OGNI VITA HA UN VALORE CHE NON CONOSCIAMO
Lei dirige a Trento la sede di Mix Markt, una delle
catene di supermercati più importanti in Italia per la qualità dei prodotti
alimentari dell’Europa dell’Est.
Qual è la sua esperienza nel settore? Lo slogan “Mix
Markt. La certezza della qualità” indica che nei nostri negozi è possibile
acquistare prodotti alimentari prepararti secondo le ricette originarie dei
paesi dell’Europa orientale, ma anche specialità fresche come salmone, caviale,
salumi e formaggi. Noi serviamo clienti provenienti dai paesi dell’Europa occidentale
e orientale, come Ucraina, Romania, Polonia, Lituania, Georgia, Armenia,
Bulgaria, Moldavia e anche dalla Russia. Sono felice di vivere in Italia,
perché è un paese in cui è diffusa l’attenzione alla qualità.
Perché lei ha deciso di vivere in Italia? Io e la mia
famiglia siamo arrivati a Trento nel settembre 2015, perché avremmo avuto la
possibilità di migliorare le condizioni di salute di mio figlio, Igor. Quando è
stato ferito in Ucraina, io lavoravo già in Italia. Ci siamo rivolti, quindi,
ad un’associazione cristiana collegata con la sede a Trento, che, insieme alla
Regione Trentino Alto Adige, ha offerto a Igor l’opportunità d’incominciare un
percorso riabilitativo in modo da non essere costretto a letto, ma avesse la possibilità
di spostarsi, anche grazie a una speciale sedia a rotelle costruita a Venezia
apposta per le sue necessità.
Mio figlio è stato colpito durante i primi mesi della guerra
incominciata cinque anni fa per l’annessione del Donbas alla Russia e oggi deve
essere assistito ventiquattrore su ventiquattro. I medici dicono che è tetraplegico,
ma ogni vita ha un valore che noi non conosciamo. Io, da sola, non avrei avuto
la possibilità di seguirlo. Non avrei mai pensato che questa situazione mi
desse anche tanta forza per andare avanti. Sono grata al mio titolare,
Volodymir Bekish, che mi ha sostenuta in questi anni e che ha donato a Igor
anche un’automobile speciale che gli permette di visitare l’Italia sulla sua
carrozzina. Sono molti i giovani ucraini che a causa della guerra sono nelle
condizioni di Igor.
Oltre all’Italia, anche altri paesi hanno dimostrato una
grande solidarietà europea, fra cui Austria, Germania e Polonia, accogliendo
questi ragazzi nelle loro strutture sanitarie.
Igor, lei vive in Italia da circa quattro anni. Può
raccontarci com’è incominciata questa nuova esperienza? Ho 25 anni e non
sono più tornato in Ucraina dal 28 settembre 2015.
Nel novembre 2013, era scoppiata la protesta dei cittadini
contro la sospensione da parte del Governo dell’accordo di libero scambio fra Ucraina
e Unione Europea. Quando in Ucraina sono iniziati i problemi con la Russia,
dopo la rivoluzione di Maidan, nessuno si aspettava questo attacco ed eravamo
impreparati. Non capivamo cosa stava accadendo, era difficile credere che il
mio paese fosse coinvolto in una guerra, perché non aveva problemi con nessun
popolo.
Inoltre, avevo incominciato da poco l’addestramento e venivo
da studi che in Italia potremmo definire d’arte, per insegnare ai bambini a
comporre con le mani. Ero uno studente universitario d’ingegneria pedagogica quando
sono entrato nella base militare, il 14 ottobre 2013, e pochi mesi più tardi,
nel 2014, è scoppiata la guerra. Durante quei mesi, ricevevamo ordini di
spostarci in diversi luoghi per difendere il nostro paese.
L’Ucraina cercava di proteggere le sue frontiere in tutti i
modi possibili, impiegando tutti gli uomini di cui disponeva e, quindi, anche
giovani come noi, inesperti della guerra. In quest’occasione, il 1° ottobre
2014, sono stato colpito da una recluta del mio gruppo che non era ancora pratica
con le armi, come del resto molti altri giovani che non avevano ancora
imbracciato un’arma. Da quel momento sono stato per più di tre mesi in
rianimazione e ho dovuto sottopormi a diversi interventi per avere la
possibilità di parlare e di respirare, fino a quando non sono arrivato in
Italia.
Dove le piacerebbe andare, se tornasse in Ucraina? È
una domanda difficile. Forse mi piacerebbe tornare nella città in cui abitavo
negli ultimi anni della mia vita normale, Ilviyu. Amo il mio paese, che però
oggi è devastato dalla corruzione, e i problemi nel settore sanitario mi
renderebbero impossibile tornare, nelle mie condizioni attuali.
I medici dicono che occorre tanta pazienza per proseguire il
percorso riabilitativo. A chi mi dice che sono stato fortunato, perché posso
ancora parlare, muovere gli occhi e pensare liberamente, rispondo che guardare,
parlare e pensare è troppo poco per un ragazzo di venticinque anni.