LA TENSIONE CHE AVVIA IL RITMO
La partita della salute, tema di cui apriamo il
dibattito, non è estranea all’impresa nella misura in cui questa offre
l’occasione di avviare un altro ritmo di vita, in direzione della qualità, a
chi intraprende la scommessa della riuscita.
Ecco allora che prodotti come profili, grigliati e lamiere,
reti, ricci, paletti e tubi in ferro, di cui fornite i settori più diversi della
manifattura e delle costruzioni da oltre cinquant’anni, acquisiscono un valore
ulteriore e imprescindibile non soltanto per l’economia dell’azienda e per il
programma della giornata, ma anche per la salute delle vostre imprese clienti e
dei cittadini… Un elemento spesso trascurato è che l’impresa assicura la
salute alla città grazie al valore aggiunto che apporta tramite il suo operare,
assicurando il lavoro a tanti cittadini, incrementando la formazione e
l’innovazione, generando profitto che migliora la qualità della vita del
territorio. Inoltre, nella nostra azienda abbiamo sempre contribuito alla
salute, sia attraverso donazioni a associazioni come ANT e AVIS di Budrio sia
sostenendo l’acquisto di mezzi e attrezzature alla Protezione Civile e ai
Vigili del Fuoco dei comuni di Medicina e Molinella.
Quest’anno, poi, abbiamo stipulato con la nostra
assicurazione un contratto per salvaguardare la salute dei nostri collaboratori,
in modo che gli sia riconosciuta una diaria mensile fino a mille euro a vita,
nei casi di infortuni o malattie inabilitanti.
Spesso ci si pone la questione della salute solo quando
interviene la malattia, come se la salute fosse data per scontata e si potesse
perdere, soprattutto svolgendo un’attività privata o imprenditoriale, creduta
“stressante” e a rischio di malattia.
Nella sua esperienza, allora, quanto ha contribuito alla
sua salute il lavoro in azienda? Le dico soltanto che, durante lo scorso
fine anno, ho soggiornato con la mia famiglia a San Candido per tre giorni.
Quando, il 29 dicembre, sono tornato a Bologna, stavo peggio di quando ero
partito. Sono quindi venuto in azienda alla domenica pomeriggio per i controlli
di routine: sono rientrato a casa in perfetta salute.
Inoltre, evidentemente non ero il solo a lavorare, perché il
31 dicembre abbiamo ricevuto la richiesta di un preventivo.
Ho incominciato a lavorare in quest’azienda da quando ero un
bambino di 6 anni, e poi, da quando ne ho compiuti 11, la giornata è scandita
dai ritmi del lavoro. Non saprei dire se lavorare in questa impresa abbia
contribuito alla salute.
Negli anni passati ho ottenuto molte soddisfazioni da questo
lavoro, ma oggi si sono ridotte notevolmente, a causa della burocrazia più che degli
impegni lavorativi. Quando il lavoro implicava soltanto fatica fisica ero
l’uomo più riposato e più felice del mondo. Invece, adesso che sono spesso in
ufficio, lavorerei più volentieri in magazzino per dare una mano ai miei
collaboratori e per incontrare i clienti, anziché essere bloccato dalle
lungaggini della burocrazia che dobbiamo smaltire in ufficio. Quindi, oggi non
so se ne valga la pena – penose sono le trafile che siamo costretti a fare per concludere
le pratiche – perché è più la fatica del gusto, si dice a Bologna.
Siamo al paradosso che sembra quasi di essere costretti a
tenere aperta l’azienda per garantire alla burocrazia di esistere: senza
l’iniziativa privata, infatti, mancherebbe anche il sostentamento ai pretesti
di cui la burocrazia si nutre. Fortunatamente, mio padre è riuscito a passare
il testimone dell’azienda circa 25 anni fa, quando ancora non c’erano le
problematiche che abbiamo oggi. La burocrazia, infatti, ha anche l’effetto di offrire
la possibilità ad alcuni clienti di non pagare o di non pagare alla scadenza.
La “frenesia” sempre più diffusa nella gestione degli ordini da parte delle
aziende dipende da questa burocrazia.
Lei dice che questa tendenza nelle aziende è effetto
della burocrazia? Quello che i medici chiamano stress dipende da questo
modo di lavorare, soprattutto negli ultimi anni, perché causa una tensione in
negativo.
Quando invece siamo protesi a fare cose costruttive e che ci
interessano, questa tensione è senza riserve e anzi avvia un ritmo nelle cose
che facciamo che sembra quasi infondere una nuova forza. Insomma, più carta
muoviamo, più passaggi facciamo e più aumenta la possibilità di commettere
errori. Se dobbiamo ripetere la stessa procedura ben quattro volte, allora
moltiplichiamo per quattro la possibilità di sbagliare.
Per un ordine preso in carico da una multinazionale il
giovedì, per esempio, inviamo il preventivo il lunedì successivo. Ma, a causa
dei continui scambi di mail per le modifiche, ogni volta occorrono giorni per
ottenere la conferma definitiva. Così, arriviamo al punto che il cliente chieda
la merce in magazzino senza essere riuscito a compilare il modulo per la
conferma d’ordine. E noi abbiamo già perso cinque giorni lavorativi prima di evaderlo.
Inoltre, a causa della burocrazia, qualsiasi cosa oggi faccia l’imprenditore lo
rende passibile di penalità, offrendo al cliente il pretesto per ritardare il
pagamento o per non pagare la fornitura. La serie di cavilli e procedure
burocratiche che una volta non c’erano oggi colpisce l’entusiasmo di lavorare e
frena l’attività delle nostre imprese. Non si può andare avanti così.
Quali sono allora le ragioni che la convincono a
continuare a investire nell’azienda? La ragione è offerta dal cliente, quando
ci chiama per ringraziare del servizio ricevuto o di aver contribuito alla
risoluzione dei suoi problemi. Accadono ancora queste cose, nonostante tutti i
pregiudizi contro l’impresa. Se non accadessero, avrei già messo sulla porta il
cartello “Chiuso. Si riapre domani”, rivolto a quei clienti che non riescono a
capire lo sforzo che facciamo per garantire un servizio efficace, quando, per
esempio, ci impegniamo a consegnare la merce la mattina seguente alla ricezione
dell’ordine urgente durante l’orario di chiusura al pubblico.