IN CONTROTENDENZA, IL GRUPPO FINMASI ACQUISISCE LA TEDESCA EPN ELECTROPRINT
“A memoria d’uomo, nessuno ricorda a Neustadt un pubblico
che abbia ascoltato un discorso di oltre un’ora in italiano, tradotto
simultaneamente in tedesco: ciò che si è svolto mercoledì mattina (23 gennaio 2019,
ndr) presso la ditta produttrice di circuiti stampati EPN Electroprint GmbH
è qualcosa di piuttosto singolare, che ha prodotto un vero e proprio caso economico:
l’uomo che ha parlato davanti ai settanta dipendenti di EPN riuniti in assemblea
era Marcello Masi, fondatore e presidente di Finmasi Group, che, appena due
giorni prima, aveva acquisito l’azienda di Neustadt”. Con queste parole, il giornalista
dell’“Ostthüringer Zeitung” Martin Lücke iniziava uno degli articoli usciti
sulla stampa per l’occasione, portando il nome di Modena e dell’Italia all’attenzione
dei cittadini della Turingia.
Quali sono state le motivazioni che vi hanno spinto a
questa acquisizione? È stata un’operazione ricercata da anni e fa parte di
una strategia del nostro Gruppo, avviata nel 2011 con l’acquisizione della
“Techci Rhône-Alpes SA” in Francia. Così, da gennaio scorso, la nostra
divisione PCB (Printed Circuit Board) è composta da tre aziende (la terza è
l’italiana Cistelaier Spa), con un fatturato complessivo di 50 milioni di euro,
oltre 300 dipendenti e quattro stabilimenti produttivi. La sinergia fra le tre
aziende consente di offrire al mercato un pacchetto completo di PCB – da
circuiti doppia faccia a circuiti rigidi e rigido-flessibili di alta e
altissima tecnologia – sia per le produzioni in serie sia per le prototipazioni
rapide.
Stavamo ricercando da tempo un’opportunità come questa,
perché nel settore dei circuiti stampati in Europa la selezione negli ultimi
vent’anni è stata terribile e molte aziende si sono trovate in difficoltà
estreme. Le ragioni sono note: da un lato, questioni di mercato, dall’altro,
mancanza di strategia da parte di un settore che è ad altissimo contenuto
tecnologico, quindi esposto a ingenti investimenti, ma purtroppo privo di un
prodotto proprio; è un settore di terzisti che si mette a totale disposizione
di un mercato del consumo altamente proiettato al futuro, che applica ancora la
legge del taglione, quella del “dio mercato”, quando ti viene in aiuto, o del
“diavolo mercato”, quando il rapporto fra domanda e offerta ti è sfavorevole.
Noi produttori di PCB abbiamo dovuto affrontare vicissitudini incredibili
quando, agli inizi degli anni duemila, buona parte del consumo europeo si è
trasferito nel Far East, dove i costi di produzione erano, e sono, decisamente
più bassi dei nostri. Simultaneamente, il Far East si affacciava in Europa a
offrire i propri PCB e questo combinato disposto ha fatto sì che noi ci
trovassimo in mezzo a questi due poli e a subirne conseguenze enormi. Il nostro
Gruppo non è rimasto a guardare né ha puntato alla competizione basata sul
prezzo, ma ha cercato, da un lato, di finanziare lo sviluppo tecnologico e, dall’altro,
di aumentare il livello del servizio per distinguersi dalla massa dell’offerta
indifferenziata, ricercando chi aveva bisogno di tecnologie, servizi e
continuità, beni immateriali che non possono mai offrire coloro che si limitano
a competere sul prezzo.
D’altronde, non è detto che con il solo abbassamento del
prezzo un’azienda assolva a tutti i bisogni del suo interlocutore compratore,
mentre è certo che a medio e lungo termine concorre al proprio fallimento.
Queste operazioni di acquisizione sono frutto di un pensiero
che chiamiamo strategico, nel senso che ci costringe a pensare oggi che cosa
accadrà domani, perché il mercato non è più quello di una volta: all’inizio della
mia attività di imprenditore, nel 1961, il mercato era una barca su cui bastava
salire per approdare a una meta sicuramente migliore del punto di partenza.
Comunque, ora come allora, limitarsi a invidiare chi sta meglio o a piangere
perché si sta peggio è un’attività troppo diffusa che non apporta alcun
beneficio.
