TEC EUROLAB: TRENT’ANNI DI ECCELLENZA
PAOLO MOSCATTI, presidente e socio fondatore di TEC Eurolab.
Fin dai primi anni di attività, nelle sue interviste e
nei suoi interventi a convegni culturali e associativi, lei ha enunciato la
scommessa di valorizzare i talenti di TEC Eurolab, instaurando dispositivi di
parola in cui il cervello dell’impresa non fosse un’esclusiva
dell’imprenditore, ma derivasse dal confronto costante con i collaboratori, i
clienti e i fornitori, in un processo narrativo incessante.
Questo dossier dedicato ai primi trent’anni dell’azienda
ospita le testimonianze di coloro che contribuiscono alla riuscita nei reparti
produttivi, ciascuno con la propria particolarità e specificità, compiendo
sforzi straordinari in direzione del valore assoluto. Quale sarebbe stato
l’impatto del lockdown senza questo investimento nel capitale intellettuale? Per
la prima volta in trent’anni, a causa del disastro che ha coinvolto l’intero
pianeta, stiamo rischiando di chiudere in perdita. Per fortuna, l’azienda è
molto solida dal punto di vista finanziario – per sette anni consecutivi l’Ebitda
ha sfiorato il 30 per cento – e lo è ancora di più dal punto di vista della
squadra: ciascuno, non soltanto nei reparti produttivi, ma anche in ambito
commerciale, marketing e amministrativo, sta dando prova di vivere l’azienda
come se fosse propria, ingegnandosi e mettendo a frutto i propri talenti senza
risparmio, remore o riserve.
Il 14 maggio scorso ho scritto l’introduzione al bilancio sociale
2019, un anno concluso con il brillante raggiungimento di tutti i traguardi
aziendali, in cui abbiamo superato ben sette audit svolti da Accredia,
Sai e Nadcap e tre ricevuti da Avio SpA, BCM Eurocopter e Chiesi. Mentre scrivevo
imperversava la tempesta che in pochissime settimane ha azzerato l’economia
mondiale e con essa il nostro mercato nazionale. Ma due cose mi davano la forza
per proseguire e rilanciare: gli investimenti sostenuti fino a oggi e,
soprattutto, la nostra squadra, le fondamenta per fronteggiare un futuro
incerto che siamo chiamati a sfidare, tanto insieme quanto singolarmente,
perché il confronto con la nuova realtà, le nuove esigenze del mercato, la ricerca
e la definizione di nuovi processi ed equilibri è questione che riguarda
l’azienda nel suo complesso, ma anche ciascun singolo collaboratore, come si
può costatare nelle interviste pubblicate in questo dossier. E, mentre scrivevo,
provavo a fare un salto in avanti, immaginando che cosa dovrò scrivere l’anno
prossimo nell’introduzione al bilancio 2020, quando saremo costretti a
presentare un conto economico che non ci piacerà di sicuro, ma spero di poter
scrivere che abbiamo vinto questa battaglia, senza grandi segni che si
protraggano nel tempo. Chiaramente, non dobbiamo vincere la battaglia da soli,
ma insieme ai nostri clienti, l’industria manifatturiera italiana, e al nostro territorio,
cui va tutta la nostra fiducia, perché è costituito da aziende solide che hanno
affrontato tante crisi in passato e ne sono sempre uscite rafforzate. Se il
territorio regge, ne usciremo rafforzati anche noi. Già adesso, rispetto a febbraio,
abbiamo migliorato molto, non siamo rimasti inerti a piangerci addosso o ad aspettare
la fine della pandemia: abbiamo rivisto processi e relazioni interne, rafforzato
il collegamento tra le persone, uniformato le competenze e cambiato
l’organizzazione delle relazioni con il mercato.
Per il 2021 speriamo di riagganciare il 2019, in modo che la
crisi abbia un andamento a V, cioè che risalga rapidamente.
Quella del 2009 invece ebbe un andamento a L, che sembrava
andare avanti all’infinito, per cui noi, come molte altre aziende, siamo tornati
al fatturato del 2008 soltanto nel 2014. Nel frattempo sono cambiate tante
cose, abbiamo messo a punto i processi e apportato migliorie essenziali che ci
hanno consentito di ottenere marginalità molto più alte rispetto a quelle del
2008. Anche allora, non abbiamo semplicemente aspettato che tutto tornasse come
prima, abbiamo sempre fatto la nostra parte, come la stiamo facendo in questa
congiuntura, in cui tutto e tutti sembrano remare contro l’industria. Per
questo, spero vivamente che anche chi ci governa faccia la propria parte e che
l’economia si riprenda, che gli aerei tornino a volare, i ristoranti a
riempirsi, i treni a viaggiare pieni di passeggeri e che ci sia industria,
perché dove c’è industria c’è vita. L’industria non è né contro la vita, né
contro la natura, né contro l’uomo: l’industria è l’uomo, il terreno in cui
ciascuno si cimenta nell’invenzione e nell’arte per dare il proprio contributo
alla qualità della vita nel pianeta.
ALBERTO MONTAGNANI, vice presidente e socio fondatore di TEC
Eurolab.
