COME L’IMPRESA PROMUOVE LA DIFFERENZA E LA VARIETÀ
L’avvenire dell’impresa è assicurato dalla differenza e
dalla varietà che procedono dalle occorrenze della produzione, anziché dalla
diversificazione dell’oggetto sociale, secondo gli stereotipi più diffusi. La
fornitura di acciai speciali da stampi a settori vari ha favorito l’ampia gamma
di servizi che oggi offre il Gruppo SEFA Holding alle più importanti industrie
nazionali e estere, dall’aerospaziale e difesa all’automotive, alla meccanica
di precisione, al medicale e al packaging, in particolare per la fornitura di
titanio e leghe, attraverso la consociata Titanium International Group. Quanto
sono state determinanti per la crescita del Gruppo la differenza e la varietà
dei settori e dei clienti che servite? Non è stato facile individuare le specifiche
esigenze di settori industriali diversi fra loro, soprattutto quando
commercializzare e distribuire acciai speciali ci ha portato man mano ad
ampliare l’attività imprenditoriale a settori nuovi. È nata così l’idea di
distribuire anche il titanio e le sue leghe attraverso la consociata TIG.
Questa nuova scommessa imprenditoriale ha favorito la trasformazione
all’interno delle aziende del Gruppo, che dovevano servire nuovi clienti con
esigenze molto varie. La trasformazione avviata nella gestione delle nostre aziende
è stata proficua non soltanto sul versante economico o tecnologico, ma anche su
quello culturale.
Per esempio, è molto diverso l’approccio fra i fornitori di
SEFA Acciai e quelli di TIG. Pensi soltanto all’assunzione di collaboratori
idonei a rispondere alle richieste di titanio da parte di clienti
dell’aeronautico, che necessitano di un metodo di lavoro specifico,
completamente diverso da quello degli stampisti, clienti di SEFA Acciai. La
precisione richiesta nella fornitura di titanio da impiegare nella produzione di
una turbina per motori aeronautici è maggiore rispetto a quella dell’acciaio da
utilizzare per costruire lo stampo del faro di un’auto. Le specifiche dell’aeronautico
sono molto rigide, perché hanno necessità di prodotti perfetti: nel caso
dell’aereo, un piccolo difetto nel materiale impiegato per costruirlo può
provocare un disastro, con grave perdita di vite umane. Inoltre, la scommessa
nel titanio ha favorito l’ampliamento dell’area di distribuzione, che, da regionale
e interregionale, è divenuta nazionale e internazionale. Oggi, l’esperienza di
SEFA è arricchita da quella acquisita in TIG, grazie a due differenti modelli
d’impresa in termini di sviluppo industriale.
L’approccio alla differenza e alla varietà dell’intervento
verso i nostri clienti era stato già sperimentato durante le varie fasi di
trasformazione del Gruppo, quando abbiamo collaudato la divisione SEFA
Meccanica e poi, qualche anno fa, con l’avvio di 3D Metal, quando abbiamo
accolto la sfida della metallurgia delle polveri per additive manufacturing.
Gli amici che pronunciano la fatidica frase, “Ma chi te lo
fa fare?!”, non possono cogliere la portata della differenza e della varietà
nel rilanciare il proprio progetto: l’impresa non è semplicemente un lavoro da
cui trarre profitti, ma è una scommessa di vita. Anche perché, poi, ulteriore questione
è gestire la varietà delle cose che trovi lungo il tuo cammino: ciascuna volta
occorre uno sforzo intellettuale per metterti in gioco, per cercare e trovare i
collaboratori adatti, i mercati giusti e i clienti che investano
nell’interlocuzione con te.
L’impresa ottiene risultati quando non segue gli schemi,
perché è vocata al fare e la massima espressione del suo patrimonio di
differenza e varietà è costituita da collaboratori, fornitori e clienti. I
prodotti che contribuiamo a costruire sono beni durevoli, sono costruiti con
l’apporto manuale e progettuale dell’uomo. Il processo che innesca l’impresa
non produce soltanto ricchezza, ma ne moltiplica gli effetti all’infinito, dalla
possibilità di garantire l’istruzione o le cure sanitarie al mutuo per acquisto
della casa, fino alla programmazione del tempo ludico delle vacanze. È
dall’impresa che nasce tutto questo.
L’emergenza sanitaria scaturita dalla pandemia in atto ha
comportato la proroga del cosiddetto blocco dei licenziamenti a fine giugno.
Qual è la sua lettura della questione? Senza la valorizzazione degli uomini
che operano nell’impresa non è neppure possibile fare impresa. Pertanto, fanno
ridere le affermazioni secondo cui allo scadere della proroga fioccheranno i
licenziamenti. Gli imprenditori sanno quanto tempo e impegno occorrono per
formare i propri collaboratori. È vero che sarà licenziato il lavoratore
mercenario, indifferente alla riuscita di ciò che fa, ma non quello che ha
acquisito una formazione tecnologica e un approccio culturale all’impresa.
