PARLANDO, TROVIAMO IL TEMPO DEL FARE E DELLA TRASFORMAZIONE
Mai come nell’emergenza, abbiamo la prova che il fare e
la parola non sono in contrapposizione: le cose si dicono e, dicendosi, si
fanno. Senza l’interlocuzione che ALPI (Associazione dei Laboratori, Organismi
di Certificazione e Ispezione), di cui lei è presidente, ha instaurato con il
governo, chi avrebbe certificato la validità e la conformità degli stessi
dispositivi di sicurezza (DPI) che dovevano servire a contrastare la diffusione
del Covid-19? Il DPCM 22 marzo 2020 si compone di due articoli e di un
allegato che hanno sancito la chiusura delle attività produttive considerate
“non essenziali”.
Il codice Ateco n. 71, caratteristico del settore
dell’attestazione e valutazione della conformità (TIC: Testing, Inspection,
Certification), è fra quelli richiamati dall’Allegato 1, anche se, in una prima
bozza, le attività del settore non erano state considerate come essenziali. Si
trattava certamente di una svista, e anche pericolosa, se pensiamo alle attività
del settore a supporto delle analisi e delle certificazioni dei dispositivi di
protezione individuale, le famose mascherine. In questo senso, è stata vitale
la tempestiva comunicazione di ALPI che, tramite Confindustria, ha inviato un
documento di indirizzo al tavolo di lavoro dove governo e parti sociali stavano
discutendo circa le attività da autorizzare. Pensiamo al danno per la nostra
salute che sarebbe potuto derivare dalla chiusura dei Laboratori e degli
Organismi Notificati per l’approvazione dei DPI. Quanto alla nostra azienda, non
abbiamo tratto molti vantaggi economici nel rimanere aperti, considerando che i
nostri clienti operano principalmente in settori come l’aeronautico, l’automotive,
il racing e il manifatturiero in generale, tutti chiusi per decreto.
Tuttavia, la battaglia per la difesa dei laboratori non si è
ancora conclusa e ha dovuto prendere la strada della lotta alle contraffazioni.
Come ALPI, siamo stati informati dell’esistenza sul mercato di numerosi
certificati di valutazione della conformità contraffatti e utilizzati per
affermare la validità e la sicurezza dei dispositivi di protezione individuale
(DPI) e dei dispositivi medici. Comportamenti fraudolenti che mettono a rischio
non soltanto la sicurezza degli utilizzatori dei dispositivi, ma anche l’immagine
di aziende che operano da anni in modo etico e professionale nel settore. Per
questo, abbiamo raccomandato a tutti gli acquirenti di apparecchiature e
dispositivi medici (DPI) pubblici o privati, di verificare la validità dei
certificati di conformità, mettendosi in comunicazione con la nostra segreteria.
Purtroppo, ci stiamo accorgendo che la tendenza alla
contraffazione dei servizi di testing si sta diffondendo anche in altri ambiti,
oltre a quello sanitario: alcuni competitori di TEC Eurolab stanno spacciando sul
mercato servizi di una qualità scadente, che non risponde in alcun modo alla
reale esigenza del cliente, il quale però non ha le competenze tecniche per
capire che il servizio che gli è stato proposto come “estremamente conveniente”
rispetto a quello che noi eseguiamo a regola d’arte, in realtà, corrisponde al
nulla.
In che senso? Prendiamo, per esempio, un produttore di
componenti per automotive che debba analizzare le prestazioni di un materiale
da utilizzare nella costruzione del disco di un freno. Se si rivolge a
un’azienda come la nostra, che si è conquistata la fiducia di clienti
importanti in trent’anni di lavoro, non ha bisogno di mettere in dubbio l’affidabilità
dell’analisi, perché sa che abbiamo utilizzato le attrezzature più
all’avanguardia e abbiamo un team di esperti altamente specializzati per
interpretare con competenza i risultati. Se, invece, si rivolge a una realtà
nata dal nulla in un momento di guerra come quello che stiamo vivendo, in cui
sembra che il criterio principe per gli acquisti sia la convenienza economica,
butta i suoi soldi e mette a repentaglio la vita degli utilizzatori. Un
certificato contraffatto è quello che dichiara l’idoneità di un materiale,
anche se l’analisi è stata eseguita con strumentazioni che non sono in grado di
coglierne i difetti: quindi, dichiara che quel materiale o quel prodotto è privo
di difetti, soltanto perché l’operatore non ha le competenze richieste o non è
dotato di un’attrezzatura in grado di vederli. Allora, un produttore che oggi
si dice soddisfatto di un “affare” – perché ha pagato un’analisi un terzo di
quello che l’avrebbe pagata rivolgendosi a un laboratorio accreditato – deve
fare molta attenzione a quanto potrà costargli l’assenza di qualità,
soprattutto se il disco del freno si rompe mentre l’auto è in corsa.
