I CLIENTI HANNO BISOGNO DEL SUPERFLUO
Soltanto qualche decennio fa l’impresa era considerata
un’entità che nasceva per rispondere ai cosiddetti bisogni concreti di
potenziali clienti e si credeva che la riuscita dipendesse quasi esclusivamente
dalla capacità di offrire prodotti e servizi ad altissimo valore aggiunto,
soprattutto in anticipo rispetto alla concorrenza. Il viaggio straordinario di
TEC Eurolab – incominciato nel 1990 come laboratorio di analisi metallurgica,
che, offrendo sempre le tecnologie più avanzate, è divenuto centro di
eccellenza europeo per i controlli non distruttivi – è la prova che i clienti hanno
bisogno non soltanto del necessario, ma anche del superfluo… Innanzitutto,
per intendere questa distinzione dobbiamo analizzare il termine “superfluo” o
“superflusso”, dal latino “super”, oltre, e “fluxus”, flusso. Superfluo,
quindi, sarebbe ciò che “fluisce oltre”, ma questo non comporta automaticamente
che sia “oltre il necessario” o che sia inutile.
Soltanto se immaginiamo una misura, un recipiente ideale,
allora, attribuiamo al superfluo una quantità esagerata di cui non c’è bisogno.
Qualcuno potrebbe sostenere, per esempio, che l’opera d’arte appesa alla parete
di questo ufficio sia del tutto superflua e ininfluente rispetto al business
dell’azienda.
Ma siamo sicuri che la nostra conversazione sarebbe la
stessa se non ci fosse quell’opera o avvenisse in un ambiente spoglio e poco
accogliente? Anche chi svolge attività di laboratorio che richiedono
attrezzature adeguate, competenza, precisione e attenzione estreme non può
essere indifferente al contesto in cui opera, alla luce, alle piante, ai colori
delle pareti, ai colleghi che lavorano a pochi metri di distanza e a tanti
aspetti che, dal punto di vista tecnico, non sono certo considerati
indispensabili nella sua pratica di analisi dei materiali o di controlli non
distruttivi.
Allora, credo che la necessità del superfluo abbia attinenza
con l’intangibile, con tutti quegli aspetti che non sono scritti nelle
procedure di esecuzione di un’attività, come, per esempio, la cultura generale
di chi esegue una prova di laboratorio, la sua predisposizione, il suo
entusiasmo e il suo coinvolgimento nello svolgimento di quella prova, tutte
cose che vanno oltre la sua preparazione tecnica. L’approccio che ciascun
tecnico adotta nel lavoro e nei dispositivi con i colleghi e con i responsabili
di reparto influenza l’esito dei processi e condiziona il clima aziendale.
Nella prima fase di industrializzazione, ai tempi della catena di montaggio, il
capo reparto non si poneva il problema della misurazione del clima aziendale e
l’esito dei processi era giudicato soltanto a partire, per esempio, dal numero
di bulloni che un operaio riusciva ad avvitare nei tempi prestabiliti. Oggi, per
fortuna, man mano che i compiti più ripetitivi e pesanti sono eseguiti dai
robot e il lavoro sta divenendo sempre più intellettuale, il superfluo sta
acquistando un’importanza mai avuta prima nell’impresa.
Certo, è difficile definire che cosa sia superfluo. L’arte,
per esempio, è superflua, una statua non serve per dare da mangiare alla gente,
tuttavia, può farlo attraverso i processi di valorizzazione che mette in moto:
il museo che la custodisce fa pagare il biglietto a chi entra per ammirarla,
vende le sue riproduzioni fotografiche, i gadget e tutti gli oggetti che la
rappresentano, e così via. In realtà, il superfluo non è mai inutile, le cose
hanno un’utilità differente in funzione della persona e dei contesti in cui
sono inserite. Se domattina il mio ufficio fosse assegnato a un’altra persona,
probabilmente sostituirebbe l’opera d’arte alla parete con qualcos’altro,
perché per lei non avrebbe lo stesso valore che ha per me, che l’ho
commissionata e l’ho vista nascere.
Voi siete sempre stati pionieri nell’acquisizione di
tecnologie che potevano essere considerate superflue in quel momento, rispetto
alle richieste dei clienti, come la prima macchina per la tomografia
industriale, nel 2014, e, oggi, l’acceleratore lineare, esemplare unico in
Europa. In che modo gli investimenti che non sono strettamente necessari al
business corrente influiscono sulla crescita di un’azienda come TEC Eurolab? I
settori in cui lavoriamo – in particolare, l’automotive, l’aeronautico e il biomedicale
– devono affrontare continue sfide per raggiungere traguardi sempre più alti,
per cui noi affianchiamo i clienti, lavorando in sinergia con i loro team dalla
ricerca e sviluppo fino al controllo qualità. Nei nostri 5000 metri quadrati di
laboratori operano oltre novanta ingegneri e tecnici specializzati in
metallurgia, prove meccaniche e di affidabilità, analisi chimiche, failure
analysis, controlli non distruttivi, rilievi dimensionali, ispezioni,
formazione e certificazione. Per offrire alle circa 1500 industrie che si
rivolgono a noi ogni anno il massimo della tecnologia disponibile sul mercato,
il trend di investimenti si è ulteriormente rafforzato negli ultimi anni, e
questo ci è valso a divenire centro europeo di riferimento per l’additive
manufacturing.
