LE IMPRESE AGROMECCANICHE: CUSTODI DEL TERRITORIO E DELL’AMBIENTE
U.N.I.M.A. Ferrara è una delle associazioni territoriali
più strutturate di C.A.I. (Confederazione Agromeccanici e Agricoltori
Italiani), organizzazione sindacale a tutela delle imprese che svolgono, per
conto di terzi, lavorazioni di meccanizzazione agricola, forestale, di
giardinaggio, manutenzioni e cure ambientali e territoriali. Qual è il ruolo
degli agromeccanici oggi? Le imprese agromeccaniche hanno un ruolo molto
importante nella filiera agroalimentare, considerando che forniscono alle
aziende agricole oltre il 40% del fabbisogno di meccanizzazione per le
lavorazioni di semina e per le lavorazioni intermedie dei terreni, con punte
fino al 95% dei lavori di raccolta; richiedono un alto grado di tecnologia e
specializzazione (come raccomanda il programma Industria 4.0), macchinari innovativi
e d’avanguardia di elevata qualità e produttività, che soltanto chi opera su
vaste superfici può ammortizzare.
Grazie ai contoterzisti, inoltre, i piccoli e medi
imprenditori agricoli sono sollevati da ogni rischio e da ogni investimento
nella tecnologia necessaria per essere competitivi sul mercato, a costi
piuttosto contenuti.
Sono benefici importanti, che riescono a qualificare e a
valorizzare sia il nostro lavoro di contoterzisti sia quello delle aziende
agricole. Purtroppo, però, nelle istituzioni non c’è la dovuta percezione del
valore delle nostre aziende al servizio delle imprese agricole e questo è uno
dei motivi per cui la nostra Associazione è impegnata in una battaglia
quotidiana, a livello sia regionale sia nazionale, per ottenere il
riconoscimento degli stessi diritti di cui godono gli agricoltori. Negli ultimi
anni siamo riusciti a far rientrare i nostri associati (circa il 70 per cento
delle imprese agromeccaniche operanti sul territorio nazionale) nei beneficiari
degli incentivi destinati all’agricoltura 4.0 (credito d’imposta e
iper-ammortamento), illustrando il ruolo degli agromeccanici proprio
nell’utilizzo e nella diffusione su vasta scala di macchine 4.0.
È paradossale: proprio chi porta innovazione tecnologica
in agricoltura era escluso dagli incentivi all’innovazione… A questo
proposito, dall’anno scorso, abbiamo avviato una serie di corsi specifici
sull’utilizzo avanzato delle tecnologie, rivolti sia agli imprenditori agricoli
sia agli operatori agromeccanici. A Ferrara siamo tra le associazioni che
investono maggiormente nella formazione, perché riteniamo che il salto di
qualità di imprenditori e operatori in questa direzione diventi un beneficio
per tutto il settore agricolo: nella lettura e nell’elaborazione dei dati,
nella gestione sia documentale sia operativa delle lavorazioni, nella
certificazione e nella tracciabilità del prodotto made in Italy. È un valore
aggiunto già richiesto e riconosciuto dal consumatore, si tratta di garantirlo anche
per quanto riguarda il nostro segmento di filiera, quello delle lavorazioni, per
certificare la qualità del prodotto legata alle sue caratteristiche organolettiche,
l’umidità, piuttosto che il peso specifico. Oggi abbiamo macchine utilizzate in
varie fasi delle lavorazioni – dalla trebbia al post raccolta – che eseguono
già tutte queste verifiche immediatamente nei campi.
Come scrive il giuslavorista Pietro Ichino nel suo libro L’intelligenza
del lavoro, in Italia ci sono enormi giacimenti occupazionali inutilizzati
perché mancano servizi di orientamento e formazione professionali adeguati a
fare incontrare la domanda con l’offerta di lavoro. Questo avviene anche nel
settore agricolo? Assolutamente sì. Le nostre aziende – sia gli
agromeccanici sia le aziende agricole che seguiamo – purtroppo hanno difficoltà
a reperire manodopera qualificata, ma anche manodopera in generale. Al di là di
quest’anno che è stato molto particolare a causa della pandemia, già da alcuni
anni è molto difficile trovare personale. Per questo, per fare fronte alla
richiesta continua da parte delle aziende, oltre ai corsi rivolti a chi lavora
già nel settore, qualche mese fa, con un ente di formazione del territorio,
abbiamo avviato un corso di 500 ore, con stage presso le aziende in cui c’è
carenza di personale.
L’attività della vostra Associazione è molto apprezzata
sul territorio. In che anno è nata? Siamo nati subito dopo la seconda guerra
mondiale, nel 1946, ma in realtà esistevamo anche prima, in una forma
differente: in vista del trasferimento nella nostra nuova sede provinciale, ho
condotto una ricerca storica e ho trovato documenti che risalgono al 1926, ma
probabilmente l’attività di tutela sindacale della categoria è ancora
precedente. Ho incaricato alcune nostre aziende “storiche” di cercare documenti
presso i propri archivi, perché è suggestivo e importante capire quali sono le
radici e il percorso compiuto per arrivare fino a oggi.