Nel 2019, TEC Eurolab ha emesso 24.979 report, 4196
certificati e 1150 attestati di frequenza per complessivi 1349 clienti, di cui
spesso siete partner industriali. Ne avete fatta di strada dal 1990, quando lei
e Paolo Moscatti avete avviato un piccolo laboratorio in un appartamento a
ridosso del centro storico di Modena… Eravamo due giovani pieni di
entusiasmo e, anche se avevamo un ruolo centrale nel laboratorio in cui
lavoravamo entrambi, abbiamo scommesso che saremmo riusciti a dare il nostro
contributo alle aziende meccaniche del nostro territorio mettendoci in proprio
per assecondare maggiormente il nostro impulso alla ricerca e all’innovazione.
In pratica, la vita da dipendenti ci stava stretta perché avvertivamo
opportunità sul mercato che avrebbero richiesto investimenti e impegno
straordinari, non sempre favoriti e apprezzati nel laboratorio in cui
lavoravamo.
Le difficoltà non sono mancate, soprattutto perché non disponevamo
di grandi capitali di partenza e abbiamo dovuto procedere per piccoli passi.
Ricordo ancora le notti in bianco trascorse quando abbiamo assunto il primo dipendente,
un esperto in metallurgia che poi si è rivelato una miniera d’oro per il nostro
sviluppo successivo. E lo stesso è avvenuto con l’assunzione del primo
ingegnere dei materiali, che ci ha spinti ad acquistare il microscopio elettronico,
nonostante i clienti non sapessero neppure cosa fosse. Negli anni, l’ingresso
di nuove competenze ha sempre comportato, di pari passo, un avanzamento tecnologico,
e la crescita non si è mai fermata.
Oggi i giovani fanno a gara per venire a lavorare da voi
e il numero di collaboratori continua a crescere… Siamo diventati un polo
di attrazione per i giovani talenti soprattutto dopo la crisi del 2009, in
particolare dal 2012, quando abbiamo diretto tutti gli investimenti tecnologici
alla sede di Campogalliano, chiudendo le sedi aperte negli anni precedenti a
Torino, Maniago e Shangai, costituendo qui il polo delle competenze dove portare
servizi e tecnologie innovativi come la tomografia computerizzata, investendo
su nuovi materiali come la fibra di carbonio e i materiali compositi, e
attrezzando isole di testing specializzate e acquisendo competenze specialistiche
nell’additive manufacturing.
Il progetto di sviluppo industriale però c’era fin
dall’inizio per voi? Fin dai primi giorni abbiamo collaborato con aziende
che avevano competenze molto elevate nel settore dei materiali. Certo, ha
contribuito anche il fatto di non essere mai stati autoreferenziali: abbiamo sempre
richiesto e ottenuto gli accreditamenti e le certificazioni del nostro sistema
qualità, fino a quelle del 2019, la NADCAP e la UNI EN 9100:2018, per
l’erogazione di servizi come laboratorio di prova per l’industria aeronautica e
aerospaziale, un risultato che coinvolge l’intera struttura aziendale. Per non
parlare delle collaborazioni con centri di competenza come università, enti,
cluster e associazioni, con cui partecipiamo spesso a bandi di ricerca europei.
Adesso spetta alle nuove generazioni dirigere lo sviluppo dei
prossimi trent’anni. Ma sono sicuro che l’azienda sia in ottime mani.
MARCO MOSCATTI, CEO di TEC Eurolab.
A un anno e mezzo dal suo incarico come responsabile di produzione
e dal suo ingresso nel CdA di TEC Eurolab, alla fine di maggio, in piena
emergenza Covid, lei è stato chiamato a rivestire il ruolo di CEO… Già
nelle settimane precedenti alla mia nomina, avevo incominciato a dare il mio
contributo per affrontare l’emergenza.
Se un anno fa avessimo voluto simulare una situazione di
estrema difficoltà, uno stress test in stile bancario, mai ci saremmo
immaginati una situazione devastante come quella provocata dal Covid-19 e dalle
relative politiche di gestione: blocco totale della produzione del nostro primo
cliente, mesi di chiusura forzata per la quasi totalità delle aziende, mercati
di riferimento (aeronautico e automotive) in ginocchio, clima di terrore e di
sfiducia imperante, impossibilità d’incontro. TEC Eurolab, impegnata a
finanziare anni di ambiziosi investimenti, è passata improvvisamente da
programmi di crescita in doppia cifra al crollo dell’80 per cento di fatturato
nel mese di aprile. Sembrava la tempesta perfetta.
Sono stato chiamato al ruolo di CEO in questa situazione, con
la mia famiglia che a gennaio 2020 aveva investito l’intero patrimonio,
costruito in 30 anni di impresa, nell’acquisizione di un ulteriore 20 per cento
di quote sociali. In questo diluvio, sarebbe stato impossibile mantenere lucidità
e decisione nella direzione d’impresa se non partendo dalla constatazione che
nulla è come lo vediamo, che le cose non sono in quanto tali: in ciascuna
circostanza, occorre parlare, trovare interlocutori, inventare un racconto differente
e nuovi dispositivi, affinché ci sia divenire, anziché paralisi per il terrore
dell’attuale. Occorre non credere alle idee di fine del tempo.