Negli ultimi cinque anni, un esempio virtuoso si ricava
dal distretto della ceramica di Sassuolo, che ha investito oltre due miliardi
di euro nella rivoluzione digitale, Industria 4.0, alla quale ha contribuito anche,
con la produzione di sensori, la M.D. Micro Detectors SpA, una delle aziende
del vostro Gruppo… Il titolo Industria 4.0 ci serve per indicare lo
sviluppo e l’adeguamento a un mondo che cambia. La trasformazione dell’industria
ceramica ci dà un esempio, fisico e di scuola, simile a quello del settore
dell’acciaio, che ho vissuto e vivo dall’età di 22 anni, quando ho iniziato la
mia attività di imprenditore. In quel mondo ho assistito a un cambiamento di
paradigma che mi è molto utile per analizzare meglio quello che sta accadendo
oggi.
Oggi possiamo dire che, per nostra fortuna, anche nel
settore dei PCB, dove il nostro Gruppo sta investendo importanti risorse, siamo
agli albori di questa rivoluzione e c’è ancora un mercato bisognoso di
un’offerta rivista, sia nella qualità tecnologica sia in quella di servizio,
pur in presenza di un mondo che sta vivendo una situazione complessa e
complicata da tutti i punti di vista. Poiché Finmasi Group Divisione PCB non si
pone l’obiettivo di servire tutto il consumo di PCB in Europa, persegue l’obiettivo
di uscire dalla competizione più becera, diventando un punto di riferimento di
quei consumatori di PCB che richiedono una vasta gamma tecnologica, un servizio
adeguato e la continuità del rapporto. E, siccome non vogliamo diventare i
produttori di PCB che da soli servono tutto il fabbisogno dell’Europa, ma siamo
produttori di nicchia, allora – uscendo dalla giungla –, dobbiamo andare a
cercare di farci conoscere e di conoscere chi ha bisogno di noi. Questa è la
formula che predico al mio staff e, per quanto possa sembrare banale, se la
confrontiamo con la realtà, è ciò che occorre fare.
Lei dice che recarsi di persona a incontrare i possibili
clienti rimane indispensabile, anche nell’era di Internet? Essendo
“diversamente giovane”, non vorrei sembrare retrogrado né dire che la
comunicazione online non sia utile. Ma non basta: il modo classico di conoscere
e farsi conoscere è sempre attuale e, soprattutto quando si ha qualcosa da
dire, non c’è mezzo tecnologico che ti possa sostituire.
Quindi, coniugare la modernità con ciò che rimane di
classico sono convinto sia l’arma vincente. Bisogna avere qualcosa in cui
scommettere e poi saperlo alimentare con azioni che sono anche fisiche, nel
senso che richiedono mezzi e risorse. Avere nuove idee è imprescindibile
nell’impresa, tuttavia, bisogna non affezionarsi alle idee, tanto meno alle
proprie, che sono le più pericolose, e bisogna avere il coraggio e la capacità
di metterle in discussione. A questo riguardo, credo di essere un uomo
fortunato perché sono stato capace d’ingaggiare collaboratori di fiducia e di
valore: a volte ho sbagliato e ho dovuto sostituirli, ma, se hai paura di
sbagliare, rimani seduto dove sei e poi ti accorgi che il mondo è andato avanti
senza di te.
Nel mio discorso ai settanta dipendenti della EPN
Electroprint ho esordito dicendo “Chi sono, perché ho acquisito questa azienda
e che cosa intendo fare di questa azienda”. E ho sottolineato che “sono
orgoglioso di essere un italiano”, dissuadendoli dal parlare con me degli
italiani, “così come io non parlerò dei tedeschi, perché andremmo
fuori dal contesto che dobbiamo utilizzare per conoscerci e lavorare insieme”.
Nelle conversazioni che ho avuto con le persone dello staff, ho avuto la
conferma che nelle relazioni gli umani sono gli stessi, indipendentemente dalla
razza e dalle latitudini, quindi, come ho sempre creduto, chi vuole essere
capito deve farsi capire, deve essere chiaro e conseguente nell’azione. Faccio
del mio meglio e, per mia fortuna, così facendo, non finisco mai di pensare a
cosa fare domani.