CHI HA INTERESSE A FRENARE L’INCONTRO?
L’ideologia aziendalista considera imprenditore di
successo chi delega ai collaboratori lo svolgimento delle funzioni operative
che egli dirige dalla poltrona del proprio ufficio. Questa rappresentazione non
tiene conto, però, dello statuto del fare peculiare all’imprenditore e da cui
l’incontro è imprescindibile. E proprio intorno al tema dell’incontro apriamo
il dibattito di questo numero della rivista. Quanto è stato determinante l’incontro
nel percorso che l’ha portata oggi a dirigere uno fra i gruppi leader in Italia
nella distribuzione di acciai speciali, leghe e titanio, S.E.F.A.
Holding Group? L’incontro è stato basilare in ciascun
ambito della mia vita, incominciando da quello avvenuto a scuola, nell’Istituto
Aldini Valeriani, con il mio professore di metallurgia, Romeo Bentivogli. A
questo incontro sono seguiti quelli con i dirigenti della società Mazzoni
Acciai, negli anni settanta, e poi con i rappresentanti delle industrie
siderurgiche Böhler e Uddeholm, oggi confluite nel Gruppo voestalpine HPM, di
cui siamo distributori esclusivisti in alcune regioni italiane. Questi incontri
hanno preparato la strada per rilevare la S.E.F.A. Acciai nel 1978, grazie all’incontro
propiziato dall’amministratore di Uddeholm, Emilio Bellini, nel 1977.
All’epoca, la società era ancora di proprietà della famiglia reale svedese, che
per questo imprimeva sugli acciai speciali la corona, e non a caso erano
definiti anche come “gli acciai nobili”. Altri incontri sono stati poi cercati
in modo tenace dal responsabile commerciale della sede milanese, Giancarlo
Rabbia, che doveva avviare la nuova rete commerciale in Italia e che arrivò a
telefonare a casa di mia madre ciascuna mattina alle 6.30 per ottenere la mia collaborazione.
In quegli anni era in atto una grande trasformazione nella siderurgia, che
favorì la proposta da parte di Uddeholm di aprire una mia società per gestire
le zone di vendita a me assegnate. Accettai subito questa sfida, rischiando il
disappunto di mio padre perché non avevo idea di cosa avrebbe comportato fare l’imprenditore.
Ma ero sicuro delle mie capacità tecniche e della fiducia dei clienti: avevo
quel sano spirito di rischio tipico di chi fa impresa, e per questo misi in
vendita anche la casa in cui vivevo. La mia fortuna, quindi, la devo anche agli
incontri effettuati lungo il cammino, che poi hanno portato alla fondazione di alcune
delle nostre aziende, come Titanium International Group – grazie all’incontro
con Marco Faedi e Luigi Radich, ex colleghi in Böhler, nel 1974 – e come 3D
Metal, nel 2018.
L’impresa si struttura procedendo di incontro in
incontro, ma sembra che il ricorso a causa del Covid al cosiddetto lavoro
agile, lo smart working, ne svilisca la portata… Non c’è altra strada per
riuscire, se non quella di procedere dalla relazione e dall’incontro. In alcuni
casi, io ho assunto nuovi collaboratori scambiando qualche parola lungo un incontro,
grazie a cui ho potuto valutare se esistessero le condizioni per incominciare
una nuova scommessa.
Tramite lo smart working questo non sarebbe stato possibile
perché l’incontro è letteralmente schermato.
Sono convinto, inoltre, che in questo momento della storia
industriale del paese sia ancora più essenziale l’incontro per stabilire
strategie e alleanze. È forte la mia convinzione che l’incontro oggi sia
frenato, oltre che da paure e pregiudizi, dagli interessi di alcune potenze
economiche che hanno trasformato il commercio in pure operazioni finanziarie gestite
dai nuovi leader della finanza mondiale. Paesi come la Cina possono permettersi
di evitare l’incontro nel commercio perché vendono le loro produzioni a una
popolazione assuefatta alle logiche della dittatura.
Diverso è il caso dell’Italia, che ha inventato le botteghe
proprio perché non riesce ad assoggettarsi a regole uguali per tutti. Ecco
perché, seguendo anche in Italia queste logiche finanziarie e di esclusione
dell’incontro, otterremo soltanto di spazzare via definitivamente la classe
media, che invece vive di incontri perché si fonda sul commercio e sullo
scambio, che è anche scambio di parola e non solo di prodotti. Nella bottega come
nell’impresa, infatti, l’incontro non è agile, perché esige lo sforzo intellettuale
che favorisce l’invenzione.
Impedire
l’incontro, quindi, è propedeutico alla decrescita infelice e facilita anche
l’egemonia culturale delle nuove potenze economiche mondiali. Quindi, perché
risparmiare e risparmiarsi l’incontro, che è alla base dell’invenzione made in
Italy?