QUALE ECONOMIA, QUALE FINANZA, QUALE IMPRESA PER LA RIUSCITA?

Qualifiche dell'autore: 
ingegnere, responsabile Ricerca e Sviluppo di SIR, Modena

La crisi economica e produttiva in cui la società occidentale è precipitata viene da lontano e prende le mosse da errate scelte e comportamenti che hanno coinvolto tutti i principali attori in gioco, dal privato cittadino al sistema finanziario, dalle nazioni alla globalità planetaria nel suo complesso. Coloro che in questi ultimi anni hanno lavorato nell’industria si sono resi conto che il sistema non poteva autosostenere una produzione così massiccia e un livello d’indebitamento generale così diffuso. Malgrado ciò, illustri economisti, sulla base di osservazioni puramente teoriche, hanno continuato a sostenere sino a pochi mesi dal crollo che tutto procedeva nella giusta direzione e che per la nostra società si prospettavano anni di benessere globale: gli stessi che ora pretendono di conoscere la data esatta in cui il sistema mondiale si riprenderà e potremo tornare a sperare in un futuro migliore. In realtà le analisi teoriche lasciano il tempo che trovano e noi, che economisti non siamo ma che produciamo beni reali e tangibili, abbiamo una visione ben diversa di quanto è accaduto e di come tutto questo si evolverà. Come asserito precedentemente, tutti gli attori hanno contribuito a creare questo momento buio: dai singoli cittadini, che si sono indebitati oltre misura per soddisfare bisogni effimeri, adagiandosi nel benessere crescente e vivendo ben al di sopra delle proprie possibilità, passando per il sistema formativo, incapace di consegnarci una classe dirigente e lavorativa di qualità e al passo con i tempi, arrivando infine al sistema paese, attanagliato da uno stato fondato sullo spreco del denaro pubblico. Senza entrare in particolari, tutti quanti sappiamo cosa è accaduto nel mondo della finanza, gestito in modo incredibilmente garibaldino, causando di conseguenza l’impoverimento progressivo di società, imprese e singoli cittadini. Se da un lato le banche sono state incapaci di finanziare e sostenere le imprese con progetti seri ed innovativi, da un differente punto di vista, anche noi imprenditori abbiamo le nostre colpe. Qualcosa è infatti andato storto nelle imprese, a causa di errate scelte industriali e organizzative, imperniate su strategie orientate al breve termine e al conseguimento del massimo profitto, che hanno portato al parziale smantellamento del patrimonio produttivo e a una crescente delocalizzazione della produzione. Il modello della piccola e media impresa, che tante soddisfazioni ci aveva portato, è stato sminuito nel suo valore, mentre si è dato uno spazio eccessivo alle multinazionali, dimenticando che queste sono spesso interessate non a una vera e sana crescita, ma solamente ai numeri nell’ultima riga del bilancio. Alla figura dell’imprenditore, capace di rischiare, di investire affinché la propria azienda possa crescere e godere di buona salute nel lungo termine, di guidare la propria creatura con amore, abbiamo preferito quella del manager arrembante: i cosiddetti “signori dalle scarpe a punta”, come amiamo definirli, capaci solamente di presentarci diagrammi di flusso conditi di paroloni in inglese, ma privi di quel senso imprenditoriale che ha trasformato tante nostre officine artigiane in aziende apprezzate a livello internazionale. In poche parole, abbiamo sostituito l’arte del fare con quella del dire e dell’apparire.