Con questo approccio abbiamo attuato immediatamente interventi
molto decisi. Non ci siamo limitati all’applicazione dei soli protocolli
sanitari, ma abbiamo curato anche la tenuta dei dispositivi di comunicazione e
di incontro, essenziali per la qualità e il ritmo di vita di ciascuno. In
remoto abbiamo mantenuto e rilanciato il daily meeting, anche in assenza
di commesse da discutere.
Ciascun responsabile ha mantenuto l’interlocuzione costante
con la propria squadra, anche quando non era convocata al lavoro. Abbiamo
condiviso i ragionamenti e la lettura della direzione aziendale in numerose
plenarie virtuali. La solidarietà di molti collaboratori ha permesso di
registrare e condividere webinar formativi, rafforzando l’identificazione nella
squadra e non lasciando che qualcuno si sentisse abbandonato. Il team
commerciale, anziché interrompere, ha intensificato le telefonate ai clienti, dando
così un apporto alla tenuta del tessuto industriale, testimoniando con la
propria intraprendenza e il proprio entusiasmo che anche nelle peggiori
circostanze è possibile vivere senza limitarsi alla sopravvivenza. Abbiamo puntato
sulla responsabilità di ciascuno, permettendo ai referenti di reparto di
convocare di settimana in settimana i propri colleghi in funzione
dell’occorrenza, senza imporre chiusure forzate. Cogliendo il contributo di
ciascuno, abbiamo svolto una swot analysis aziendale e attuato revisioni
organizzative di sicura efficacia per garantire l’avvenire dell’impresa in
questo mutato contesto.
In pratica i collaboratori hanno dato prova di combattere
come lei ha sempre auspicato nei suoi articoli, come guerrieri e esploratori… Hanno
dato prova di cimentarsi nella difficoltà, giorno per giorno, senza dare nulla
per scontato, investendo in ciascuna commessa, ciascuna manutenzione, ciascun
acquisto, ciascuna pratica documentale, ciascuna telefonata, ciascun incontro.
C’è differenza se per ciascuno l’impresa entra nel sogno, se ciascuno avverte
di partecipare a qualcosa che non si esaurisce nel compito “tecnico”, nell’oggetto
sociale dichiarato in statuto. Solo così un’impresa non vale l’altra, un
collaboratore non vale l’altro e la collaborazione non si limita allo scambio
mercenario di tempo e denaro.
Nell’impresa non c’è mai un percorso già tracciato: la direzione
si può solo intuire grazie ai dispositivi di parola, ma la questione rimane
aperta e si fa di necessità virtù, senza alternativa alla riuscita, come diceva
Niccolò Machiavelli.
È un viaggio senza alcuna facilità che, insieme alla
squadra, consente ed esige grande crescita.
In occasione della mia nomina a CEO, ho ringraziato i validissimi
compagni di viaggio che ho avuto la fortuna d’incontrare nel mio percorso in
TEC Eurolab. In ciascuna interlocuzione essi contribuiscono in modo
straordinario alla mia formazione, oltre che al risultato d’impresa.
Anche la funzione di CEO, così come ogni altra, non può essere
ritenuta standard, bensì deve essere reinventata in ciascuna azienda, in
ciascuna circostanza, secondo l’occorrenza.
Lungo questo itinerario di arte e d’invenzione, sarà mio
impegno specifico verificare che ci siano sempre condizioni e opportunità
d’interlocuzione e di riuscita per chi incomincia, prosegue e rilancia il suo
viaggio nella nostra impresa.
SILVIA BRESSAN, CFO di TEC Eurolab.
Lei è stata menzionata fra i 150 top manager emergenti under
44, nella classifica di FederManager, pubblicata su “Capital” di febbraio
scorso. Oltre a svolgere il ruolo di consigliere di amministrazione, qual è la
sua funzione in TEC Eurolab e com’è incominciata la vostra collaborazione? Nel
2006, quando ho iniziato a lavorare, l’azienda aveva circa trenta
collaboratori. Mi fu affidato il compito di alleggerire gli impegni contabili
delle due socie titolari, Loretta Gozzi e Anna Grassi, e di costruire, nel tempo,
una vera e propria area amministrativa. L’attuale presidente, Paolo Moscatti,
si occupava direttamente del controllo gestione, che in pratica consisteva in
una semplice consuntivazione periodica del fatturato e nell’analisi delle
commesse in corso e delle fatture da emettere a fine mese. Io provenivo da una
società molto strutturata, la più grande industria molitoria italiana, che
fatturava 300 milioni di euro l’anno. Avevo già una posizione molto
soddisfacente, ma per motivi logistici, avevo incominciato a cercare lavoro
vicino a Reggio Emilia, dove vivevo da due anni. L’incontro con i quattro soci
fu amore a prima vista, trovai un’accoglienza squisita e un clima di fiducia
che mi consentì, fin da subito, d’introdurre tutti quegli strumenti di tipo
economico, finanziario e informatico gestionale che avrebbero conferito a TEC
Eurolab le caratteristiche di un’azienda al passo con i tempi, come lo era già
dal punto di vista delle tecnologie e delle competenze.