L’imprenditore non rinuncia al collaboratore virtuoso,
proprio perché l’impresa non è ideologica, ma vive d’intelligenza. Io ho
incontrato collaboratori con scarsa cultura scolastica, ma con grandi capacità decisionali
e manuali che, guidati da imprenditori avveduti, nei momenti più difficili
dell’azienda, hanno lavorato in modo incessante e con la massima precisione.
Senza la cultura e la varietà dell’intelligenza di questi uomini e di chi la
dirige, l’impresa non riesce a realizzare risultati.
Nei prossimi anni sarà sempre più indispensabile il
brainworking e i suoi dispositivi, ovvero il processo di valorizzazione dell’esperienza
specifica di ciascuno che opera nell’impresa, perché le tecnologie più avanzate
da sole non bastano per riuscire… L’impresa cerca e promuove la differenza e
la varietà dell’apporto dei propri collaboratori e non il loro appiattimento.
Per questa ragione oggi gli imprenditori non soltanto
tenderanno a tenere i collaboratori più capaci, ma punteranno a qualificare la loro
formazione, premiandoli anche.
Nonostante il mondo sembri essersi fermato, noi, per
esempio, abbiamo premiato lo sforzo e la dedizione dei collaboratori di SEFA e
di TIG, aumentando il livello di inquadramento retributivo, assegnando premi assicurativi
e benefit. Da quando si alza al mattino fino alla sera, l’imprenditore è
esposto incessantemente alla differenza e alla varietà, se le evita vuol dire
che non è disposto all’impresa. Egli non può fare a meno di valutare
l’assunzione di nuovi collaboratori, l’interlocuzione con le banche, nuove
operazioni finanziarie, quali sono i mercati in cui promuovere un prodotto
invece che un altro. Così come non può evitare d’imbattersi in quel che
disturba.
Ma, proprio in questi istanti, sono essenziali il
ragionamento e l’esercizio di umiltà, chiedersi dove abbiamo sbagliato e cosa
possiamo fare.
Inoltre, è essenziale leggere e avviare la trasformazione
intellettuale. Se questo accade, altri lo constatano.
Qualche giorno fa, per esempio, si è rivolto a noi un
cliente fuori dalle zone di nostra competenza, grazie alla segnalazione di un nostro
cliente storico. Occorrono sforzo fisico e intellettuale per riuscire, anziché stare
ad aspettare tempi migliori. Il manifatturiero – il comparto che più sta
tenendo durante la pandemia – è promotore di un contagio virtuoso da cui si
sviluppa il tessuto culturale e industriale di questo paese.
Il manifatturiero è stato il massimo promotore della
nascita del made in Italy… La differenza e la varietà del manifatturiero sono
il frutto del proliferare di piccole e medie imprese di subfornitura, nate
dagli anni Sessanta fino a oggi. Quelle imprese sono state una scommessa,
sollecitata però da necessità politiche e ideologiche. Negli anni Settanta molte
di esse si sono chiuse a riccio per difendersi dalle lotte sindacali.
La loro quotidianità non era più regolata dal ritmo degli
ordini dei clienti, ma da regole ideologiche stabilite fuori dal proprio ambito.
In quel periodo, gli imprenditori riuscivano a difendere la
vitalità della propria azienda affidando le proprie commesse all’esterno. Con
questo stratagemma, per esempio, sono nate fonderie e stampisti. Ricordo il
caso della Fonderpress di Bologna, che aprì un’altra fonderia con sede però a
Ferrara, città in cui poteva dedicarsi soltanto alla produzione, perché meno
soggetta a lotte ideologiche. All’epoca erano tante le grandi aziende che
offrivano ai collaboratori disposti a mettersi in proprio l’opportunità di
acquistare i macchinari necessari alla produzione, garantendo l’acquisto dei loro
prodotti. Questa strategia di esternalizzazione della produzione ha formato la
base del tessuto delle PMI, che, soltanto per l’Emilia, oggi costituisce il
secondo polo manifatturiero d’Europa. Negli anni Sessanta, poi, bisognava
pensare ad assicurarsi l’essenziale, a comprare il frigorifero e la
televisione. Proprio in questa fase è intervenuta l’impresa, con il suo apporto
di differenza e di varietà, fino a oggi. Questo apporto non tendeva soltanto al
guadagno, ma anche a fare un prodotto di qualità e a migliorare le condizioni
di vita e il livello culturale del paese, qualificando le città in termini di beni
e servizi. I distretti industriali sono nati in seguito alla ghettizzazione delle
industrie, colpite dalle lotte sindacali, fra la fine degli anni Sessanta e
l’inizio degli Ottanta.
Dopo, l’audacia e l’intraprendenza di alcuni
capitani d’impresa hanno dato forte impulso alla differenza e alla varietà
della produzione. I nostri clienti valutavano le varietà degli acciai come se
scegliessero quale varietà di pane acquistare, il toscano o il grissino
torinese e altre ancora. Oggi è di questo pane che ha bisogno l’Italia che
produce.