A proposito di opportunità e minacce, mentre molti vostri
clienti erano chiusi per decreto e molti dei vostri cento collaboratori non
avevano analisi da svolgere in laboratorio, avete colto l’occasione per
compiere con il vostro staff un’altra analisi: proprio quella delle opportunità
da cogliere e delle minacce da combattere nei prossimi mesi e anni… È stato
molto importante mantenere un collegamento continuo con i collaboratori, anche
quando erano a casa e lavoravano soltanto per rispondere alle poche richieste
urgenti che ricevevamo. È stata un’idea di mio figlio Marco e ha consentito alle
persone di restare nel tempo del fare, anziché chiudersi nella paura del
contagio, come purtroppo è avvenuto per chi è rimasto fra quattro mura per due
mesi e mezzo.
Non c’è stata giornata in cui non ci fossero iniziative
aziendali, anche di formazione, che non potessero essere seguite da casa: per
esempio, i collaboratori ascoltavano i colleghi che raccontavano cosa fanno nel
loro reparto; abbiamo organizzato un corso di venti ore di additive
manufacturing, al quale partecipavano una settantina di persone, fra cui anche
i responsabili amministrativi.
Per cui abbiamo fatto l’impossibile per tenere impegnate
anche le persone che non si recavano al lavoro e mantenerle collegate con la
realtà dell’azienda. Aggiungo che, nelle attività di formazione, è stato
essenziale l’apporto di mio figlio Luca, che, proprio durante l’emergenza, ha
assunto la direzione della nostra Accademy.
A ciascun responsabile di reparto, invece, abbiamo chiesto
di compiere l’analisi cui lei faceva riferimento e sono emerse idee
straordinarie e progetti da mettere in campo subito, oltre a qualche sogno che
potrebbe rimanere nel cassetto per un po’.
Fortunatamente, con una squadra giovane, abbiamo ancora
tanta voglia di sognare, e in questo periodo ce n’è proprio bisogno.
Abbiamo mantenuto il nostro appuntamento ciascuna mattina
alle nove: nel quarto d’ora in cui, nei periodi di lavoro, facciamo il punto delle
occorrenze della giornata, durante l’emergenza, invece, facevamo il punto
proprio sulle idee e i progetti che emergevano dall’analisi dei nostri punti di
forza e di debolezza, delle minacce che dobbiamo affrontare e delle opportunità
che potremmo sfruttare, esplorando anche nuove tecnologie. È stato un lavoro essenziale,
da cui sta nascendo un’altra TEC Eurolab, che affronta in modo nuovo il mercato
e adotta un approccio differente anche nella comunicazione interna.
Può fare qualche esempio? In questo momento la
comunicazione dev’essere velocissima e costante, perché dobbiamo “spegnere l’incendio”:
noi, come la maggior parte delle aziende che hanno perso volumi importanti di
fatturato nei mesi scorsi – dal 30 all’80 per cento –, abbiamo l’urgenza di
tornare a livelli di mercato e di produzione che ci consentano almeno di
coprire i costi. Ai guadagni penseremo più avanti. Quindi, non possiamo permetterci
di sprecare neanche un minuto in comunicazioni ridondanti che comportano, per
esempio, giri di dieci mail fra un tecnico, un commerciale e un amministrativo,
quando potrebbero benissimo risolvere il problema con una telefonata di cinque
minuti.
Nel lungo periodo confidiamo di rimanere un punto di
riferimento per l’industria manifatturiera, perché abbiamo le migliori
competenze e tecnologie disponibili attualmente sul mercato europeo, e siamo
sicuri che i clienti che prediligono la qualità assoluta ci saranno sempre.
Quindi, ciò che metteremo in cantiere per i prossimi mesi fa
parte ancora degli schizzi preparatori, ma presto diventeranno proposte di
servizi nuovi che offriremo ai clienti.
La memoria non si cancella… Infatti, in questi giorni
ho scritto l’allegato al bilancio 2019 per la nostra società di revisione dei
conti e mi sono trovato a parlare di risultati in costante crescita che
esprimevano felicità, cose che ormai sembrano sepolte nel tempo. Eppure, era così
solo tre o quattro mesi fa, ma sembra un’altra era. La società di revisione
chiede inoltre di scrivere, nelle ultime righe, le previsioni per l’anno in
corso: quali previsioni? Per il momento, siamo agganciati al treno Italia e non
sappiamo dove ci porterà. Però, una cosa è certa, come diceva lei, la memoria
non si cancella e noi non siamo disposti a parlare la lingua dei furbetti e a
rinnegare i nostri valori. Ciò che inventeremo sarà sempre per migliorare la
qualità dei prodotti dei nostri clienti.