Ma in che scenario andranno ad operare gli attori della nostra società alla fine di questo spaventoso crack, che prospettive avremo nel “dopo” e che armi dovremo usare per riuscire a vincere questo momento? Sicuramente il singolo cittadino dovrà tararsi a un livello di benessere inferiore, applicando alla famiglia una gestione economica reale e concreta. Il sistema formativo, d’altro canto, dovrà adeguarsi e crescere, recuperando quella qualità della formazione necessaria a consegnarci i manager di domani. Il sistema bancario e finanziario dovrà fondarsi su una finanza reale, trasparente, oculata e i patrimoni del singolo e delle aziende dovranno essere gestiti con la cura di un buon padre di famiglia: siamo ancora lontani da un modello bancario che sappia divenire reale strumento di sviluppo, capace di finanziare le imprese con progetti e prodotti innovativi e nel contempo concreti. Solo con l’apporto di tutti potremmo ricostruire un tessuto produttivo lacerato e allo sbando, ricostruzione che dovrà necessariamente passare attraverso la rivalutazione della figura del sano imprenditore. È chiaro che le aziende, più che i singoli, si trovano in questo momento in una situazione di estrema sofferenza: nel sistema produttivo, la crisi si concretizza nel calo degli ordinativi, nell’annullamento dei margini operativi, nella dilazione dei pagamenti, spesso addirittura non onorati, il tutto aggravato dalle banche che hanno ristretto sempre maggiormente il credito e da un sistema paese incapace di trovare misure reali ed efficaci per rilanciare l’economia. Tutto ciò porterà nel breve termine alla riduzione dell’occupazione e alla chiusura di molteplici attività: come combattere tutto questo? Noi crediamo che le aziende dovranno investire in ricerca ed innovazione, malgrado la minore liquidità, per non farsi trovare impreparate al momento della ripartenza, penetrando in nuovi settori, migliorando al contempo prodotti e servizi, ma anche innalzando qualitativamente la professionalità di dirigenti e maestranze. La stessa struttura organizzativa dovrà essere rivista e acquisterà un’importanza fondamentale abbattere i costi e gli sprechi di ogni tipo: è interessante sottolineare come non tutto il male venga per nuocere e come questa crisi rappresenti da un certo punto di vista una grande opportunità per guardarsi dentro e migliorarsi. È chiaro che come aziende siamo tutti calati nel sistema nazione e sarà quindi importante che la politica corra in aiuto del nostro patrimonio: i modi sono tanti e forse scontati, eppure sembra che niente si muova per creare reali opportunità. Tutto dovrà passare attraverso la gestione oculata del denaro pubblico, la riduzione degli sprechi, il miglioramento delle infrastrutture, il rilancio delle grandi opere, la creazione di fonte energetiche alternative. Crediamo che, solo tramite la riduzione degli immensi sprechi che tutti abbiamo sotto gli occhi, vi sia il denaro sufficiente per innescare una spirale positiva di lavoro ed occupazione. Poiché nulla sarà come prima, il motto dovrà essere “fare sistema”, a tutti i livelli: non dovremo più essere prigionieri del vizio tipicamente italiano di darci da soli la zappa sui piedi e di incolpare sempre chi produce vera ricchezza, cioè l’industria. Il recupero dell’orgoglio dell’italianità, della sua genialità e fantasia è un passo fondamentale per il rilancio di questo paese; nel suo piccolo, SIR ha coniato uno slogan semplice ma emblematico, che campeggia in tonalità tricolore su tutti gli impianti che stiamo realizzando: “Cuore Italiano”. È un modo genuino per affermare che ci sentiamo orgogliosi di essere italiani, di possedere un background tecnico che forse nessun paese occidentale è in grado di riprodurre. Ovviamente anche la nostra azienda sta conoscendo un momento difficile, e il motivo è presto detto: esiste una forte correlazione tra diffusione della robotica e sviluppo industriale; in sostanza, l’andamento delle vendite di robot industriali è un buon indice di ciò che avverrà nell’immediato futuro. Il trend tende a calare prima del sopraggiungere di una crisi globale ed è invece incline a salire con qualche mese di anticipo rispetto alla ripresa: le aziende investono in automazione quando intravedono uno spiraglio di luce in lontananza e si preparano quindi ad aumentare la produzione.

Per preservare la struttura dell’azienda nei momenti difficili, SIR sta operando alcune scelte che potranno apparire banali, ma che in realtà risultano fondamentali: innanzitutto un estremo coinvolgimento di tutta la forza lavoro, al fine di far sì che ogni singolo impiegato, dal dirigente alle maestranze, si senta parte di un team, responsabilizzato a portare il proprio contributo per il superamento delle difficoltà. Questo avviene ad esempio attraverso riunioni settimanali in cui tutti sono invitati e in cui la dirigenza illustra le iniziative di volta in volta intraprese per far fronte alla situazione. A ciò si aggiungano opportune misure per la difesa del livello di occupazione, quale la riorganizzazione delle mansioni interne. A livello di contenimento dei costi, SIR si sta impegnando in un recupero dell’efficienza pari almeno al 10-15 per cento, in tutti i settori coinvolti, dalla fase di progettazione degli impianti a quella di costruzione. Questo ci permetterà di poter offrire a prezzi più bassi, condizione necessaria per riuscire ad ottenere un portafoglio ordini sufficiente in un momento in cui lo stesso prezzo di vendita diviene un’arma fondamentale per la sopravvivenza. A ciò si aggiunga la cancellazione di qualsiasi spesa non necessaria, accompagnata da una riduzione dei costi di fornitura pari almeno al 7 per cento e da una globale ritrattazione di prezzi e condizioni di vendita. La ricerca di fonti di finanziamento rappresenta l’ennesima operazione attuata per garantire a SIR una maggiore competitività al momento della ripartenza del mercato, un restart che sarà tarato a livelli e valori di vendita inferiori che in passato.