A proposito di radici, voi valorizzate la particolarità
del territorio mantenendo la denominazione U.N.I.M.A. anche dopo l’adesione
alla C.A.I. In Italia è meglio puntare sulla differenza che sull’omologazione… Infatti.
A distanza di poche decine di chilometri, anche tra province e lavorazioni
simili, troviamo situazioni sia morfologiche e territoriali sia imprenditoriali
completamente differenti.
Nel nostro territorio, per esempio, già dall’alto al basso
ferrarese, riscontriamo una differenza importante: nell’alto ferrarese,
l’appezzamento medio di terreno raggiunge i 20-30 ettari per azienda, con una
forte connotazione ortofrutticola, mentre nel basso ferrarese troviamo aziende anche
di centinaia o migliaia di ettari, quindi estensioni molto più vaste, che richiedono
proprio un’altra tipologia di lavoro. Se ci spostiamo di pochi chilometri, per
esempio nel padovano, invece, troviamo aziende agricole molto parcellizzate. Il
ruolo del contoterzista, da Ferrara a Padova, a parità di lavoro, è molto
diverso dal punto di vista dell’operatività, perché cambia completamente il
modo di lavorare su una piccola estensione piuttosto che su una grande.
All’interno del nostro territorio, poi, nella zona di Cento,
quindi nell’alto ferrarese, vige l’istituzione della partecipanza agraria, con
caratteristiche del territorio del tutto simili a quelle del padovano, anzi,
con appezzamenti ancora più piccoli, addirittura di 5800 metri quadri.
Chiaramente, in quei territori l’attività agricola è meno professionale e in
alcuni casi è quasi un “dopolavoro”. La partecipanza è un’istituzione che si
tramanda fin dai tempi di Matilde di Canossa, di ventennio in ventennio e, proprio
in questo periodo, abbiamo assistito alla riassegnazione dei terreni per i
prossimi vent’anni.
Tornando all’attività che svolge la vostra Associazione,
in che modo contribuite alla valorizzazione dei contoterzisti, che le
istituzioni stentano ancora a riconoscere come veri e propri imprenditori agricoli?
Attualmente, il coltivatore diretto è tutelato dallo Stato contro qualsiasi
danno possa derivare alla sua attività da cause di forza maggiore come
alluvioni e fenomeni atmosferici particolarmente severi, mentre l’agromeccanico,
che svolge tutte le lavorazioni necessarie al coltivatore, è lasciato al
proprio destino, non ha incentivi quando deve effettuare nuovi investimenti né
agevolazioni fiscali significative quando il lavoro cala in virtù di emergenze
come quella che stiamo vivendo a causa della pandemia. Eppure, proviamo a immaginare
che cosa sarebbe l’agricoltura italiana senza la meccanizzazione: tornerebbe dritta
al medioevo.
Da qui la nostra attività costante per il riconoscimento del
ruolo degli agromeccanici come custodi del territorio, perché il loro lavoro non
è limitato alle coltivazioni, ma garantisce anche attività di manutenzioni legate
alle opere di bonifica, ai consorzi, alle strade e agli argini dei fiumi. Nella
manutenzione del territorio (ripristino della viabilità, manutenzione di corsi
d’acqua, cura e manutenzione delle aree verdi) e dell’ambiente naturale
(raccolta differenziata, gestione rifiuti, ripristino e riqualificazione
ambientale) gli agromeccanici garantiscono tempestività, sicurezza, economia e
professionalità.
Speriamo che le istituzioni tengano conto del loro ruolo,
considerando che il Recovery Fund dedicherà il 30 per cento delle risorse
all’ambiente… Ce lo auguriamo, anche perché utilizzano macchine innovative,
con consumi a impatto minimo sull’ambiente: dalle prove che abbiamo eseguito a
livello sperimentale è emerso che, utilizzando mezzi innovativi, si riducono
notevolmente i consumi di carburante e le emissioni inquinanti.
Nell’ultimo periodo stiamo promuovendo la definizione di
“agromeccanici”, perché il termine “contoterzisti” può evocare l’idea di avere soltanto
un ruolo di passaggio nella trasformazione di prodotto. Invece, gli
agromeccanici sono coloro che lavorano in modo trasversale al servizio delle
aziende agricole con le macchine e le attrezzature più qualificate. E, come
U.N.I.M.A. Ferrara, vogliamo sottolineare i nostri servizi a valore aggiunto:
abbiamo l’obiettivo di caratterizzare il nostro lavoro come coloro che sono al
fianco e a sostegno della crescita delle aziende associate, le quali, a loro volta,
si caratterizzano come coloro che danno sostegno alla qualità del lavoro,
ovvero come custodi del territorio e dell’ambiente.