Proprio lo scorso mese abbiamo collaudato il nuovo
acceleratore linea-re, un tomografo industriale da 6.000 kV, dieci volte più potente
di ogni altro CT scanner presente in Italia, che consente di analizzare con la
massima accuratezza dimensioni e difettosità di componenti a elevato spessore in
acciaio, Inconel, cromo-cobalto e altre leghe pesanti.
Gli investimenti per acquisire nuove attrezzature o
competenze, a volte, rispondono a un’esigenza immediata dei clienti, ma spesso,
come in questo caso, sono orientati al futuro, perché sono frutto di una valutazione
basata su ricerche di mercato o su intuizioni che non possono dare la certezza
matematica del risultato. Tuttavia, finora, il tempo ci ha dato ragione, anche
in virtù del nostro impegno a “educare” i clienti ai nuovi servizi che può
offrire la nuova strumentazione acquisita.
Non è facile e non è immediato, a volte occorrono mesi o
anche un anno prima che un nuovo macchinario sia utilizzato a pieno regime,
soprattutto se è innovativo per il settore e gli stessi tecnici devono
acquisire le competenze in modo da associare le problematiche del cliente al
nuovo servizio, che, essendo sconosciuto, non è richiesto.
È chiaro che, nel momento in cui un’azienda acquista una
macchina con una potenzialità molto superiore alle richieste del mercato, può
sembrare un investimento superfluo, nel senso di uno spreco di risorse, almeno
finché rimane poco utilizzata. L’impressione di avere perso tempo, a volte,
interviene anche nell’acquisizione di competenze, quando si segue un corso o si
fa una ricerca pensando che sia utile per il proprio lavoro e poi si rivela irrilevante.
Ma non si poteva sapere prima, occorreva entrare nel merito della materia per
capirlo. Poi, non è detto che sia uno spreco e magari un giorno tornerà utile.
È veramente difficile capire se e quando il superfluo diventerà utile.
Tuttavia, un’azienda che non investe nel superfluo e si limita a soddisfare i
bisogni immediati rischia di lavorare per la sopravvivenza e, non scommettendo
sull’avvenire, non può crescere né svilupparsi.
Quindi il superfluo non ha nulla a che fare con lo
spreco… Ai tempi dei nostri nonni non si buttava via niente, c’era una tale
scarsità che si conservava qualsiasi cosa perché, prima o poi, tutto poteva
essere utile. Quando mia madre si trasferì a casa nostra, riempì uno scatolone
con tanti quadretti, statuine e oggetti vari che aveva collezionato nel corso
della sua vita. Qualche anno fa, riordinando la cantina, trovai questo
scatolone e le chiesi se non fosse il caso di buttarlo via per fare un po’ di
spazio, visto che non lo aveva mai aperto nei dieci anni di permanenza nella
nostra casa.
“Buttalo quando non ci sarò più – mi rispose –, capisco che
sono tutte cose inutili, però sono le mie cose e mi piace sapere che ci sono”.
La mamma non c’è più, ma le sue cose sono ancora là, perché basta poco per far
cambiare classificazione alle cose. Per me erano totalmente inutili, però quando
lei mi ha detto che erano i suoi ricordi, anche per me non sono più state
inutili, e oggi che la mamma non c’è più e finalmente potrei prendere quello
scatolone e buttarlo via senza neanche aprirlo, invece è ancora lì. Un giorno o
l’altro se ne andrà, è nella logica delle cose, però pensiamo com’è veramente
sottile la differenza tra il superfluo e l’utile. Superfluo per cosa e per chi?
Quando ci capita per le mani qualche fotografia, qualche oggetto desueto, il
pensiero parte a immaginare la vita che facevano una volta. Di recente, nella
camera che era della mamma, ho trovato un quadretto che contiene una lettera,
una sorta di raccomandazione che faceva a sua mamma, quindi a mia nonna, nel 1917,
il primario di un ospedale di Ferrara dove lei aveva lavorato come infermiera,
anche se aveva solo la terza elementare: “La signora Bocchi Rosina ha
frequentato per due anni il mio ambulatorio, dimostrandosi sempre all’altezza
di assistermi nelle operazioni chirurgiche, con grande abilità e
professionalità”.
Segue la firma e la marca da bollo. All’epoca, una lettera
del genere forse serviva per farsi assumere anche in qualche altro posto e la
mamma l’aveva conservata, per chissà quale motivo, in un quadretto che non è neanche
bello da vedere, quindi, del tutto inutile, eppure, aiuta a viaggiare con la
mente verso quell’epoca: c’era la guerra nel 1917, allora, dove avrà mai
lavorato la nonna? E quel medico era di Ferrara, ma lì non c’era il fronte: forse
i soldati feriti che venivano dal fronte arrivavano anche negli ospedali di
città più lontane? Così, viene voglia di approfondire e di andare a leggere sui
libri di storia. Allora, era proprio inutile quel quadretto? Nulla è inutile se
viene valorizzato. Ecco perché il superfluo è necessario per ciascuno di noi.