DEMOLIRE E RICOSTRUIRE NONOSTANTE LA BUROCRAZIA
La sua avventura imprenditoriale è incominciata da un
grande disturbo: un prestito che non le veniva restituito. Così lei ha
rilanciato, subentrando nella quota societaria del suo debitore e incominciando
un lavoro, di cui non sapeva nulla, nel settore delle demolizioni edili e delle
bonifiche ambientali. E pensare che la demolizione è spesso intesa come
sinonimo di distruzione. Invece, la vostra esperienza dimostra che per
costruire case e palazzi è necessario demolire e che anche quel materiale di
risulta, i cosiddetti scarti, sono utilizzati come base per costruire strade, per
esempio. Ecco come ciò che disturba può divenire occasione di rilancio della vita,
dell’impresa e dell’ambiente… Nel 1991, quando sono entrato nella Faro
Service, non avevo idea di cosa comportasse l’attività di demolizione o di
bonifica. La società, che aveva sede a Budrio – dove sono nato e ho vissuto –
versava in difficoltà economiche.
Per amor di patria e per l’ingente credito non riscosso non
potevo lasciare che l’azienda fallisse, dunque non ebbi altra scelta se non
quella di assorbire le quote insieme a un altro socio. Mi sono trovato, quindi,
in una realtà nuova e ho dovuto mettere in discussione molte certezze. Per
esempio, non sapevo fare i preventivi o valutare le demolizioni. La mia fortuna
è avere incontrato i proprietari di Cave Nord, che mi hanno insegnato tanto. Ma
è stato molto importante anche avere in Faro Service ottimi collaboratori, come
Tiziana Orsi, che ha curato l’attività amministrativa per circa venticinque anni,
e Valeria Lombardi, Roberto Gaeta e Erika Graziani.
Da trent’anni noi lavoriamo prevalentemente con i privati,
per demolizioni di fabbricati industriali e civili e per bonifiche di terreni
inquinati o di coperture contenenti cemento-amianto (più noto come Eternit).
Lavorare nel settore privato è stata una scelta precisa, perché condivide con
noi la necessità di concludere i lavori in tempi brevi, mentre in quello
pubblico siamo penalizzati dai tempi biblici della burocrazia.
Cos’è cambiato nel settore delle demolizioni e delle
bonifiche ambientali, negli ultimi trent’anni? Noi lavoriamo in tutta
Italia, ma constatiamo ciascuna volta che la burocrazia è aumentata a
dismisura. La cosa assurda è che per un cantiere del valore di mille euro
bisogna presentare la stessa documentazione del cantiere da un milione di euro.
Non so come facciano ad andare avanti le imprese meno strutturate della nostra.
Il tempo che l’impiegato dedica a leggere anche soltanto gli aggiornamenti
normativi ha costi enormi, senza contare quello dedicato alla formazione e
all’aggiornamento triennale o quinquennale dei nostri dipendenti.
Voi preparate il terreno per costruire… Spesso ci
scontriamo con burocrati pagati per produrre nuova burocrazia, quindi carte,
carte e ancora carte che nessuno legge e controlla, fino a quando non succede
il problema. Il mercato richiede tempi sempre più brevi per la realizzazione
dei fabbricati e quindi per le demolizioni: più si protrae il tempo di attività
del cantiere e più aumentano i costi.
Anche recuperare gli edifici esistenti non è più
conveniente, proprio a causa della burocrazia. Quando effettuiamo una
demolizione, per esempio, per frantumare le macerie in cantiere e poi
riutilizzarle, siamo tenuti a compilare un’apposita documentazione che richiede
un iter burocratico di circa sei mesi e dobbiamo impiegare un consulente
ambientale che istruisca la pratica. Poi, questa deve essere approvata dalla
Regione di competenza e soltanto dopo può essere presentata, corredata di nuovi
documenti, agli altri enti competenti in materia, dopodiché attendiamo di
ricevere il nulla osta per frantumare le macerie in cantiere.
Quindi, per un imprenditore è più conveniente acquistare un
terreno senza costruzioni anziché recuperare un lotto esistente. Se poi quelle
macerie non le vuoi frantumare in cantiere, per smaltirle devi considerare gli
oneri di trasporto e smaltimento presso impianti autorizzati. Si fa molta pubblicità
all’ecologia, alla riqualificazione dell’esistente, ma poi proliferano le
normative che favoriscono l’esatto contrario, perché prevedono procedure che
non sono economiche.
Pensi che soltanto la pratica per la frantumazione
costa dai cinquemila ai seimila euro. Inoltre, oggi, non basta avere
l’autorizzazione per il frantoio, ma occorre avviare anche la pratica per
frantumare in cantiere. Sono costi doppi, impossibili da sostenere per i piccoli
cantieri. Così le imprese, che nascono per un’esigenza di libertà di fare,
finiscono di fatto per creare nuovi posti di lavoro da dedicare ai corrispettivi
dipendenti pubblici che rilasciano i moduli da firmare. La burocrazia penalizza
chi vuole realizzare i propri sogni e chi produce lavoro di intelligenza, non
di passacarte…