L’INQUINAMENTO VA COMBATTUTO, I CAMBIAMENTI CLIMATICI DEVONO ESSERE CAPITI

Immagine: 
Qualifiche dell'autore: 
professore emerito di Fisica dell’atmosfera all’Università di Ferrara, già direttore dell’Istituto per le scienze dell’atmosfera e del clima

Nei suoi interventi, lei insiste che nella valutazione delle variazioni climatiche non ci si può basare sulle osservazioni metereologiche. Perché? Per intendere le questioni legate al clima, occorre partire da una distinzione tra meteorologia e climatologia, spesso confuse: la meteorologia riguarda il tempo del giorno o della settimana, la climatologia lavora su scale temporali che vanno da decine di settimane a milioni di anni. Considerando i dati dal 1860 fino ai giorni nostri, la climatologia constata che la temperatura è di pochi decimi di grado sotto la media fino al 1930, poi presenta una certa stazionarietà, fino a un aumento tra il 1945 e il 1980, e ancor più, ma sempre di pochi decimi di grado, fino al 2000, e oltre. Ma se passiamo dai cento anni a una carrellata più indietro nel tempo (basandoci su indizi, perché i termometri sono stati usati in tutte le parti del mondo solo dagli inizi del 1800), partendo dall’anno 1000, constatiamo che nel periodo dal 1300 al 1650, chiamato piccola età glaciale, c’è una differenza di un grado abbondante. Però, se andiamo ancora indietro nel tempo, con intervalli di tempo maggiori, i gradi di variazione di temperatura sono molti di più (si veda grafico 1), e crescono quando gli intervalli sono di 120.000 anni e oltre.
Da che cosa è determinato il clima terrestre? Secondo la fisica, il Sole e la Terra si scambiano energia sotto forma di fotoni. Il Sole fornisce alla Terra una radiazione elettromagnetica visibile, mentre la Terra emette una radiazione infrarossa invisibile verso lo spazio esterno. Si chiama albedo la frazione di radiazione che viene riflessa, la Terra ha un albedo circa del 30 per cento distribuita su tutta la sfera. Ma gli scambi tra Il Sole e la Terra sono determinati da varie questioni: la Terra ha un involucro che si chiama atmosfera e il Sole ha una struttura granulare (come un liquido in ebollizione), è sede di esplosioni nucleari, ha una pressione enorme nella parte centrale e poi presenta le macchie (sulla proporzione tra il numero di macchie solari e la variazione della temperatura si veda grafico 2). Le radiazioni arrivano sulla Terra che, a sua volta, emette radiazioni, come ciascuna cosa su di essa, noi compresi, nella traccia infrarossa dello spettro.
Noi constatiamo la presenza di gas (tra cui l’anidride carbonica, CO2: 21 per cento circa), e di particelle di aerosol, che provocano l’effetto serra.
La radiazione infrarossa, che parte dall’interno per andare verso l’esterno, incontra nell’atmosfera i gas biatomici (il metano, l’aerosol, l’ozono), va avanti e indietro, riscalda l’atmosfera e rende possibile la vita sulla terra: se la Terra non avesse il suo involucro, noi avremmo una temperatura di -18 gradi centigradi.
Dunque, il clima varia perché varia la quantità di radiazione che arriva al top dell’atmosfera e perché varia la composizione dell’atmosfera. La variazione della radiazione atomica dell’atmosfera, a sua volta, è dovuta a processi astrofisici e astronomici, e questa è la parte di causa naturale, perché abbiamo visto che il Sole ha la sua variabilità, che si combina con quelle del campo magnetico terrestre.
Tra le cause astronomiche troviamo l’eccentricità della Terra intorno al Sole, che varia per effetto gravitazionale di tutti gli altri pianeti e varia perché l’asse terrestre, sul piano dell’ellittica, fa un angolo che a sua volta è una variazione. Queste variazioni seguono i cicli di Milancovič, dal nome dell’astronomo che li ha individuati e che li ritiene causa dei grandi cicli del clima di 450.000 anni. La seconda causa, la variazione della composizione atmosferica, può essere suddivisa in cause naturali – l’interazione tra le diverse componenti che condizionano il clima: eruzioni vulcaniche, circolazione atmosferica e oceanica, fenomeni come il Niño – e cause antropiche: aumento del gas serra per gli incendi e per l’uso combustibili fossili, emissioni di aerosol in atmosfera e diverso scostamento del terreno.