Da un punto di vista prettamente commerciale, al fine di poter disporre di maggiori possibilità, SIR si sta ulteriormente internazionalizzando, grazie al potenziamento della rete commerciale italiana ed estera, non solo a livello europeo ma anche extracontinentale. Al fine di diversificare la produzione per non lasciarsi cogliere impreparati da un nuovo momento difficile, svincolandosi in parte dal settore applicativo che più risente della crisi mondiale, ovverosia l’industria dell’automobile, la nostra azienda sta attuando una forte penetrazione in nuovi mercati, che conosceranno dal punto di vista dell’automazione un notevole sviluppo nell’immediato futuro: il primo di questi è la pressopiegatura della lamiera tramite robot, dove SIR ha già progettato layout complessi con alimentazione alla rinfusa assistita da sistemi di visione artificiale e nuove tecnologie di programmazione virtuale completamente automatizzate. L’altro settore nascente è rappresentato dal processo di lavorazione dei sanitari: grazie alla costituzione della società Whitech, che vede compartecipate SIR, la capogruppo SITI B&T e la bresciana Garroll, sarà possibile offrire impianti completi capaci di coprire la fabbricazione dei sanitari in tutti gli aspetti del flusso produttivo, giungendo quindi alla definizione di veri e propri “stabilimenti automatici”. La collaborazione sinergica fra le tre aziende permetterà infatti di realizzare applicazioni per la manipolazione e la finitura robotizzata degli elementi, controllati tramite opportuni sistemi ottici di ispezione (competenza SIR), per la preparazione di impasti e materiali, per la cottura e la movimentazione automatica con veicoli a guida laser comprensiva di sistemi di stoccaggio (SITI B&T Group), per il colaggio, l’essicazione e la smaltatura (Garroll).

Ma SIR si sta muovendo anche sul fronte del prodotto, orientandosi verso la realizzazione di applicazioni con elevato valore aggiunto rispetto alla concorrenza ed affrontando al contempo notevoli investimenti in ricerca e sviluppo, allo scopo di disporre di un pacchetto di nuove tecnologie per la robotica del futuro. In tale fase, tutto il personale viene coinvolto nella ricerca di nuove idee e l’ambizione della direzione aziendale è quella di trasformare i propri uomini in veri e propri cacciatori di soluzioni. La divisione R&D sta attualmente lavorando su interessanti progetti di robotica avanzata: primo fra tutti, un nuovo sistema di visione artificiale capace di dotare i robot di capacità sensoriale in qualsiasi condizione ambientale. Tale strumento diviene quindi l’organo ottico della macchina, consentendo ai robot di localizzare e afferrare oggetti nello spazio tridimensionale o di ispezionarne i difetti più microscopici. La nuova generazione di robot industriali con sensoristica pseudo umana si è spinta fino alla realizzazione, in collaborazione con la tedesca Schunk, di una mano antropomorfa per la manipolazione di elementi, dotata di 7 gradi di libertà e di sensori di forza con retroazione attivata in base alla pressione di serraggio. Questo significa, in parole povere, che la nuova mano può comportarsi esattamente come un arto umano, capace di afferrare oggetti fragili con delicatezza per evitare rotture o di applicare automaticamente una forza più notevole nelle operazioni in cui questo dovesse risultare necessario: si pensi all’avvitamento di una lampadina nel proprio bulbo, operazione che presuppone delicatezza nella fase iniziale e una maggiore forza applicata man mano che la lampadina scende lungo il filetto. Il reparto ha recentemente realizzato sistemi avanzati di simulazione virtuale dei robot, che permettono la programmazione delle macchine comodamente seduti dinnanzi al proprio PC, grazie ad una rappresentazione tridimensionale delle stesse, il tutto senza interrompere la produzione e in tempi estremamente ridotti. A ciò si aggiungono nuove celle di assemblaggio ad elevata precisione e ripetibilità di movimento: l’ultima applicazione nata in casa SIR consente il montaggio di componenti per pompe per idroguida con tolleranze di 3 micron, implementazione sino ad ora impensabile per un robot antropomorfo industriale.

Risulta quindi chiaro che le strategie messe in campo da SIR per riuscire a superare la difficile congiuntura siano molteplici e capillari: noi siamo convinti che, grazie ad esse, non solo riusciremo a garantire la sopravvivenza della nostra azienda, ma la porteremo ad un livello di efficienza e competenza ancora più elevato. Se da un lato possiamo affermare che nessuno possiede una formula esatta per superare in sicurezza questo momento, d’altro canto la riuscita passerà per forza di cose attraverso un fattore fondamentale: l’uomo. In conclusione, serviranno uomini capaci e preparati per realizzare il cambiamento che ci porterà in una nuova economia e in una nuova industria.