L’APPRODO: IL TRAMPOLINO PER UN ALTRO VIAGGIO
Nel 2015, grazie all’esperienza acquisita lavorando per
vent’anni nell’Officina Meccanica Bartoli, fondata da suo nonno nel 1961, lei
ha scommesso su una storica realtà modenese nota per la tornitura dei metalli, l’Officina
Bertoni Dino Srl, cambiando rotta e portando il team a specializzarsi in
lavorazioni meccaniche, quali la brocciatura e la stozzatura, indispensabili nella
realizzazione di componenti meccanici per l’industria automotive e racing, per
quella delle macchine agricole, nonché per l’installazione di macchine automatiche
nelle fabbriche di qualsiasi settore manifatturiero.
La riuscita è indispensabile nella meccanica di precisione
in ciascuna lavorazione.
In che modo interviene invece l’approdo nella vostra
esperienza? Qui si apre una questione che non riguarda soltanto il nostro
lavoro, ma l’approccio con cui ciascuno affronta la vita. La differenza tra la
riuscita e l’approdo è come quella tra il viaggio in sé e il posto verso cui si
è diretti.
Molti pensano che sia più importante viaggiare piuttosto che
approdare da qualche parte, anche perché non esiste un approdo definitivo. La
riuscita nel nostro lavoro deve esserci ciascun giorno: come diceva lei,
ciascuna lavorazione deve riuscire, non c’è alternativa. Poi, facendo,
acquisiamo tanta esperienza e approdiamo a livelli sempre più alti di
competenza tecnica, ma non possiamo mai credere di avere raggiunto tutto il
sapere possibile per risolvere tutti i problemi che dovremo affrontare da lì in
avanti, perché conta l’esperienza in atto, non quella già vissuta: è sempre una
nuova esperienza, che richiede nuove risposte e uno sforzo intellettuale incalcolabile.
Facciamo l’esempio di qualcuno che parte per l’esplorazione
del Mediterraneo: all’inizio prevede alcune tappe, poi, viaggiando, scopre che
ci sono tappe intermedie e le affronta con un approccio più scientifico perché
ne fa esperienza, anziché semplicemente immaginarle come aveva fatto
all’inizio. Così, nel lavoro, man mano che aumenta l’abilità tecnica, si forma
una sorta di percorso irregolare, a spirale, in cui spesso facciamo riferimento
a esperienze analoghe compiute da altri, perché noi umani capiamo le cose in
maniera paradigmatica. Questo non vuol dire che nel nostro lavoro non ci sia il
pensiero, anzi, a volte mi sorprendo a paragonarmi con i presocratici.
Leucippo, Democrito, Anassimene e Anassimandro cercavano la
realtà assoluta delle cose, non una loro natura divina o metafisica.
Anassagora, poi, cercava i semi, le qualità di tutte le cose, e diceva che era
l’intelletto, il nοῦς, a mettere ordine distinguendo i vari semi fra loro
opposti. Tra parentesi, la curiosità intellettuale portò Anassagora ad adottare
un approccio che oggi chiameremmo scientifico in quanto basato sull’esperienza,
anziché sulle credenze religiose, ma lo portò anche a essere processato per empietà
e costretto a lasciare Atene.
Questo per dire che il sapere che non sia al servizio del
potere costituisce una minaccia, nel 400 a. C. come ai giorni nostri. E accade
che anche nelle piccole aziende si creino centri di potere basati sui “segreti”
del mestiere, che non giovano all’approdo, anzi, rappresentano blocchi allo
sviluppo di un’azienda. Di esempi ce ne sarebbero tanti: il meccanico anziano
che non insegna al giovane o il magazziniere che sa soltanto lui dove mette le cose,
pensando così di essere insostituibile.
Coloro che si considerano gli unici depositari della scienza
e della tecnica sono come dighe che fermano il fiume, non per aprirsi quando qualcuno
ne fa richiesta per irrigare i campi, ma per ammazzare i pesci, desertificare il
territorio e impoverirlo: intendono l’approdo come definitivo, anziché come
trampolino per andare oltre, mettendosi in gioco nel flusso del divenire.
La realtà della lavorazione dei metalli è nata insieme al
primo metallo e si alimenta da millenni. Fino a pochi decenni anni fa, il
mestiere dovevi rubarlo, nessuno te lo insegnava e non c’era un posto in cui
potevi andare a impararlo. Poi, è arrivato Internet, che permette di trovare
tanti trampolini da cui partire per un’ulteriore ricerca, più scientifica, più
accurata di ciò che c’interessa. E questo vale per qualsiasi campo di ricerca,
non soltanto per gli ambiti tecnici. All’interno di un’attività produttiva che
fa riferimento all’esperienza di centinaia di migliaia di viaggi già compiuti, ci
si accorge che le cose richiedono di farsi in una maniera sempre un po’
differente dalla precedente e questo genera una spirale, non una linea retta,
dove le cose se ne stiano in ordine gerarchico o in successione.
Ecco perché l’approdo non è mai definitivo, perché noi
viviamo in un divenire incessante.
Allora è giusto puntare all’approdo, ma come trampolino per
altri approdi e bisogna essere pronti ad adattarsi alla situazione che è
richiesta in quel momento.
E non è una questione di scelta: è l’occorrenza a
indicare dove andare… La direzione deriva dal trampolino, dal punto di
partenza, è quello che ti fa decidere, ma la decisione non è mai certa, e
neanche il risultato della tua decisione. Quindi noi viviamo in un equilibrio
instabile da cui procede il divenire, il quale contribuisce al sapere, alla
scienza e alle opportunità.
Nella vita, ciascuno constata che esiste questa incertezza e
che è proprio questa incertezza, questo divenire costante a dare la spinta per approdare
alla qualità.
Ecco perché è essenziale la diffusione dei risultati
scientifici. La grande velocità nello sviluppo delle tecnologie informatiche e
telematiche è dovuta anche al fatto che non ci sono veri e propri copyright
tecnologici, come quelli che invece frenano lo sviluppo della ricerca chimico farmaceutica.
A causa dei brevetti milionari di alcune case farmaceutiche, per raggiungere il
medesimo approdo, non si possono percorrere le strade già battute da qualcun
altro, quindi il viaggio procede più lentamente perché deve trovare sentieri secondari,
spesso accidentati e impervi.
Per fortuna, ormai sono state sdoganate tante formule
chimiche e questo ha consentito l’immissione sul mercato di farmaci generici, i
cosiddetti farmaci da banco, ma anche la possibilità di far avanzare la ricerca
per inventare farmaci meno dannosi e più efficaci per la salute. Maggiore è la
diffusione della scienza e maggiore è la possibilità di approdare a risultati
importanti per l’umanità. Il confronto è essenziale alla crescita e allo sviluppo:
non c’è verità e non c’è vita, senza il confronto.
In che senso, la verità esige il confronto? Se, come
constata la cifrematica, la verità è un effetto della parola, non può esistere
la verità senza il confronto: chi presume che basti parlare con se stesso bara,
perché ognuno è sempre d’accordo con se stesso e gli unici effetti che può
sperimentare sono quelli di essere cullato dal suono delle parole, spesso
nell’autocompiacimento di avere raggiunto traguardi più o meno ambiziosi, ma
pur sempre frutto di compromessi con se stesso.
Soltanto nel confronto e nell’incontro ciascuno può
avvertire effetti di verità e constatare che c’è approdo alla qualità delle
cose che si fanno.