LA LIBERTÀ DI SBAGLIARE E LA LEGITTIMA DIFESA
L’Italia è nota per la ricchezza d’ingegno delle sue
piccole e medie imprese, con una concentrazione che non ha eguali nel mondo.
Mario Veronesi, il fondatore della Biomedical Valley, qualche anno fa notava nella
nostra rivista che la vera ricerca si effettua nelle piccole e medie imprese, più
che nelle multinazionali, per questo interessate all’acquisto del loro
patrimonio culturale. Nella vostra Officina Meccanica quali sono i punti di
forza che sono frutto dell’ingegno per la costruzione di stampi per materie
plastiche? Noi progettiamo stampi che costruiamo su misura delle richieste
del cliente in tempi brevi, ma per ottenere questo risultato è necessario che
l’ingegno dei nostri tecnici sia alimentato dal continuo confronto. Questo modo
di operare è tipico delle PMI, per questo il loro ingegno è ancora molto ambito
dalle multinazionali o dai grandi gruppi industriali. Non è necessario
scomodare le multinazionali per accorgerci di quanto sta già avvenendo nella
nostra regione e nella nostra città. Negli ultimi anni, le aziende di grandi
dimensioni acquistano regolarmente piccole imprese. Ma cosa vogliono comprare, la
piccola azienda in sé? No, comprano la sua intelligenza, perché si rendono conto
che i costi da sostenere per sviluppare le idee sono molto inferiori rispetto ai
propri. Nelle piccole aziende, infatti, ciascuno è abituato a uno sforzo d’intelligenza,
dall’imprenditore all’operaio, perché la continua ricerca è la sola carta
vincente da giocare.
La ricerca effettuata nelle piccole aziende ha bisogno di
qualcosa che la grande struttura non può avere: la libertà e, in particolare,
la libertà di sbagliare. Nella piccola azienda si effettuano continui tentativi
e prove, quando le cose non funzionano ci si mette in discussione in modo un
po’ estremo, ma poi si riprende a lavorare fino a quando non si ottiene il
risultato perfetto.
Noi siamo costruttori di stampi e se, prima di partire con
il progetto e incominciare a eseguire lo stampo, aspettassimo di avere l’ordine
formale e univoco dalle divisioni interne della multinazionale, avremmo ritardi
eccessivi. Quando, invece, le aziende sono costrette a rispettare le procedure burocratiche
la preoccupazione più grande è di non incappare nella mostruosa macchina
avviata dalla contestazione del cliente.
Alla burocrazia delle multinazionali in Italia fa eco
quella dei tribunali… Quando un’azienda deve far valere i propri diritti, i
tempi della giustizia sono talmente estesi che, se anche la causa si
concludesse favorevolmente, l’azienda avrebbe comunque già chiuso i battenti.
Inoltre, con quali criteri è ascoltato l’imprenditore?
Alcuni anni fa, sono stato chiamato a esporre questioni tecniche nell’ambito di
una causa. I periti del tribunale relazionavano al giudice una realtà vecchia
di trent’anni: erano soltanto burocrati stipendiati. Quale può essere, quindi,
la fiducia del cittadino verso sentenze che sono redatte tenendo conto di
consulenze di questo genere? Ma perché in Italia c’è indifferenza verso il
lavoro delle imprese? L’impresa ha un proprio capitale e dispone di beni,
cioè gli immobili nei quali opera e i macchinari che utilizza.
Queste sono le ricchezze più facili da aggredire. L’azienda,
quindi, ha tutto da perdere e perfino il tempo non gioca a suo favore. Cito il
caso di un imprenditore che ha sottoscritto un regolare contratto d’appalto con
un’impresa di pulizia, che nello specifico è una cooperativa.
A un certo momento accade che i dipendenti di quest’ultima
non vengano pagati. Il giudice, allora, obbliga l’azienda cliente della
cooperativa, che è stata pagata regolarmente, al versamento della parte
mancante dei contributi e degli stipendi dei dipendenti della cooperativa. Il
tribunale segue questo ragionamento: qui c’è il lavoratore, che è la parte
debole e ha il diritto di essere pagato. Poi, c’è la cooperativa inadempiente e
l’azienda cliente che ha goduto del servizio.
Conclusione: quest’ultima deve assumere l’onere di pagare i
dipendenti della cooperativa, perché ha usufruito del servizio e, quindi,
sarebbe come se avesse pagato un po’ di più di quanto era stato pattuito.
Quando l’idea di giustizia si traduce in giustizialismo
sommario nega il diritto e la giustizia. E ricorda il dibattito sulla normativa
della legittima difesa in Italia… Nel dibattito di questi ultimi mesi sulla
legittima difesa ho trovato eclatante il modo d’intendere la giustizia da parte
dei tribunali, che in alcuni casi hanno imposto al proprietario, leso nel suo
diritto, il pagamento dei danni al ladro, autore della lesione.
Proseguendo nel ragionamento, potremmo arrivare a
considerare che la legittima difesa dovrebbe essere riconosciuta anche alle
aziende. Non esistono leggi comunitarie, per esempio – dato che si parla tanto
di Europa –, che impongano tempistiche di pagamento per tutelare i crediti
delle PMI. Non trovo differenza fra questo caso e quello della piccola azienda
che deve sottostare ai dictat della grande impresa committente, perché
costretta ad accettare condizioni di pagamento fuori mercato. Non importa che
il committente sia un’impresa privata o un’azienda pubblica, perché, quando i
lavori effettuati non sono pagati o sono pagati oltre i termini, quell’imprenditore
si sente trattato come quel cittadino che ha cercato di difendersi in casa
propria.