I VALORI DELLA CERAMICA NELLE FABBRICHE INTELLIGENTI
Dai dati del 2017 sul mercato dei rivestimenti emerge che
la ceramica è il materiale più utilizzato al mondo (59 per cento), seguita
dalla moquette (26 per cento) e da piccole quote di tutti gli altri materiali (parquet,
laminati e resilienti). Tuttavia, Confindustria Ceramica ha avviato una campagna
di sensibilizzazione ai valori della ceramica, insieme ai produttori di altri
paesi europei, per la prima volta nella storia dell’Associazione. Perché si è
sentita questa esigenza? Dai dati del 2017 emerge la crescita dei
cosiddetti materiali resilienti (come vinile, gomma e pietra), in particolare
nei paesi Scandinavi, dove raggiunge punte del 29 per cento. Tra l’altro, il
famoso LVT (Luxury Vinile Tile) è un materiale che non dà alcuna garanzia di
resistenza all’acqua e al fuoco, microbica, chimica, termica e tossica, cosa
che invece possiamo affermare di un prodotto che si tramanda da millenni come
la ceramica. Anche per questo, la nostra Associazione, insieme a quelle tedesca
e spagnola, ha commissionato una ricerca comparativa, di cui presto saranno
diffusi i risultati, per contrastare l’esplosione di questi nuovi materiali,
che potrebbero rappresentare anche una minaccia per la nostra salute, oltre che
per un settore portante dell’economia.
A proposito di salute delle persone e dell’ambiente,
entrando negli stabilimenti del vostro Gruppo, si percepisce l’attenzione che
avete prestato a chi deve lavorarci per otto ore al giorno… Constatando che
lo showroom è importante perché il cliente può apprezzare i nostri prodotti,
contestualizzati secondo tendenze moda e stili architettonici differenti,
riteniamo che anche le nostre fabbriche siano un veicolo strategico per promuovere
la vendita delle nostre piastrelle; anzi, riteniamo che “le piastrelle si
vendano anche in fabbrica”, come diceva il fondatore del Gruppo, Cavalier
Lamberto Romani.
Infatti, gran parte dei nostri clienti preferiscono toccare
con mano sia la qualità del processo sia la qualità del prodotto,
trasversalmente su tutte le fasi di produzione, dalla materia prima al prodotto
finito.
In modo specifico, la struttura industriale del Gruppo
Romani è costituita da tre stabilimenti produttivi: uno stabilimento a Rubiera
(RE), in grado di esprimere una capacità nominale pari a circa 5,8 milioni di
mq di piastrelle all’anno, di gres porcellanato smaltato, con formati compresi
dal 30x60 fino all’80x180, con spessori variabili da un minimo di 8,5 mm fino a
un massimo di 19 mm e con la possibilità di diversificare le finiture
perimetrali e superficiali della piastrella mediante taglio, rettifica e
lappatura; uno stabilimento a Roteglia (RE), in grado di esprimere una capacità
nominale pari a circa 2,8 milioni di mq di piastrelle all’anno, principalmente
di gres porcellanato smaltato, con formati compresi dal 6,5x27 fino al 40x60,
con spessori variabili da un minimo di 10 mm fino a un massimo 15 mm; uno
stabilimento sul porto di Olbia, in grado di esprimere una capacità nominale
pari a circa 110 mila mq all’anno di piastrelle di bicottura in piccoli formati
e anche complementi di arredo, anche su richiesta della clientela e sempre con
il brand Cerasarda.
In una logica full green, ma anche di recupero di tutto ciò
che non è confezionato all’interno delle nostre scatole come prodotto finito,
riteniamo di essere tra i pochi ad avere un ciclo di fabbricazione 100 per
cento waste recycling, che riutilizza costantemente e integralmente
tutti gli scarti di lavorazione – dall’inizio alla fine del processo, siano
essi liquidi, solidi o aero disperdibili –, i quali daranno vita a una nuova
piastrella.
Qual è l’entità degli investimenti e su quali fasi della
produzione sono stati indirizzati? A livello di Gruppo, negli ultimi cinque
anni, abbiamo effettuato investimenti in due macro step: un primo step nel 2013
di notevole importanza su Rubiera, pari a circa 20 milioni di euro, che
interessava varie fasi di processo: dalla ristrutturazione dei reparti di
semilavorazione (macinazione impasti, atomizzazione, stoccaggio polveri) a una
parziale ristrutturazione del parco presse ed essiccatoi, a una contestuale rivisitazione
del reparto smalteria, unitamente alla ristrutturazione integrale del sistema
di stoccaggio del materiale crudo e cotto, nonché del reparto rettifiche, scelta
e confezionamento; un secondo step d’investimento a Rubiera è avvenuto nel
2017, per un importo pari a circa 10 milioni di euro, e ha permesso di
completare il reparto formatura piastrelle, mediante l’inserzione di tre nuove
presse ed essiccatoi: nel merito siamo stati i primi del settore a credere e
installare una prima pressa al mondo avente determinate caratteristiche di forza,
luce colonne e cicli/minuto fattibili per unità di superficie pressata.
