L’INGANNO DEL MULTICULTURALISMO
Il multiculturalismo è una componente del più ampio fenomeno
della correttezza politica. È un’ideologia che negli ultimi tempi ha
conquistato l’egemonia nel discorso pubblico in Occidente. Si abbattono le
statue di Cristoforo Colombo o di altri personaggi illustri della storia
occidentale, si cancellano dai programmi di studio gli autori classici per
sostituirli con sconosciuti esponenti di minoranze etniche o di genere. Nelle
università americane sono stati soppressi corsi un tempo prestigiosi sulla
civiltà occidentale perché accusati di essere etnocentrici.
Si incriminano e si processano gli scrittori, soprattutto in
Europa, per reati di opinione di nuova invenzione come l’incitamento all’odio,
la xenofobia, l’islamofobia; si riscrive la storia in senso filo-islamico per magnificare
una presunta grandezza dell’islam e viene gradualmente accettata l’introduzione
di norme della legge islamica nella giurisprudenza occidentale; in diverse
città storiche del vecchio continente sono state create enclavi islamiche in
cui vige la sharia; sono state rimosse croci da spazi sia pubblici sia privati;
vengono vietate le celebrazioni del Natale e di nostre altre feste tradizionali.
Si propagandano tesi antinataliste sulla base di tesi
ambientaliste e malthusiane (“siamo in troppi nel mondo, consumiamo troppe
risorse”) nei confronti degli occidentali, ma nello stesso tempo e in maniera contraddittoria,
si cerca in modo frenetico di ripopolare il continente europeo con masse di
persone provenienti dal continente africano o dal mondo islamico in base alla considerazione
che ci sono troppo pochi giovani e nessuno può pagarci le pensioni. Questi
fenomeni sono tutti manifestazioni ed effetti dell’ideologia multiculturalista.
Questa ideologia nasce negli anni venti del Novecento,
periodo in cui gli intellettuali marxisti si chiedono perché la rivoluzione
comunista abbia vinto in Russia, ma non riesce ad attecchire in Occidente. Due importanti
intellettuali, l’italiano Antonio Gramsci e l’ungherese György Lukács, arrivano
alla stessa conclusione: per realizzare il socialismo non basta conquistare gli
apparati dello stato, occorre conquistare anche la cultura. Mentre Lenin aveva
teorizzato la conquista della società tramite la conquista violenta dello
stato, Gramsci propone il procedimento inverso, cioè la conquista dello stato
tramite l’occupazione pacifica di tutte quelle istituzioni della società civile
che esprimono i valori culturali di una società, quindi, scuole, università,
case editrici, riviste, giornali, associazioni, sindacati, partiti, chiese.
Anche Lukács sviluppa queste idee nell’istituto che fonda nel 1923 a
Francoforte cui aderiscono importanti autori come Max Horkheimer, Herbert
Marcuse, Theodor W. Adorno, Erich Fromm e Wilhelm Reich; ma con l’avvento del
nazismo nel 1933 essi fuggono negli Stati Uniti e si stabiliscono a New York. E
da qui sviluppano la cosiddetta teoria critica, cioè la critica incessante a
tutti gli aspetti della società borghese e capitalistica: l’etica del lavoro,
la famiglia borghese, l’industria dei consumi, la pubblicità, la produzione di
massa, la televisione. Quindi, l’obiettivo di questi neo-marxisti diventa la liberazione
dalla repressione sociale indotta dalla società capitalistica e borghese.
Queste idee, anche grazie a Herbert Marcuse, il guru della contestazione
giovanile degli anni sessanta, si diffondono tra le generazioni, molto
numerose, nate nel baby boom che segue alla seconda guerra mondiale. Quindi,
possiamo ritenere che il multiculturalismo sia una versione culturale (quindi, non
economica, come nel marxismo classico), che inizia a diffondersi a livello di
massa negli anni della contestazione.
