LA SALUTE INTELLETTUALE: NON C’È PIÙ IDEOLOGIA DELL’INVIDIA
Alcuni libri non hanno nulla a che fare con la cultura e
definirli tali è uno schiaffo alla nostra civiltà, ai secoli di scienza, di
dibattito, di ricerca e di editoria che abbiamo ricevuto e che esigono una
restituzione, attraverso la lettura, come punta della scrittura dell’esperienza.
Allora, chiamiamoli, di volta in volta, manuali, libretti, opuscoli, guide,
trattati, cataloghi, carnet, etc. È il caso di un libretto di Miranda Gray
uscito in questi giorni, Il risveglio dell’energia femminile. Presentato
come una “guida essenziale per sostenere l’autentica natura femminile, la
guarigione energetica e il risveglio che si verificano attraverso la Womb
Blessing (la benedizione del grembo)”, non dovrebbe essere promosso come “un
libro fondamentale per tutte le donne”, ma soltanto per coloro che
intraprendono il cammino iniziatico per divenire Moon Mother e ricevono la
“benedizione” da Miranda, anche via internet.
Purtroppo, il nullismo dell’epoca è dilagante e,
nell’oscurantismo spiritualista alla ricerca dell’essere “autentico”, sguazzano
anche donne militanti nelle fila dei partiti populisti, che mirano al dominio
della provincia Italia. È un’ulteriore prova che dall’idea di salvezza procede
l’idea di pena, di male da estirpare per raggiungere la guarigione come stato di
bene-essere: il penalpopulismo fa della corruzione e del negativo il proprio cavallo
di battaglia, mettendosi sempre nel luogo della purezza e del positivo. Un
luogo, senz’altro, vicino alla terra, alla madre, all’origine, da cui vede e
stravede, accusando chi non si conforma al proprio ideale ed esecrando
l’anomalia. Come scrive Armando Verdiglione nel libro Il gusto dell’onestà (in
uscita per Spirali): “Quel che è invidiato si tramuta in segno d’impurità, di
corruzione”.
Ma perché l’invidia inquisitoria attacca l’industria, le
opere d’ingegno, la civiltà del secondo rinascimento? L’occhio dell’inquisitore
vede mondi fantastici da demolire per sventare l’inganno e far “cascare il
palco” dove esso “si è consumato”. L’inganno dell’immagine non identica a sé – leggiamo
Pirandello, Uno, nessuno, centomila – per l’inquisitore diviene intenzionalità
soggettiva da smascherare e da punire.
Eppure già l’etimo di invidia (dal latino in-video:
impossibile visio) indica come quest’ultima dissipi ogni visione piena,
totale, ogni idea che l’immagine sia identica a sé. Se l’invidia si tramuta in
malocchio, invece, vede il “fratello” come figlio eletto e deve gettargli fango
addosso per renderlo uguale. Senza i dispositivi di parola, dispositivi
pragmatici, dispositivi di ricerca e d’impresa, s’installa un sistema di
pensiero in cui l’invidia dilaga, sfociando nella guerra civile delle famiglie,
delle imprese e delle città, in cui l’uno differente da sé (il frater,
l’alter filius) non è ammesso, deve rappresentare l’uguale sociale che
giovi al sapere sociale e politico, al consenso sociale e politico e alla persuasione
sociale e politica. È un sistema religioso, che erige quella che Freud chiamava
la morale sociale sessuale, senza il fare e la sessualità come politica del
tempo e a vantaggio dell’erotismo.
Quanto erotismo nei culti misterici e iniziatici così
diffusi oggi in ogni angolo della provincia! Erotismo, ovvero, fantasma di
padronanza che tenta di addomesticare il disagio, di conciliare
l’inconciliabile, il due, l’apertura, per esempio, facendo delle donne le
rappresentanti del Divino Femminile, di “un’energia del grembo” che servirebbe
per la “guarigione universale”. Se il mondo è malato, corrotto, le donne hanno
la missione salvifica di purificarlo: è ciò che proclama Miranda nel suo sito e
in tutte le giornate mondiali di Womb Blessing.
Ma da che cosa dovrebbero guarire le donne? Dalla parola e
dai suoi effetti imprevedibili e impadroneggiabili: senza la parola, senza
l’umorismo, il motto di spirito e il riso, dovrebbero guardarsi negli occhi e
riconoscersi, capirsi (“siamo tutte portatrici di un utero, segno
dell’appartenenza alla natura, alla stessa grande madre terra, e, come lei,
siamo cicliche, abbiamo il ciclo”).
Quale salute può derivare da queste ricette facili facili,
da questi luoghi comuni in cui rifugiarsi per eludere la difficoltà della
parola? Grazie al pluralismo imperante, ognuno oggi può non soltanto dire
qualsiasi cosa gli passi per la testa, senza autorità e senza responsabilità,
ma anche, in nome del bene e della salvezza, scagliarsi contro chi invita
all’intelligenza e compie uno sforzo intellettuale cimentandosi nella
difficoltà della ricerca e nel rischio dell’impresa, nell’azzardo dell’incontro
e nella scommessa di divenire caso di cifra.
Il pianeta non sarebbe lo stesso se traesse la lezione del
secondo rinascimento dall’Italia e dalla cifrematica, la scienza della parola
che diviene valore assoluto. Invece, in ogni ambito della vita stanno
proliferando i facilitatori (anche le Moon Mothers si propongono come
facilitatrici di guarigione), che attaccano il pensiero come portatore di
malessere e prospettano una nozione di felicità da ottenere sbarazzandosi di
tutto ciò che fa ostacolo. Ma l’ostacolo assoluto è la condizione del viaggio
della vita, quindi anche della felicità. Non “tutto va e tutto funziona”, ma
“qualcosa non va e qualcosa non funziona”: questo l’ostacolo assoluto che
provoca la ricerca e l’impresa. Il facilitatore, che ti esorta a cambiare vita,
lavoro, partner, amici, appena enunci che qualcosa non va e qualcosa non
funziona, taglia corto e grosso, spaccia la soluzione e si mette al posto del
salvatore, finché non diventa a sua volta il daímon, da cui credeva di
averti liberato, e si dissolve nel nulla, come ogni daímon.
“Se esistesse la malattia mentale sarebbe l’invidia”, notava
Armando Verdiglione (“Il secondo rinascimento”, n. 24). Se esistesse, ci
sarebbe bisogno dell’inquisitore per liberare la strega dal diavolo. Ma non
esiste, e noi siamo in grado di elaborare l’invidia a vantaggio della salute intellettuale.