OCCORRONO LE CONDIZIONI PER LAVORARE, NON LE PROMESSE

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presidente di Palmieri Spa, Gaggio Montano (BO)

La tecnologia di rotazione Air Mover 3000, impiegata per lo Sparvo Tunnel della variante di valico nell’Autostrada A1, è stata una delle molte frecce al vostro arco che hanno decretato Palmieri Group leader mondiale nei settori tunneling e drilling. Quel tunnel, oggi in esercizio, è rimasto quasi deserto durante i mesi di lockdown per l’emergenza da coronavirus. Dal 4 maggio invece avete proseguito l’attività, seppure in maniera ridotta, grazie alla contrattazione con i sindacati e con la Prefettura da parte di sua figlia, Alessandra Palmieri. A qualche settimana dalla ripresa dei nuovi ritmi di lavoro, che nel frattempo avete svolto anche in modalità smart working, quali sono le sue valutazioni? Lo smart working funziona in alcuni settori, ma non negli uffici tecnici della meccanica, dov’è necessario parlare, confrontarsi, ascoltare e fare. Noi, per esempio, produciamo macchine su misura, per cui abbiamo bisogno di consultarci costantemente, invece lavorare in smart working rende tutto più difficile. Anche noi, come molte altre industrie, abbiamo registrato un calo del fatturato del 50 per cento. Con il propagarsi del Covid-19 è cambiato il metodo di lavoro. Il trasporto negli aerei da carico, per esempio, è effettuato a costi per chilo triplicati. Anche il trasporto marittimo adesso costa il doppio rispetto a prima. Questa pandemia sta lasciando una scia dietro di sé, come una cometa, e occorrerà ancora qualche mese prima che i ritmi lavorativi tornino com’erano prima del coronavirus. I cittadini di questo paese hanno ancora voglia di fare e d’investire, però occorrono le condizioni per poter lavorare, perché non bastano le promesse. Nell’ultimo mese sono stati distribuiti dalle istituzioni soldi che non ci sono e che poi dovranno essere restituiti dai cittadini e dalle imprese, la cui dichiarazione dei redditi sarà di zero guadagni. Noi quest’anno abbiamo anticipato ai dipendenti il pagamento della cassa integrazione, che poi ci rifonderà l’Inps. Però mi chiedo perché le industrie che hanno sede in altri paesi, e non pagano tasse in Italia, sono sostenute con soldi pubblici.
Adesso è proprio il tempo del fare … In questo momento stiamo facendo molti test per tutte le macchine prodotte.
Abbiamo inviato un’offerta in Brasile per una testa di taglio di 12 metri e 200 tonnellate di peso. Per il microtunnelling, quella standard ha un diametro di 1,6 metri e scava fino a 2 metri. Ne costruiremo sei, molto richieste in Germania, in Francia e in altri paesi nel mondo, ma anche in Italia per i metanodotti.
Oggi, invece, non è più il tempo di fare previsioni statistiche… Chi fa previsioni parla, a volte, vedendo le cose dall’alto del proprio scranno. Una decina di anni fa la Cassa Rurale aveva organizzato un meeting, invitando un docente dell’Università Bocconi, il quale affermava che l’artigiano doveva smettere d’investire in immobili, ma incrementare il lavoro della propria impresa. Ho ascoltato in silenzio e poi, quando mi è stato chiesto d’intervenire, ho ricordato che fino a qualche anno prima le banche dicevano agli artigiani, me compreso, di costruire un piccolo capannone con i mutui dell’Artigiancassa. L’economia e l’industria di questa montagna sono nate così, di capannone in capannone. Ma oggi sono invitati a parlare i professori che studiano i casi delle multinazionali. Però qui non ci sono multinazionali, perché produrre qui è più difficile. In Italia gli imprenditori lavorano nei loro capannoni come fossero le loro case.
Sono orgogliosi di aver potuto costruire il proprio capannoncino da 200 metri e, davanti, anche la casa.
Con i soldi del capannone costruivano anche la casa e pagavano il mutuo all’Artigiancassa. Allora, a proposito di questi esperti di statistiche e previsioni, mi viene in mente una battuta che diceva un personaggio nato nel 1800 e famoso da queste parti, che incontravo per strada quando ero bambino. Era soprannominato Rabacco perché gli piaceva bere. Per questo era dileggiato e, quando accadeva, lui rispondeva con parole che non scorderò mai: “Spesso la grande conoscenza diventa la grande arroganza”.
A volte bisogna rammentarli questi aneddoti: chi fa i conti senza sporcarsi le mani, non ha niente da insegnare, perché, come nota l’adagio “chi non fa non sbaglia”.