IMPRENDITORI, NON ASPETTATE: L’AVVENIRE È IN ATTO
Nella sua introduzione, Anna Spadafora notava che “le
imprese e le loro associazioni non possono esimersi dalla battaglia per
dissipare la mentalità burocratica”. In che modo? “Con i dispositivi di
parola”. Ebbene, sia nella Poggipolini – azienda meccanica di famiglia con sede
a Bologna, di cui sono direttore esecutivo – sia nel Gruppo Giovani di
Confindustria Emilia, di cui sono presidente, constato che la parola è
imprescindibile per affrontare le difficoltà che incontriamo ciascun giorno.
L’azienda di famiglia, fondata nel 1950 da mio nonno,
Calisto Poggipolini, si è posta fin da subito l’obiettivo di rispondere alle
esigenze di competitività delle nostre eccellenze e, già nel 1970, ha
incominciato a produrre i primi bulloni speciali in titanio, un materiale
innovativo sconosciuto in Italia, con particolari caratteristiche meccaniche e
di riduzione del peso. Nel 1976 è diventata partner dei più grandi marchi del Moto
GP, nel 1984 fornitore ufficiale Porsche per i motori turbo TAG della McLaren e
nel 1988 della Ferrari Ge.S., instaurando una solida collaborazione che
continua tuttora. Negli ultimi anni, è diventata fornitore di riferimento in
aeronautica e automotive e, oggi, oltre il 50 per cento del fatturato è
prodotto nel settore aerospace.
Le trasformazioni che sono intervenute hanno richiesto un
lavoro notevole con la parola, soprattutto per la formazione dei nostri
collaboratori verso un nuovo approccio, perché siamo passati da un mercato
estremamente demanding, con consegna in 24 ore, con componenti ad
altissima precisione, da sviluppare in collaborazione con il cliente, a un
mercato molto più complesso – che richiede certificazioni e requisiti
particolari –, sul quale, tuttavia, siamo riusciti a trasferire la nostra
cultura.
Com’è risaputo, le aziende della meccanica oggi non hanno
nulla a che fare con quelle che si vedevano in Tempi moderni di Charlie
Chaplin: si lavora in camice bianco, in ambienti con una pulizia forse
superiore a quella degli ospedali. Eppure, l’imprenditore è ancora considerato
come qualcuno che sfrutta i lavoratori. Anche per questo, come Gruppo Giovani, abbiamo
assunto il compito di diffondere la cultura d’impresa nelle scuole, oltre che
nelle università e nelle altre istituzioni abituate a lavorare con noi.
Ma, forse, non stiamo facendo ancora abbastanza, dobbiamo
aumentare il nostro impegno nel portare sotto gli occhi di tutti ciò che le
imprese rappresentano, e dobbiamo dirlo a voce alta: senza imprese non esiste
futuro.
Questo va ricordato anche a Roma, se il nostro governo non
ha ancora capito che il vero motore dell’economia siamo noi imprenditori, noi
imprese, a tutti livelli, e non soltanto le grandi aziende, ma anche le piccole
e medie, fino agli artigiani.
Quello che chiediamo noi imprenditori è lavorare in
grandissima flessibilità e non essere ostacolati nella crescita, sbloccare gli
strumenti che possono consentirci d’investire e di rischiare anche di più,
oltre che abbattere il cuneo fiscale: queste sono le cose fondamentali. Per il
resto, sappiamo che non saremo certo noi a cambiare la pubblica
amministrazione, possiamo soltanto cercare di ragionare con il governo per
capire quali possano essere le azioni da mettere in campo. Tuttavia, negli ultimi
due o tre anni, anche la stessa Confindustria è stata poco ascoltata dal
governo, e questo è un elemento che deve farci riflettere.
L’attività che stiamo portando avanti in Confindustria ha
fra i suoi obiettivi primari quello di conoscerci meglio, perché la sinergia
che possiamo creare tra noi imprenditori del territorio, valorizzando le nostre
imprese, è fortissima. A questo proposito, ricordo lo splendido progetto del
Competence Centre, che sorgerà a Bologna e sarà un esempio concreto di
collaborazione proficua tra imprese di dimensioni differenti in sinergia fra
loro e con l’università. Sarà anche la prova che si possono evitare i blocchi
della burocrazia nella ricerca e si può lavorare meglio insieme, cercando di
proteggere le proprietà intellettuali e i brevetti, come accade all’estero. Nei
distretti e nei cluster con cui collaboro, in Olanda e in Inghilterra,
differenti competitors, come per esempio Boeing e Airbus, lavorano insieme
senza alcun problema, al di là dei progetti e della partita che giocano fuori
dai centri di competenza, con i loro fornitori, che tuttavia sono addirittura in
condivisione.
Se riusciamo a imparare da questi modelli – e il Competence Center
potrebbe essere l’occasione giusta – possiamo crescere molto di più,
nell’eccellenza, lavorando su prodotti e specializzazioni che possono aumentare
le nostre marginalità, compensando gli alti costi che sosteniamo a causa della
non competitività della pubblica amministrazione.
Concludo invitando gli imprenditori a non attendere di avere
certezze per investire, perché attendere vuol dire lasciare le opportunità ad
altri concorrenti, magari di altri paesi, che arrivano prima sul mercato. E qui
il compito di Confindustria sta anche nel fornire agli associati gli
aggiornamenti sui finanziamenti regionali, nazionali ed europei, che sono
complessi da ottenere, ma esistono, e occorre tenerne conto, accanto alle fonti
di credito classico, che stanno diventando sempre più rare.