Oltre che del controllo gestione, ai miei occhi l’azienda aveva
bisogno di tante cose fra cui un reparto IT e un piano di formazione iniziale
delle nuove risorse assunte.
E fu così che nacque il PAC (piano di accoglienza). Erano anni
di grande crescita, ricordo ancora quando andavo dai colleghi per dare la
notizia di avere superato il record mensile: erano momenti di grande
concitazione, ma anche di estrema soddisfazione. Nel tempo, la mia area si è
modificata fino ad assumere i contorni attuali di centro AFC & IT
(Amministrazione, Finanza e Controllo e Information Technology), dove lavorano
sette persone.
In che modo ha inciso la pandemia nel bilancio
dell’azienda? Per fortuna venivamo da un quinquennio di crescita a doppia
cifra, in cui investivamo il 20 per cento del fatturato in tecnologia e
aumentavamo il numero dei collaboratori, fino ad arrivare a un centinaio al
termine dello scorso anno.
A parte questa parentesi dovuta alla pandemia, il nostro
attivo di bilancio negli ultimi anni è stato tale che ha comportato l’obbligo
del collegio sindacale, della società di revisione e dei sistemi di qualità e
certificazione imposti dai mercati di riferimento, quello aeronautico in
particolare. Certo, questo periodo non è privo di ripercussioni, in primis
quella di mettere in discussione tutti i processi per guadagnare maggiore efficienza
possibile. Tuttavia, nelle settimane di lockdown, abbiamo approfittato del calo
di lavoro per mettere in piedi strumenti di swot analysis e capire come
prepararci al 2021, cogliendo nuove opportunità e cercando di scongiurare i
pericoli.
Gli investimenti in tecnologia erano stati fermati già in
novembre dello scorso anno, considerando che l’azienda è dotata del parco
tecnologico più avanzato d’Europa. Rimane invece l’investimento nel settore informatico,
per aumentare le personalizzazioni del nuovo gestionale Sage, in funzione da
gennaio di quest’anno.
Stiamo lavorando per uscire da questo periodo più belli ed
efficienti, in modo che quando ci daranno il via possiamo premere
sull’acceleratore, almeno per ciò che dipende da noi e dalle nostre forze.
ILENIA PRANDI, referente del laboratorio metallurgico TEC
Eurolab.
TEC Eurolab ha incominciato la sua attività trent’anni fa
proprio con il laboratorio metallurgico, in cui lei lavora da quindici anni e
di cui è divenuta referente. Può dirci qualcosa della sua esperienza? Quando
ho incominciato a lavorare ho avuto la fortuna di essere affiancata da tecnici
che avevano una vastissima esperienza alle spalle nel settore dei metalli e
sono stati veri e propri maestri, per me e per altri della mia generazione. Non
dimentichiamo che ci troviamo in un territorio con un’alta concentrazione di
aziende metalmeccaniche e gli stessi soci hanno avviato l’attività dopo diversi
anni di lavoro nel testing di metalli, leghe metalliche e loro tecnologie di produzione
e trattamento.
In questi quindici anni, il reparto è cresciuto di pari passo
all’introduzione sul mercato di nuovi materiali, alcuni collaboratori sono
andati in pensione e sono entrate nuove leve, ma è rimasta costante la capacità
dei tecnici di divenire interlocutori dei clienti, dando consigli sulle
tecnologie da utilizzare o sull’opportunità di effettuare alcuni controlli
piuttosto che altri.
La comunicazione con il cliente è un nostro punto di forza e
in alcuni casi è un appuntamento quotidiano, al telefono o per mail.
Una svolta decisiva per la crescita del laboratorio, invece,
è intervenuta con l’acquisizione di alcune fra le maggiori industrie del
settore aerospaziale, anche se abbiamo mantenuto i clienti storici dei settori
tradizionali, molti dei quali si affidano a noi da quando è iniziata l’attività.
Perché un’azienda si rivolge al laboratorio metallurgico?
Per esempio, per controllare la conformità di un componente meccanico in
acciaio o in alluminio che subisce trattamenti e lavorazioni oppure per
verificare se i materiali di partenza sono idonei all’utilizzo richiesto o, in
altri casi, per indagare, attraverso la failure analysis, le cause di
danneggiamento, rottura, usura o corrosione di un componente.
Inoltre, un’azienda può richiedere un corso di formazione ai
nostri tecnici, che lo personalizzano in base alle sue esigenze, spesso
partendo da un problema da risolvere in un caso specifico. È un’attività molto
utile per consolidare il dispositivo con il cliente e contribuisce anche
all’aumento delle competenze interne, perché richiede un notevole impegno per
la preparazione della documentazione didattica e per la ricerca necessaria ad
approfondire argomenti sempre nuovi e differenti. Per non parlare del vantaggio
che trae lo scambio con i clienti quando i nostri tecnici si recano nei loro
siti produttivi.
L’incontro è essenziale nelle aziende come nella vita, anche
se purtroppo, durante il lockdown, per molti era vietato… La nostra azienda
ha mantenuto l’incontro telematico giornaliero fra noi referenti di reparto
tutte le mattine alle nove, e io con i miei collaboratori di reparto tutte le
mattine alle dieci, anche nei momenti in cui c’era poco lavoro. Anche in questo
mi ritengo fortunata rispetto a chi ha vissuto quel periodo in estremo
isolamento, e ringrazio la direzione per avere pensato a tutti i collaboratori
per i quali il lavoro è la vita.
