OCCORRE RITROVARE LA FIDUCIA E LA SOLIDARIETÀ
La sua azienda, attiva nel commercio di ferro e rottami dell’area
bolognese, è nata nel 1967, in un contesto industriale italiano in grande
trasformazione, e oggi la sua famiglia prosegue la tradizione.
Quali sono le constatazioni che trae dalla sua esperienza
nel settore? La Maccagnani Ferro è stata avviata dai miei genitori, Franco
Maccagnani e Carla Parini, alla fine degli anni sessanta a Budrio. Mio padre
aveva incominciato a lavorare all’età di 15 anni come corriere nella ditta Lodi
& Maccagnani, avviata dal nonno, Amedeo Maccagnani, nel 1948.
Nell’Italia del dopoguerra, in cui c’era tutto da costruire,
per riuscire bastava fare. In quegli anni, la solidarietà era molto diffusa e
chi era in difficoltà veniva aiutato a proseguire, mentre oggi, al contrario,
le aziende sono aiutate a chiudere. Io sono il terzo di cinque figli, tutti
impiegati nell’azienda di famiglia e come mio padre, ho incominciato a lavorare
appena undicenne. Ma alcuni clienti che serviamo ormai da cinquant’anni ricordano
ancora che già all’età di 5 o 6 anni andavo a trovarli con mio padre. Oggi, con
l’avvento dei manager e del cosiddetto cambio generazionale all’interno delle
imprese, l’incontro è vincolato allo standard cliente-fornitore più che alla
fiducia reciproca: l’Italia che aveva fame di riuscita è stata costruita da
uomini che collaboravano nello spirito di amicizia fondata sulla stima, anche fra
concorrenti.
Quale lezione le ha lasciato suo padre? Eravamo in
sette in famiglia e ciascuno pranzava in orari diversi, per cui parlavamo poco
fra noi. Credo che non abbiamo mai fatto nemmeno una cena di Natale tutti
assieme. Però, mio padre mi ha sempre detto che quello che non è nostro è di
qualcun altro e quindi non si tocca, a proposito di onestà. Inoltre, diceva che
la parola data deve valere più della firma di un notaio e questo è anche ciò
che sto cercando di trasmettere ai miei figli.
Mio padre è stato un lavoratore instancabile. Mezz’ora prima
di lasciarci, a 85 anni, il 24 aprile dell’anno scorso, è stato ritratto dalla
telecamera di sicurezza mentre controllava l’azienda prima di chiuderla e
andare in bicicletta a fare la spesa per mia madre, che si muove in carrozzina.
Lui, che aveva viaggiato molto, faceva tutti i conti a
memoria e andava nelle banche e negli uffici postali per effettuare i
versamenti quotidiani e, quando c’era un errore, era il cassiere che aveva sbagliato.
Lui ha sempre rispettato e amato a modo suo noi figli, ma neanche in occasione
di ricorrenze e di celebrazioni è riuscito ad abbracciarci, come invece si vede
fare adesso, forse in modo eccessivo.
Cosa è cambiato da quando lei ha incominciato a lavorare
in azienda? Noi abbiamo aumentato via via la gamma dei prodotti in
magazzino per soddisfare una fascia sempre più ampia di clienti, fornendo
ferro, acciai da costruzione e vari tipi di lamiere profilate per l’edilizia,
la meccanica e l’agricoltura. Inoltre, noi forniamo materiale per riparazioni,
perché il nostro bacino d’utenza è Budrio e circa 50 chilometri dell’area
limitrofa.
Siamo stati anche fornitori del progetto italiano di una
base nell’Antartide e siamo distributori esclusivi per Bologna di cardini,
ruote, cremagliere e cuscinetti di Rolling Center.
Prima gli ordini avvenivano anche sulla parola e tutto
procedeva bene, mentre adesso, nonostante il preventivo scritto e l’ordine
firmato, è facile il ricorso a cavilli burocratici, di cui poi noi dobbiamo
addossarci la responsabilità.
Quindi, spesso mancano serietà e professionalità,
soprattutto nelle imprese molto strutturate, che impiegano tre mesi per
confermare il preventivo, mentre noi in tre giorni dobbiamo evadere l’ordine,
in un clima frenetico tale che sembra di essere al Pronto soccorso. Sembra
quasi di parlare con persone che, nonostante abbiano acquisito lauree e master,
sono chiuse in schemi rigidi, che verrebbero meno se avessero acquisito l’esperienza
del ragazzo di bottega, sicuramente carente di nozioni teoriche, ma molto più
orientato alla conclusione pratica. Questo modo di lavorare, che non permette
di fare programmi a medio o lungo termine, è l’applicazione del modello
just-in-time di Toyota Motor Corporation, nato negli anni cinquanta in Giappone.
Quante normative sono sorte da quando avete aperto
l’azienda nel ‘67? Troppe. Siamo obbligati a effettuare la prevenzione
incendi in base alle dimensioni dell’azienda, non prescritta invece per la tipologia
del prodotto che vendiamo. Abbiamo dovuto mettere al centro dei magazzini un naspo
come quello che utilizzano i pompieri, nonostante, qualora scoppi un incendio,
riusciamo a spegnerlo tranquillamente perché il ferro non brucia. Ci sarebbe da
scrivere un libro sugli aneddoti relativi alla burocrazia che pesa sulle nostre
aziende.