Il vapore acqueo ha un’influenza sull’effetto serra 30 volte maggiore rispetto alla CO2, e l’influenza dell’uomo sulla CO2 è del 5 per cento. Ne emerge che la possibilità che l’uomo possa influenzare il clima è praticamente nulla… Aggiungerei un argomento che è tipicamente fisico, quello della cosiddetta saturazione dell’anidride carbonica. Nei modelli di alcuni scienziati, viene raddoppiata la CO2, e salta fuori l’aumento del riscaldamento. Ma questo è un effetto di modello, perché l’idea che raddoppiando la CO2 raddoppi il riscaldamento cozza contro la teoria della saturazione delle bande.
Molti fisici sostengono, ma non ci sono ancora prove di laboratorio, che per questi effetti microgravitazionali delle molecole, a un certo punto, si arrivi a saturazione. Cioè, anche con il moltiplicarsi della concentrazione di CO2 non riscontriamo un effetto proporzionale sulla radiazione serra.
Questo è uno dei tanti argomenti di cui occorrerebbe occuparsi di più. Ci sono grandi gruppi di centinaia di scienziati in Giappone, Germania e Stati Uniti che dovrebbero approfondire questi aspetti che non possono avere solo una risposta modellistica.
Occorre incrementare la ricerca, anche aumentando le missioni spaziali dedicate al clima, che per ora sono piuttosto scarse.
Oggi viene demonizzata la CO2, ma l’aumento della temperatura non è un dramma. Ai tempi della Roma antica c’erano due gradi in più. Inoltre, l’aumento della CO2 potrebbe portare maggiore piovosità in zone che sono aride. Già adesso la CO2 ha prodotto un aumento della zona verde. Se noi aumentiamo la CO2 incrementa la produttività delle colture: se si diminuisse la CO2 si passerebbe, in India e Indocina, da tre raccolti all’anno a due. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), costituito dall’ONU, persegue valutazioni politiche più che scientifiche? I protocolli di Kyoto e i provvedimenti che ne sono derivati non hanno portato a una diminuzione della CO2. Perché si ostinano a insistere con questa strategia, mentre, d’altro canto, le ricerche sulla fusione fredda vanno a rilento e, quando chiedo agli esperti di energia quante sono veramente le riserve fossili, non riesco a ottenere risposta? Insisto che occorre impegnarsi sugli aspetti dell’inquinamento che sono misurabili, non sulle previsioni climatologiche incerte: mentre sull’innalzamento del livello dei mari abbiamo controversie terribili, l’inquinamento, dal satellite, si può misurare bene. Secondo me, bisognerebbe voltare pagina completamente rispetto all’IPCC e incominciare in questi accordi internazionali a occuparsi della tutela dell’ambiente planetario. Implicitamente, questo potrà avere effetti positivi anche su quegli aspetti relativi al clima, che ci saranno, ma che non sono certamente quantificabili.
Il passato ci mostra variazioni di temperature e le cause naturali di queste variazioni, mentre il principio di precauzione non è un principio scientifico.
Io non voglio uscire dal mio ambito della fisica dell’atmosfera, però non ritengo giusto far dipendere decisioni strategiche così importanti da asserzioni che sono solo modelli parziali.
Precauzione vuol dire che, pur non sapendo ancora come sarà il clima, poiché può darsi che siano esatti gli scenari proposti dall’IPCC, occorre stabilire una serie di proibizioni, di vincoli che abbattono l’economia.
Invece il discorso sull’inquinamento è essenziale e possiamo essere aiutati dalle nuove tecnologie, dalle tecnologie della comunicazione, dall’internet delle cose (IoT: Internet of Things), dalle nanotecnologie. Anche l’aumento della popolazione mondiale è un argomento serissimo: miliardi di persone che vogliono avere il nostro stesso consumo di energia. Allora, bisogna dire che non commettano i nostri errori e che non ci sia un’idea di felicità così oppressiva per il pianeta.
Non ci sono ragioni per fare catastrofismo.
Ci sono ragioni per approfondire le questioni e basarsi su quello che è scientificamente dimostrato. Occorre una maggior tutela e attenzione alla diminuzione dell’inquinamento, una tutela di un sistema che sia meno energivoro senza avanzare proposte traumatiche.
C’è una correlazione diretta tra temperature e macchie solari. Chi lo rileva viene fatto passare per negazionista. Questo negare l’evidenza in maniera aprioristica e dogmatica è assurdo ed è strano che su questi argomenti sembri evaporata la razionalità che sempre distingue gli scienziati… La mia vita da geofisico è un po’ amareggiata da quel che succede nella situazione italiana, quando, invece, negli Stati Uniti il geofisico è rispettato.
Qui da noi dobbiamo sentire pareri di Premi Nobel che devono pontificare su ogni cosa. Chi non ha approfondito la ricerca in un ambito dovrebbe essere più cauto, non può entrare nei dettagli di una tematica scientifica e fare il maître à penser solo perché è uno stimatissimo ricercatore nelle particelle elementari o nella struttura della materia.