JESSICA BARBATI, referente del laboratorio chimico TEC
Eurolab.
Lei ha incominciato a lavorare nel laboratorio chimico
quindici anni fa e dal 2012 ne è divenuta referente. Quali sono i servizi a
valore aggiunto che offrite alle industrie? La tecnologia che abbiamo
acquisito negli anni ci consente di analizzare campioni di qualsiasi
dimensione, forma e materiale. Se il laboratorio chimico, quando è nato,
eseguiva soltanto le analisi classiche, oggi è dotato delle strumentazioni
necessarie per rispondere alle esigenze di quasi tutti i settori produttivi.
Per esempio, siamo in grado di caratterizzare tutte le leghe metalliche attraverso
la spettrometria a emissione al plasma (ICP) e a emissione ottica (EOS) e di
eseguire l’analisi qualitativa mediante microscopia a scansione elettronica
(SEM-EDS).
Inoltre, eseguiamo prove di resistenza alla corrosione e prove
di corrosione in Nebbia Salina, prove di cessione per l’idoneità al contatto
alimentare (leghe metalliche, plastica, gomma) e prove di cessione per il rilascio
del nichel dalla bigiotteria e per la sicurezza dei giocattoli.
Sui polimeri e sui compositi, poi, eseguiamo failure analysis,
analisi chimiche FT-IR, analisi termiche DSC e TGA e analisi per determinare la
durezza Shore A e D, la densità e il contenuto di carica/fibra/vuoti.
Per quanto riguarda gli oli, invece, siamo in grado di determinare
le loro proprietà chimico-fisiche e il livello di contaminazione (metalli di
usura, contenuto di acqua con titolazione Karl Fisher, classificazione ISO4406).
Infine, nelle acque industriali, determiniamo la presenza di
ioni mediante cromatografia ionica (IC) e misuriamo il pH, la durezza e la
conducibilità.
La spettrometria ad emissione al plasma è uno strumento molto
versatile perché, in realtà, ci consente non soltanto di eseguire analisi delle
leghe metalliche, ma anche di cercare metalli in qualsiasi materiale come
plastica, olio o vernice. È uno strumento che ci ha permesso di aggiungere ai
settori storici di riferimento– automotive e aerospaziale – le industrie
costruttrici di impianti per la produzione alimentare, che devono adeguarsi al
regolamento europeo Moca, per certificare che i materiali da loro utilizzati
non cedano sostanze pericolose agli alimenti. E, poiché abbiamo acquisito
competenze sul regolamento, oggi anche siamo in grado di guidare le industrie
nell’applicazione degli adempimenti, che intanto sono diventati obbligatori.
In pratica, in laboratorio è impossibile annoiarsi: difficilmente
si ripete la stessa analisi per tanto tempo. Se poi aggiungiamo che l’ambiente
di lavoro è dinamico e piacevole, si capisce perché ci siano tanti giovani e
non ci si possa che sentire sempre giovani.
Che cosa le piace dell’ambiente di lavoro? Nel mio
reparto, soprattutto l’entusiasmo di tanti tecnici che s’impegnano a fare
approfondimenti di loro iniziativa.
In generale, ho sempre apprezzato la fiducia che i titolari hanno
dato ai collaboratori. Credo che sia un punto di forza dell’azienda: la fiducia
è la base per lavorare con serenità e dare il massimo.
MICHELE SALE, responsabile Centro Prove Meccaniche TEC
Eurolab.
Approdato in TEC Eurolab in settembre 2019, lei ha
un’esperienza decennale come ingegnere di metallurgia e saldatura in due
storiche multinazionali italiane (Saipem e Nuova Pignone), che hanno avuto un
ruolo essenziale nel settore dell’energia nel nostro paese. Quale progetto e
quale programma si profilano all’orizzonte della sua collaborazione con TEC
Eurolab? Siamo in un momento di grandi trasformazioni e un’azienda come TEC
Eurolab ha tutte le carte da giocare per trarre il massimo vantaggio dal
proprio patrimonio di competenze, tecnologie e capitale intellettuale.
Oltre alla direzione dello stabilimento di viale Europa e del
dipartimento di caratterizzazione meccanica dei materiali, ho anche la
responsabilità di valutare nuove tecnologie proponibili ai nostri clienti,
nuove opportunità di sviluppo per l’azienda, soprattutto mirando a
collaborazioni con enti e istituti internazionali. Durante questi mesi,
nonostante ci si potesse incontrare soltanto per via telematica, abbiamo
lavorato per instaurare partnership con istituti e aziende inglesi, francesi e
belghe, con cui avviare progetti europei in campo aerospaziale ed energetico per
lo sviluppo della seconda parte dell’anno e in prospettiva per il 2021.
