IL 4.0 ESIGE L’APPORTO DEI COLLABORATORI
La trasformazione dei processi produttivi in atto non
implica più soltanto una valida formazione tecnica, ma un nuovo approccio alla
produzione che tenga conto del viaggio dell’impresa e che nessuna intelligenza
artificiale potrà sostituire. Può darci testimonianza della riuscita e
dell’approdo del vostro viaggio nella produzione di stampi per materiali termoplastici?
Per produrre ciascuna volta uno stampo unico è necessario che nella fase di
costruzione l’apporto del progettista sia simultaneo a quello del tecnico. La
formazione tecnica, quindi, non è mai acquisita una volta per tutte, ma
interviene strada facendo.
Più difficile è, invece, abituare chi opera nell’azienda a
scambiare le informazioni e a trasmettere agli altri quanto ha imparato. Questo
non è scontato: in tempi di crisi, alcune imprese che avevano una storia
cinquantennale hanno dovuto riorganizzarsi, per non essere costrette a
chiudere. Ma le resistenze da parte degli stessi collaboratori spesso hanno
frenato la riuscita di quelle imprese. Oggi, per esempio, il cambiamento che
implicano i canoni di Industria 4.0 non può essere imposto.
Non basta modificare gli assetti organizzativi dell’azienda,
se manca la collaborazione da parte di chi vi opera. Credere il contrario, e
cioè che basti applicare nuove procedure per riuscire, comporterebbe
regolamentare in modo burocratico la produzione, com’è già avvenuto alcuni anni
fa con le certificazioni di qualità. Anche allora, le aziende che trovavano maggiori
difficoltà ad adeguarsi ai nuovi canoni imposti furono quelle in cui non
avveniva la trasmissione dell’esperienza e lo scambio d’idee tra i
collaboratori.
In ciascuna impresa è necessario capire quali siano gli
aspetti che possono essere utili alla sua trasformazione.
Questo è possibile, però, partendo sempre dai collaboratori,
non soltanto dalla quantità degli investimenti.
Sono convinto che sia difficile che un consulente o un
manager esterno assolvano questo compito, proprio perché esso richiede la
lungimiranza tipica dell’imprenditore italiano, che, a differenza dei nostri politici,
deve valutare la strategia industriale in base al suo progetto industriale e a
quel che accade nel mondo, più che in Italia. Inoltre, nessuno meglio
dell’imprenditore è in grado di cogliere i punti di forza per la riuscita
dell’azienda, ma occorre coinvolgere subito i collaboratori e cercare di capire
quali possono essere le obiezioni, distinguendole dai reali impedimenti. In
altre parole, è necessario che i collaboratori siano abituati anche a pensare
la trasformazione dell’impresa in cui operano.
Spesso, la difficoltà non è soltanto ideare il progetto
dello stampo, a cui il disegnatore e l’operatore dovranno attenersi, ma è
nell’intermezzo fra le due fasi. È fondamentale, quindi, l’intervento dell’operatore
che dovrà poi costruire lo stampo… Non possono esserci regole scritte mentre
lo stampo è in costruzione, perché nella nostra azienda lavoriamo ancora con
uomini e non con robot.
In un’impresa molto strutturata, in cui il lavoro è regolato
per mansioni distinte in processi produttivi standardizzati, la preoccupazione
potrà anche essere quella di applicare delle regole. Ma la fase della
progettazione è così importante da determinare circa il 20 per cento del valore
dello stampo. Il progettista indica cosa occorre perché lo stampo sia
efficiente, ma, prima di arrivare a questo punto, è necessario eseguire una
serie di elaborazioni meccaniche con precisioni tali che, se mancano, si
rischia di pregiudicare la riuscita dell’intero progetto, nonostante questo sia
stato ideato con perizia assoluta. Potrà sembrare assurdo, dal momento che tutto
il settore meccanico è governato dalla logica delle tolleranze cui dobbiamo attenerci
quando costruiamo, ma, in questo settore, non siamo ancora riusciti a trovare
un sistema di tolleranze uniforme per tutti.
Quanto è importante per la riuscita, allora, un approccio
globale alle fasi di costruzione da parte dell’operatore? È decisivo.
Mentre esegue il progetto, l’operatore deve valutare quale può essere la
tolleranza più adatta affinché quello stampo possa funzionare senza problemi.
Ciascuna volta, infatti, lo stampo deve essere pensato a seconda della funzione
per cui è programmato, per questo motivo non si applicano tolleranze standardizzate.
Il momento della consegna dello stampo costituisce l’approdo, nella misura in
cui risponde alle aspettative del cliente, anche se spesso non sono mai così
chiare.
Chi ci chiede di costruire uno stampo, infatti, conosce
tutto quello di cui ha necessità, ma non sa come ottenerlo.
Cosa decide, allora, la riuscita dello stampo? È la
navigazione durante le fasi del progetto e della costruzione.
Durante tutta la navigazione, le piccole cose indicate nel
progetto, che l’operatore interpreta nella fase delle prove, conducono
all’approdo allo stampo perfetto. È grazie alle invenzioni e alle valutazioni,
alle critiche e alle discussioni fra gli operatori che questo viaggio giunge
all’approdo.