Il multiculturalismo è un’ideologia ingannevole: la sua
disonestà intellettuale si evince dal fatto che si nasconde dietro parole
suadenti come tolleranza e diversità, proprio come il comunismo si nascondeva dietro
parole come pace, democrazia, libertà e uguaglianza. A prima vista, l’idea
centrale del multiculturalismo appare molto ragionevole: è ragionevole che
tutte le idee, tutte le culture debbano essere considerate su un piano di
parità, debbano essere tutte trattate egualmente e senza discriminazioni. Però,
la realtà è ben diversa, perché i multiculturalisti sono i primi a non
rispettare questo principio, a non mettere sullo stesso piano tutte le culture,
perché le esaltano tutte in maniera acritica, comprese quelle dedite al cannibalismo,
salvo quella occidentale che sarebbe responsabile di tutte le nefandezze
possibili. Quindi, nelle versione diffusa dai multiculturalisti, la storia
dell’Occidente viene presentata come un’incessante sequela di crimini:
intolleranza religiosa, razzismo, colonialismo, imperialismo. Molti giovani
europei e americani hanno finito per assorbire questi insegnamenti, quindi si vergognano
di appartenere a una società così infame, che non avrebbe fatto altro che
sfruttare il resto del mondo, depredarlo, o saccheggiare l’ambiente naturale.
Ecco, quindi, da dove nasce il senso di colpa che molti occidentali provano.
L’ultimo esempio l’abbiamo visto con la capitana Carola Rackete, che si sente colpevole
di essere nata bianca e occidentale e si sente quindi in dovere di aiutare le
popolazioni sfruttate e sfortunate.
Ma a questo punto, dovremmo dire che cosa intendiamo per
Occidente, perché nella storia occidentale ci sono molte sfaccettature. Quando parliamo
di Occidente facciamo riferimento alle caratteristiche peculiari che lo hanno
reso differente da tutte le altre civiltà. Le altre civiltà hanno conosciuto
vasti imperi centralizzati dominati dalle burocrazie (Egitto, India, Cina,
Persia, il mondo araboottomano, Bisanzio, la Russia, gli Incas, gli Aztechi),
mentre soltanto nell’Europa occidentale, a differenza di queste altre civiltà,
si sono affermati l’individualismo, l’inviolabilità della proprietà privata,
una società mercantile, il capitalismo, la libertà di ricerca scientifica.
Possiamo riassumere tutti questi aspetti in una parola sola: liberalismo.
Infatti, come ha scritto lo storico libertario Ralph Raico in un saggio
pubblicato nel sito dell’Istituto Bruno Leoni intitolato La storia del
liberalismo e della società occidentale, il liberalismo classico (o, più
semplicemente, il liberalismo, come veniva chiamato fino alla fine del XIX
secolo) è la filosofia politica caratteristica dell’Occidente. Cioè, se noi
togliamo questa tradizione, non rimangono differenze tra l’Occidente e le altre
civiltà. Quando i multiculturalisti attaccano così fortemente l’Occidente, in
realtà, vogliono attaccare la filosofia politica caratteristica dell’Occidente,
ossia il liberalismo e il sistema economico caratteristico dell’Occidente, il
capitalismo, quel sistema economico che con la sua straordinaria produttività
ha consentito all’Occidente di surclassare e di sopravanzare tutte le altre civiltà.
E, di converso, quando noi difendiamo l’Occidente difendiamo la sua tradizione
filosofica peculiare, il liberalismo, e la sua tradizione economica, il suo
sistema economico tradizionale: il capitalismo. Questo chiarimento ci permette
di escludere dalla tradizione occidentale fenomeni come il nazionalsocialismo o
il comunismo (il nazionalsocialismo in una forma ancora più estrema e radicale),
che certamente sono sorti geograficamente in Europa, ma in realtà hanno
rappresentato una potente reazione di rigetto contro quegli elementi
individualistici, caratteristici della civiltà occidentale, che ho ricordato
prima. Però, non dobbiamo dimenticare che questi sistemi totalitari del
Novecento sono stati sconfitti dal liberalismo occidentale, non da altri
sistemi ideologici o da altre civiltà. Quindi, perché dobbiamo sentirci in
colpa? Questa capacità tutta occidentale di escludere, di relegare fuori dalla civiltà
i totalitarismi del Novecento è fondamentale per ridare fiducia all’Occidente e
per superare quel dilagante complesso di colpa sul quale prospera il
multiculturalismo.