Avere un parco tecnologico così ampio – sia nei controlli non
distruttivi, con la tomografia e l’acceleratore lineare, sia nel testing dei
materiali, con la nostra officina meccanica e i reparti chimico, metallurgico e
di prove meccaniche – ci permette di entrare a far parte di consorzi che
realizzano progetti comunitari e di stipulare collaborazioni con grandi
clienti, focalizzandoci non soltanto nei settori che finora hanno rappresentato
il nostro core business, ma anche in altri – nuove energie come l’idrogeno, il
settore elettrico ed i programmi per la fusione nucleare – che hanno tutto
l’interesse a rivolgersi a noi per usufruire dei nostri servizi ad alto valore
aggiunto e difficilmente reperibili in altri laboratori europei.
Quando parla di nuove energie a cosa si riferisce? Quando
parlo di nuove energie mi riferisco soprattutto a quelle che stanno sfruttando
le turbomacchine di nuova generazione per la necessità di abbattimento di NOx.
Se dovessimo chiederci quali sarebbero le tecnologie in cui TEC Eurolab si
riconosce maggiormente, ebbene, sono tutte quelle che afferiscono alle turbomacchine,
considerando che lavoriamo tantissimo con i motori aeronautici e con le macchine
aeroderivative. In questo momento storico, la sostenibilità e l’abbattimento di
agenti inquinanti sono di estremo interesse per i produttori di macchine come
per i clienti finali, pertanto nascono pochi prodotti nuovi, ma si ridisegnano
e si adattano quelli esistenti, ai fini di utilizzo di fonti energetiche come
l’idrogeno.
Questo comporta che le aziende nostre clienti debbano ridisegnare
nuovi componenti o prototipi, sostituire materiali, aggiornare le tecnologie di
produzione in modo tale che i tempi di immissione sul mercato di una nuova
macchina non siano più di due o quattro anni, ma si compattino in un anno. E
per TEC Eurolab questo si traduce non soltanto in nuove commesse da parte di
nuovi clienti del settore dell’energia, ma anche nella possibilità di divenire pionieri
in nuove tecnologie e competenze che possono essere sfruttate in altri settori,
come l’automotive, che ne avrà sempre più l’esigenza per abbattere le emissioni
e ridurre al minimo l’impatto ambientale.
STEFANO BENUZZI, Responsabile Centro Controlli Non
Distruttivi TEC Eurolab.
Negli ultimi anni i vostri clienti dei settori aerospaziale,
biomedicale, automotive e manifatturiero hanno dovuto spostare sempre più in
alto il livello delle loro sfide tecnologiche, alla ricerca di nuovi prodotti e
nuovi mercati. L’introduzione pionieristica nel 2013 dei servizi di tomografia
industriale – che ora è parte integrante del dipartimento di Controlli non
distruttivi (CND) da lei diretto – ha dato un apporto essenziale al loro
business. In che modo? Le informazioni ottenute da una scansione
tomografica hanno messo i nostri clienti in condizione di verificare
attentamente i particolari più infinitesimali dei loro componenti, assistendoli
nello sviluppo e aiutandoli nella prototipazione. Non solo, con la tomografia
hanno potuto analizzare tanti particolari critici di oggetti che potrebbero mettere
a rischio la vita delle persone, come piloti di Formula 1 o pazienti sottoposti
a dialisi. In settori come l’aerospaziale, per esempio, una discontinuità non
rilevata su un componente di volo di un satellite potrebbe provocare
problematiche funzionali, se fosse lanciato nello spazio senza un’analisi tomografica
che, con una sola scansione, consente di rilevare tutti i difetti e di
verificare le geometrie interne anche nei componenti più complessi.
Tuttavia, la tomografia non è, come credono i profani, una
tecnica che risolve qualsiasi problema.
Ha tante potenzialità, ma anche qualche limite. Per questo è
importante disporre, come nel nostro stabilimento dedicato ai CND (accreditato
NADCAP e 17025), di un’ampia gamma di competenze e tecnologie, in modo da
intervenire con ulteriori metodi di controllo complementari alla tomografia, laddove
quest’ultima non ha le caratteristiche richieste.
Lo stabilimento che ospita il Centro controlli non distruttivi
è stato inaugurato a febbraio 2016. Quali sono a oggi le strumentazioni di cui
dispone? Le sue dotazioni ne fanno un riferimento tecnologico all’avanguardia
in Europa: dispone di due tomografi, uno da 240 kV e uno da 450 kV, di un
acceleratore lineare LINAC da 6 MV e di due sorgenti radiogene, una da 160 e
una da 320 kV, che operano sia con supporto tradizionale (lastre radiografiche)
sia in digitale. Sono inoltre presenti due impianti per controllo ai liquidi
penetranti, uno dedicato al settore automotive e uno al settore aereonautico,
il magnetoscopio a bancale, una vasca per controlli a ultrasuoni in immersione,
diversi sistemi Phased Array solo per citare le tecnologie di maggior rilievo.
Chiaramente, c’è una differenza notevole fra la tomografia e
gli altri controlli non distruttivi, in termini di letteratura e normative di
riferimento.
Per questo siamo molto impegnati per implementare le
normative riguardanti la CT sulla base della nostra esperienza sul campo e in collaborazione
con le grandi industrie aeronautiche, che contribuiscono a qualificare il
nostro personale, formato soprattutto da giovani talenti, con tanto entusiasmo per
affrontare le nuove sfide che ci attendono nei prossimi decenni.
