I CENTRI ODONTOIATRICI VICTORIA IN PRIMA LINEA NELL’EMERGENZA COVID-19
I Centri Odontoiatrici Victoria sono dislocati in sette
città fra Modena e provincia, Reggio Emilia e Verona.
Durante il lockdown, voi avete risposto alle urgenze dei
pazienti, mentre molti studi odontoiatrici erano chiusi e gli ospedali erano
concentrati nella lotta al coronavirus. Come avete affrontato l’emergenza? La
situazione non è stata semplice da gestire, soprattutto perché all’inizio le
informazioni sul virus erano scarse e frammentarie: non si sapeva quali
potessero essere le modalità di trasmissione e le metodiche per ridurre o
bloccare il contagio. A nostro vantaggio c’era invece il fatto che nella nostra
professione siamo sempre stati abituati a combattere contro le infezioni virali
– anche se interessano per lo più le vie ematiche o salivari –, quindi abbiamo
sempre adottato strumenti di protezione individuale che ci salvaguardano da
questo punto di vista: mascherine, dispositivi di barriera e schermo, camici
speciali e guanti. Chiaramente, poiché questo è un virus che si trasmette per via
respiratoria, abbiamo dovuto integrare le mascherine abituali con mascherine
particolari, FFP2 e FFP3, che assicurano un filtraggio del 95 per cento e una
notevole protezione.
La nostra è una delle professioni più a rischio, quindi le
precauzioni e i protocolli devono essere ancora più rigorosi che in qualsiasi
altro ambiente di lavoro.
Lei ritiene che le misure adottate durante l’emergenza
rimarranno in vigore per molto tempo? Alcune misure introdotte per ridurre il
pericolo di contagio possono rimanere anche quando la diffusione del virus sarà
ormai minima. Certo è che sarà difficile che rimangano in atto tutte le
precauzioni legate alla gestione del paziente, che in questo periodo sono
necessarie.
Che cosa prevedono in particolare? In sala d’attesa
deve esserci una sola persona alla volta, così come nell’area clinica, e, in
caso di minori che necessitano di accompagnatore, questo dev’essere lontano
dagli operatori e con mascherina chirurgica.
All’arrivo, il paziente deve riporre la borsa in un sacchetto
di plastica, disinfettarsi le mani e indossare guanti usa e getta. Al termine
di ogni seduta si devono igienizzare le superfici ed effettuare un ricambio
dell’aria; queste stesse procedure sono da adottare anche in sala d’attesa e
nelle altre aree dove il paziente passa e magari tocca oggetti o superfici.
Tutti i nostri pazienti sono comunque “selezionati” attraverso un triage sia
telefonico sia all’arrivo, quando si chiede loro di compilare un modulo in cui
si fa riferimento sia allo stato di salute attuale sia a quello precedente e sia
ai contatti avuti in precedenza, rimandando eventualmente le persone che
manifestavano stati di salute anormali.
La situazione attuale mette a dura prova anche noi medici,
che facciamo fatica a respirare con le mascherine FFP2 e FFP3. Quindi, siamo
costretti a fare sedute brevi e pause frequenti fra un paziente e l’altro,
anche per espletare le procedure d’igienizzazione dell’ambiente.
Avete avuto difficoltà a reperire le mascherine? Sì,
e purtroppo abbiamo avuto la prova che, in Italia, c’è sempre chi approfitta di
sciagure e di calamità: stiamo pagando cifre folli per le mascherine che usiamo
in quantità enormi, dell’ordine del 400 per cento in più. Non siamo stati i
soli ad avere avuto queste difficoltà. Ciò è accaduto anche in ambito
ospedaliero.
Le urgenze sono state molte, in questo periodo, nelle
vostre sette sedi? Sono state molte anche perché molti studi odontoiatrici
hanno chiuso completamente i battenti, e abbiamo dovuto fronteggiare le urgenze
di tutte le città dove abbiamo una sede, relative sia a situazioni croniche sia
ad altre acute e improvvise.
Inoltre, abbiamo dovuto fronteggiare le urgenze dovute alla
chiusura di strutture pubbliche.
Allora, dopo l’emergenza, è venuto il tempo del fare… Riguardo
al “fare”, ritengo che sarà una ripartenza un po’ lunga.
Le persone sono provate e spaventate, anche perché, da un
punto di vista economico, hanno risentito del lockdown: molti sono in cassa
integrazione, altri hanno perso il lavoro e altri ancora non sanno quando lo riprenderanno.
Se noi professionisti siamo più liberi di agire, la società invece non si è
liberata dagli effetti di questo virus.
Non si è ancora liberata dal virus dell’economia, mentre
l’altro virus si è indebolito… Dal punto di vista sanitario, tuttavia, c’è
ancora, soprattutto nella popolazione più anziana, il timore di esporsi. Sembra
che il 30 per cento della popolazione non si sente sicuro di uscire, mentre il
70 per cento che sarebbe disposto a farlo è un po’ frenato economicamente.
Quindi la situazione è tale per cui la vera ripresa si vedrà intorno a luglio.
Speriamo che le persone riacquistino presto la fiducia: man
mano che riprendono le attività, che riaprono bar, ristoranti, parrucchieri e
negozi, le persone, dopo questo lungo periodo vissuto in casa, dovrebbero sentire
di nuovo l’esigenza di uscire e di vivere in mezzo alla gente.