Contestualmente, l’investimento ha abbracciato un’ulteriore
razionalizzazione del reparto smalterie, da un lato per gestire la taglia
crescente dei formati, dall’altro per arricchirne la parte superficiale delle
piastrelle, mediante nuove macchine digitali atte alla stesura sia di
inchiostri sia di graniglie.
Nel medesimo anno sono stati completati i reparti
rettifiche/lappatura (a oggi disponiamo di quattro linee di rettifica e una
linea di lappatura) e il reparto scelta e confezionamento, dove sono state
implementate nuovissime linee di scelta e nuove scelte automatiche.
A oggi, il prodotto “naturale” non è più di moda come prima,
per cui circa il 90 per cento della capacità produttiva di Rubiera è sottoposto
a ulteriori procedimenti di lavorazione, quali taglio, rettifica e lappatura.
Il risultato finale è che nel 2012 producevamo circa 500 mila mq di materiale
rettificato internamente, mentre ora siamo arrivati a cavallo dei 4 milioni di
mq/anno.
Credendo fermamente nella diversificazione dei prodotti in
direzione dell’eleganza, del bello e della massima espressione artistica che si
può ottenere, nel 2018, anche nel sito di Roteglia, abbiamo investito nel
rivisitare e attrezzare tutte le linee di smalteria dell’unità produttiva,
prevedendo l’acquisto e l’inserzione di due coppie di nuove macchine digitali
atte alla stesura sia di inchiostri che di graniglie.
Il nostro è un settore quasi unico nel suo genere, perché
una fabbrica di piastrelle è attrezzata per tutte le fasi del ciclo produttivo,
addirittura ci sono industrie che hanno le cave di proprietà. È giusto il
contrario rispetto ad altri settori, come la moda, per esempio, dove il ciclo
produttivo – dalla materia prima alla ricerca, dal lancio del prodotto sul
mercato alle strategie di marketing – è estremamente segmentato.
Non a caso, chi lavora nella ceramica difficilmente cambia
lavoro.
Nel distretto di Sassuolo è molto più frequente, invece, che
chi lavora in altri settori si sposti nel nostro.
Le vostre sono fabbriche intelligenti, smart
factories, per cui il personale è costituito principalmente da tecnici
specializzati ed esperti di tecnologie digitali… La rivoluzione digitale e,
in senso lato, il grado di automazione generale del processo produttivo, hanno portato
una trasformazione inarrestabile, che richiede profili professionali molto
differenti rispetto a qualche anno fa, maggiormente scolarizzati e formati in
particolare nelle tecnologie informatiche. Le performance delle macchine
moderne nell’esecuzione di compiti ripetitivi e gravosi sono talmente elevate
che sarebbe impensabile prevederne una sostituzione solo mediante il lavoro
umano. Per esempio, nella scelta delle mattonelle che precede il
confezionamento, utilizziamo macchine automatiche che riescono a leggere e
controllare anche 100 pezzi al minuto. Soltanto nel caso di mattonelle lappate
e/o molto lucide, è ancora richiesto il lavoro degli operatori, preferibilmente
donne, perché sono più attente ai dettagli. Ci siamo posti il problema di come
attrarre nuovi profili professionali, in particolare giovani diplomati presso istituti
tecnici o laureati in aree tecniche.
Pur essendo consapevoli che per l’appeal del prodotto non
possiamo competere con aziende come Ferrari o Lamborghini, possiamo
considerarci altrettanto attraenti dal punto di vista della modernità dei
processi produttivi e dell’ecosostenibilità: non sono molte le fabbriche che
possono correre nella “Formula 1” della ceramica.
A proposito di ecosostenibilità, la Spagna, per esempio,
ha norme sull’inquinamento decisamente meno restrittive delle nostre, e questo
incide sul costo a metro quadro, che è inferiore al nostro… Tendenzialmente,
dal punto di vista stilistico, le industrie ceramiche spagnole sono piuttosto
chiuse e poco innovative, mentre dal punto di vista tecnico ci hanno ormai
raggiunto. La cosa più sorprendente, e preoccupante per noi, è che i loro
prodotti vanno sul mercato a prezzi talmente bassi che non arriverebbero a
coprire neanche i nostri costi di produzione. Oltre ad avere norme anti
inquinamento meno restrittive, hanno un costo del lavoro inferiore e un cuneo
fiscale più basso, ma tutto questo non basta a rendere ragione di questa
differenza di prezzo.
È soprattutto il loro modo di lavorare a determinare questa
differenza: riempiono i magazzini producendo enormi lotti degli stessi prodotti
e lavorando a tamburo battente, per poi svuotarli a prezzi bassi. Ma, con
questo sistema, avviene frequentemente che alcune di queste aziende della
ceramica siano ciclicamente costrette a chiudere.
Hanno iniziato a vendere nei mercati emergenti, ora
cominciano a vendere anche in Europa. E questo rischia di essere un elemento di
disturbo rispetto all’unione che dobbiamo trovare per combattere la concorrenza
agguerrita dei produttori di altri materiali da pavimento e rivestimento di cui
parlavamo all’inizio.