L’IMPORTANZA DELLE LAVORAZIONI MECCANICHE DI QUALITÀ NELLE MATERIE PLASTICHE
La vostra azienda produce manufatti in plexiglas da oltre
cinquant’anni e con l’avvento del Covid-19 avete ricevuto varie richieste di
questo materiale, come per esempio i nuovi dispositivi di protezione di cui le
aziende oggi devono dotarsi. Può indicare quali sono le differenze? Oggi
sono molto richiesti i pannelli di protezione per negozi, uffici e aziende. Se
un commerciante mi chiede un paraspruzzi come protezione dal coronavirus, non è
interessato ad avere anche la certificazione di quello che acquista, ma ha
bisogno di avere un pezzo di plastica trasparente che non abbia difetti.
Nell’industria delle macchine automatiche o negli ambiti scientifici, invece, è
necessario dotarsi di prodotti che abbiano specifiche caratteristiche e siano
composti da materiali di qualità certificata, come policarbonato, metacrilato,
polietilene, nylon e altri, quindi non acquista materiali di seconda scelta.
Il materiale di prima scelta è privo di materie rigenerate.
Il plexiglas, per esempio, è un nome commerciale, ma è composto da monomero di
prima scelta ricavato dal petrolio. Le lastre di plexiglas derivano da questo
monomero.
Tutti gli scarti delle lavorazioni sono poi recuperati e
rimescolati, quindi diventano materiali di seconda o di terza scelta, con
prezzi anche differenti. Noi acquistiamo soltanto materiale di prima scelta, in
modo da garantire ai clienti le certificazioni richieste. Anche se qualcuno,
specialmente adesso, compra qualsiasi cosa purché sia un pezzo di plastica
trasparente, io ho sempre lavorato puntando sulla qualità sia del prodotto sia
della manodopera. La fattura numero 2, del 20 ottobre1967, a quindici giorni dall’avvio
della mia ditta è intestata alla GD, leader mondiale di macchine per
l’imballaggio e con cui lavoro ancora oggi, è la prova della nostra serietà
professionale.
Con il metacrilato realizziamo anche prodotti di design
firmato da architetti.
Il materiale che noi utilizziamo rimane ancora trasparente
dopo vent’anni, mentre quelli di seconda e terza scelta ingialliscono dopo
pochi anni. Questa è la ragione per cui il nostro prodotto costa di più
rispetto a quelli di altri che realizzano prodotti apparentemente uguali.
Noi siamo famosi perché accettiamo le sfide delle produzioni
più difficili da eseguire, ottenendo soddisfazioni non soltanto economiche.
Qualche giorno fa, per esempio, mi hanno chiamato dalla sede di un importante
gruppo industriale italiano perché gli ingegneri della produzione avevano
bisogno di confrontarsi sulla produzione di un particolare meccanico in
metacrilato.
Mi hanno chiesto di dare un’occhiata al loro disegno tecnico
e pochi giorni dopo gli abbiamo consegnato il primo pezzo, guadagnando anche la
soddisfazione personale di riuscire a fare qualcosa per altri impossibile da realizzare.
Prima del Covid-19, si era tanto parlato di abolire la
plastica perché presunta inquinare l’ambiente. Qual è la tendenza attuale? L’inquinamento
è una cosa, la plastica è un’altra. Eliminare la plastica significa ritornare
indietro di cinquanta o sessanta anni. Mi chiedo che cosa pensiamo di
utilizzare per sostituire questo materiale, specialmente negli ospedali, in cui
tutto quello che viene adoperato per la cura del paziente è realizzato in
plastica. L’unica cosa che non è di plastica in ambito sanitario sono gli aghi.
L’inquinamento non è dovuto alla plastica, ma all’uomo, che rende inquinante la
plastica. Se la bottiglia di plastica viene gettata nel contenitore per essere
poi riciclata, la plastica non inquina; ma, se invece quella bottiglia è
abbandonata per terra, finendo nei fiumi o nel mare, allora la responsabilità
non è del materiale ma di chi lo utilizza.
La vostra azienda è rimasta aperta anche durante le prime
fasi dell’emergenza.
Come vi siete organizzati per rispondere alle richieste? Siamo
rimasti aperti perché rientravamo nei codici Ateco delle aziende che lavorano
le materie plastiche. Ma noi riforniamo anche i produttori di macchinari del
settore ospedaliero, quindi svolgiamo una funzione essenziale nell’ambito
medicale. Ma avrei lavorato ugualmente, anche senza il permesso del governo
italiano, perché alla fine del mese i problemi dei miei fornitori e dipendenti
dovevano essere risolti da me e non dal governo. Alla fine di marzo i miei fornitori
non hanno avuto insoluti e i miei dipendenti hanno ricevuto gli stipendi, e
alla fine di aprile è accaduto altrettanto, mentre dallo stato non è arrivato
ancora un euro. Per riuscire a fare fronte agli impegni assunti con i miei
fornitori e i miei dipendenti, quando il mercato era già in stallo, ben prima
che questa emergenza lo bloccasse completamente, sono stato costretto a
chiedere una mano ai miei amici.
Circa trent’anni fa l’influenza asiatica ha comportato
moltissimi morti.
Ma allora non c’era l’informazione che abbiamo subìto fino a
oggi e che ha comportato terrore e spavento, più che prevenzione: i paraspruzzi
non servono a molto contro il virus, soltanto stando all’aria aperta il
contagio può essere evitato. Spesso gli esperti interpellati sono quelli che
condividono le ideologie governative e talora sono considerati esperti anche
quelli che non operano in ambito medico: viene spesso intervistato in
televisione, come fosse un esperto, un noto commerciante di prodotti alimentari
e gastronomici politicamente schierato.
Perché non ha accettato di chiedere di procrastinare i
pagamenti a causa della crisi, com’è accaduto invece in alcune aziende di
grandi dimensioni? Con i fornitori ho un rapporto professionale da quasi
cinquant’anni.
Quando abbiamo avuto qualche problema, ne abbiamo parlato e
lo abbiamo risolto insieme. Sono sempre stato aiutato dai miei fornitori e ho
avuto risposte oneste, a differenza di quanto non sia accaduto da parte di
alcune banche. Dipende tutto dalla parola e dalla professionalità della
persona, è l’unico modo che abbiamo per riuscire.