FABRIZIO ROSI, Responsabile Divisione Validazione Prodotto
TEC Eurolab.
Come riferimento europeo per alcune fra le più importanti
realtà industriali e aerospaziali, TEC Eurolab non solo offre la sicurezza che
i loro materiali e processi garantiscano le prestazioni attese, ma interviene
anche in qualità di partner tecnologico dei clienti nello sviluppo di nuovi
prodotti e processi. Qual è il contributo del dipartimento che lei dirige in
questo senso? Quando ci confrontiamo con nuove tecnologie costruttive o
nuovi materiali, per rispondere a domande del cliente che non trovano riscontro
in letteratura, spesso, dobbiamo ingegnarci e inventare nuovi strumenti, prove
o preparazioni di campioni che nessuna macchina esistente sul mercato è in
grado di eseguire. Anche se l’azienda è nata come centro di competenza sui
materiali, laboratorio di testing che certifica la conformità di un componente
alle normative e agli standard richiesti, negli anni, è cresciuta notevolmente
la sua attività di ricerca e sviluppo per verificare non tanto il materiale di
un componente quanto la sua funzionalità. Se prendiamo un dispositivo
biomedicale, per esempio, il cliente può chiederci di verificare che la tenuta
in pressione del sistema di erogazione di qualche farmaco sia efficace. Allora,
noi dobbiamo sollecitare in questo dispositivo esattamente quelle condizioni
che poi sperimenterà nella vita d’uso, predisponendo veri e propri set-up da
laboratorio sperimentale tout-court, quasi come un centro collaudo.
In un’intervista sul nostro giornale (n. 78, aprile
2018), Paolo Moscatti racconta che un ingegnere del vostro dipartimento “ha costruito
una macchina che non esiste sul mercato e senza la quale non saremmo riusciti a
soddisfare l’esigenza del cliente” e nota come gli ingegneri che si cimentano
in queste prove “amano la letteratura, la filosofia e la lettura in generale”… La
nostra forza è sempre stata la combinazione fra arte e scienza: quando
riceviamo una nuova richiesta, apriamo un capitolato di prove da costruire
ex-novo e, molto spesso, non esiste una persona che abbia tutte le competenze necessarie
per capire esattamente cosa e come eseguirle, per cui entrano in gioco la
creatività, l’inventiva e la spinta a sperimentare, che sono proprio il trait
d’union tra arte e scienza. Soprattutto nella fase di acquisizione di una nuova
commessa, l’ascolto è essenziale per capire le vere esigenze del cliente, ma la
capacità di ascoltare dipende molto dalla cultura, dalla curiosità intellettuale,
oltre che dalle competenze tecniche.
Anche la propensione all’innovazione è frutto di un
approccio globale all’esperienza, in cui le idee più impensate nascono
dall’integrazione tra il lavoro e le altre attività che ciascuno svolge nella
giornata.
E questo approccio consente di partire dal presupposto che
noi e il cliente non siamo due entità contrapposte che devono smussare gli
angoli per livellarsi, ma due entità che nel loro incontro aumentano la loro
forza e giungono insieme all’innovazione.
MICHAEL REGGIANI, Responsabile Organismo di Certificazione
TEC Eurolab.
Lei ha incominciato a lavorare in TEC Eurolab vent’anni
fa. In che modo la crescita dell’azienda si è intrecciata alla sua crescita professionale?
Quando sono arrivato avevo soltanto diciotto anni e l’azienda aveva una
decina di dipendenti, ma era in forte espansione e percepivo il valore delle
attività che svolgeva.
Essendo in pochi, non c’erano ruoli ben definiti, quindi
avevo il grande vantaggio di fare esperienza pressoché in ciascun settore. Poi,
un giorno, mi è stata offerta l’opportunità di dedicarmi ai controlli non
distruttivi e, da quel momento, mi sono impegnato in modo assoluto, facendo
crescere il reparto e, simultaneamente, studiando per acquisire la più alta
specializzazione in materia. A ventiquattro anni, ero il più giovane
specialista qualificato con il terzo livello – il massimo – in Italia e, dal
2015, sono vice presidente dell’AIPND (Associazione italiana prove non
distruttive).
L’area Controlli non distruttivi e ispezioni dell’azienda,
che ho diretto fino al 2016, è confluita nel Centro CND, uno dei tre
stabilimenti che strutturano il nostro business.
Dal 2017, lei dirige l’Organismo di Certificazione di TEC
Eurolab.
Qual è il valore aggiunto di questa attività per i vostri
clienti? Essere organismo di certificazione richiede indipendenza e imparzialità
e vuol dire acquisire un ruolo di garante.
Abbiamo iniziato da pochi casi, certificando soltanto alcune
figure professionali di nicchia, poi, ciascun anno abbiamo aggiunto un settore,
fino a divenire Organismo riconosciuto da Accredia, l’Ente Unico nazionale di
accreditamento, che ci permette di certificare le competenze professionali, le
performance di processo e/o prodotto e le capacità relative alla gestione di un
sistema di qualità, garantendo il rispetto dei requisiti previsti dalle norme e
dagli standard internazionali da parte di professionisti, imprese e
organizzazioni pubbliche.
