanto, avevo aperto uno studio a Modena, dove poi ho
proseguito per quattordici anni, finché non ho avviato il primo dei Centri
Odontoiatrici Victoria, nel 2012.
Lei ha deciso di aprire un centro odontoiatrico, nonostante
fosse un professionista affermato, con uno studio molto frequentato nel centro
di Modena… L’idea è scaturita soprattutto in seguito a una serie di
incontri organizzati a Milano da una multinazionale, che mi aveva chiesto di
partecipare per aggiornarmi sulle novità dell’odontoiatria e sulle tecnologie
che all’epoca rappresentavano le nuove frontiere dell’implantologia e di altre
specialità del nostro settore. Io mi rendevo conto che potevano esserci
vantaggi e svantaggi nell’introduzione di quelle procedure, proposte come la
soluzione di tutti i problemi; tuttavia, decisi di scommettere in un’attività
che offrisse ai pazienti i risultati più avanzati di tutte le specializzazioni
odontoiatriche e le tecnologie più aggiornate, in un unico punto. Per fare ciò,
mi sarei avvalso della collaborazione di professionisti con una grande
esperienza nelle differenti specialità odontoiatriche, che mi avrebbero aiutato
anche a valutare le nuove strumentazioni che, di volta in volta, proponevano le
case costruttrici. E così è stato. A oggi, posso dire che il tempo mi ha dato
ragione: in pochi anni, i Centri Odontoiatrici Victoria sono diventati sette,
dislocati in diverse città dell’Emilia (Modena, Carpi, Sassuolo, Castelfranco
Emilia, Formigine e Reggio Emilia) e a Verona, e le migliaia di pazienti che si
sono affidati a noi finora sono tutti ampiamente soddisfatti.