Le attività di certificazione, abbinate alle competenze
tecniche trasversali presenti in TEC Eurolab, contribuiscono a migliorare la
proposta di valore del cliente. Faccio un esempio tratto dalla mia passione per
la cucina: un coltello per la carne può costare oltre 100 euro se è
certificato, ma questo vuol dire che ha superato una serie di prove e pertanto
il suo utilizzatore può essere sicuro di non andare incontro a incidenti
causati da una sua rottura improvvisa.
Chiaramente, il nostro Organismo di Certificazione apporta
valore aggiunto anche agli altri dipartimenti, sia perché sono chiamati a
svolgere le prove che consentono di rilasciare il certificato sia perché i
clienti che si rivolgono ai nostri laboratori per testare i loro prodotti o
processi hanno la possibilità di ottenere una certificazione da parte di un
ente terzo, che siede a tavoli di lavoro ministeriali e contribuisce alla
cultura tecnica del settore.
Ci sono altri reparti che lei ha contribuito a far
nascere? L’Organismo di ispezione e quello di formazione. Questo per il
passato, ma le innovazioni da mettere in campo per l’avvenire in TEC Eurolab
non mancano mai.
LUCA MOSCATTI, Responsabile Academy TEC Eurolab.
Dopo avere visitato i 4.500 mq dei vostri laboratori
all’avanguardia nella tecnologia e nell’innovazione, è bello sapere che – oltre
a fornire servizi di eccellenza alle principali aziende europee dei settori
aeronautico, automotive, biomedicale e alimentare – costituiscono un ambiente
di training ineguagliabile per lo svolgimento delle esercitazioni pratiche
dell’Accademy TEC Eurolab, che lei dirige da aprile di quest’anno… L’obiettivo
di collaborare con il cliente nella progettazione dei test, e nella
trasformazione dei risultati in soluzioni operative che rendano unico il suo
prodotto, passa anche attraverso una proposta formativa specialistica e di alto
livello.
I nostri corsi sono tenuti da professionisti qualificati con
competenze distintive che esercitano ogni giorno, alternando aula e
laboratorio, docenza e ricerca sperimentale, aggiornamento tecnico e esami di
qualifica. La scelta di condividere all’esterno trent’anni di tecnologia dei
materiali, controlli non distruttivi, tecniche e tecnologie di saldatura,
metrologia dimensionale, verifiche di conformità e tutte le altre competenze
richieste dai nostri clienti, che forniamo anche attraverso progetti formativi ad
hoc, ci sta portando a divenire il punto di riferimento per la formazione
tecnica del territorio.
In che modo? Se un’azienda ha un problema di
processo, di engineering, di dialogo tra due reparti aziendali (quello
che fa il collaudo e quello che produce il pezzo o quello che lo progetta), in
che modo posso farli interloquire tra loro? Non è sufficiente che i
responsabili dei rispettivi reparti seguano un corso, interno o esterno che
sia, non basta la formazione in questo caso, occorre instaurare un dispositivo
di comunicazione efficace per far crescere il processo aziendale, insieme alle
persone. Questo servizio intellettuale, che promuove l’instaurazione di
dispositivi di parola tra vari livelli, all’interno della stessa azienda o tra
clienti e fornitori, dal punto di vista tecnico consente di riuscire a portare
a compimento il processo nel migliore dei modi.
È un’attività che può rientrare nell’area del “Learning &
Development”, un settore che in Italia è poco esplorato, ma è molto
interessante.
La nostra Accademy punta a costruire progetti formativi con
un approccio differente, che vada al di là della semplice risposta ai bisogni
di competenze tecniche e affianchi l’azienda cliente nelle difficoltà che
incontra lungo i processi di trasformazione, programmando interventi anche a
lungo termine, nelle varie fasi che vanno dalla progettazione all’engineering,
dalla realizzazione del prodotto al collaudo e alla certificazione di qualità.
Lei ha assunto al direzione dell’Academy durante il
lockdown, quando la formazione poteva essere soltanto a distanza… Infatti,
il lockdown ha accelerato il passaggio a un uso incredibile degli strumenti
digitali e ci ha posto una questione essenziale: per chi come noi ha attribuito
sempre tanta importanza alle esercitazioni pratiche, quale sarà la nuova
frontiera della formazione tecnica? Molto dipende dall’esigenza del cliente in
quel momento e in quella determinata situazione, ma sarà una sfida enorme,
perché oggi il docente di tecniche di saldatura, per esempio, prende in mano un
cannello e mostra come procedere. Riuscire a acquisire una competenza pratica senza
l’esperienza diretta è ciò cui la transizione digitale ci costringerà. Allora,
forse, l’attenzione sarà posta sulla testimonianza dell’esperienza che il
docente trasmette, anziché sul docente stesso, e l’accento si sposterà
dall’interlocutore all’interlocuzione, all’esperienza che viene trasferita, e
questo darà uno slancio importantissimo per accrescere il modo in cui è
acquisita quell’esperienza.
Forse è la più grande innovazione che deriverà dalla formazione
online.