HO L’AZIENDA IN ITALIA, MA VIVO PENSANDO AL MIO PAESE
L’azienda AVK è nata nel 2007, ma lei, che ne è il
fondatore, è giunto in Italia dall’Ucraina da oltre vent’anni. Come mai ha
avviato la sua impresa proprio in questo paese? Sono venuto qui con altri
migranti per cercare una vita migliore. Laureatomi in ingegneria meccanica a Rivne,
in Ucraina, ho deciso di provare un’esperienza all’estero, prima in Germania e
poi in Italia. Ho incominciato come dipendente, ho proseguito come socio e poi
ho aperto una mia azienda, l’AVK, nel settore delle macchine automatiche, in
particolare nell’assistenza, manutenzione e riparazione di impianti robotizzati.
Noi interveniamo, per esempio, su diverse tipologie di
impianti, sia su robot che fanno carico e scarico per macchine utensili sia su
robot per assemblare un motore o un altro meccanismo complesso. Interveniamo nei
settori metalmeccanico, in particolare quello della saldatura nella carpenteria
metallica, nel ceramico e nell’automotive, in questo caso per conto di altre
aziende, per importanti brand nazionali e tedeschi. Lavoriamo non soltanto in
Italia, ma anche in Cina e in America per montaggi e riparazioni, oppure dove
occorre implementare nuove postazioni di isole e linee robotizzate.
Chi acquista un robot non dovrebbe contare
sull’assistenza dell’azienda fornitrice? All’inizio è così, ma, se i
produttori di robot sono svedesi o giapponesi, l’assistenza è molto costosa,
nonostante sia organizzata in Italia. Inoltre, noi siamo competenti non
soltanto per gli aspetti relativi alla struttura robotica, ma anche per tutta
l’apparecchiatura extra robot. Può accadere, per esempio, che il cliente cambi
la sede dell’azienda e trasferisca la sua isola meccanica o la linea
robotizzata in un altro capannone. In tal caso deve affidare questo lavoro a
chi è effettivamente in grado di smontare il robot in modo che funzioni come prima.
Nel 2012, in occasione del terremoto in Emilia, in molte aziende di Mirandola e
di Bomporto abbiamo recuperato la funzionalità delle apparecchiature ripulendole
dal fango.
In questo numero della rivista, apriamo il dibattito
sull’Ucraina. Come considera l’informazione dei media italiani su questo paese?
In Italia, molti imprenditori, ma anche molte persone colte, non sanno distinguere
l’Ucraina dalla Russia, perché qui la trasmissione di informazioni è molto
limitata. Quando in Ucraina sono incominciati gli scontri mi trovavo in Germania,
dove i giornali descrivevano gli eventi che accadevano e pubblicavano le
notizie sui morti nella piazza di Kyiv, mentre in Italia, su tutti i canali
televisivi, non si riusciva a trovare un minimo di informazione: quando nel
Donbas furono uccisi oltre 12 mila ucraini, i miei colleghi in Italia mi
chiedevano “Davvero in Ucraina c’è la guerra?”.
Questa storia è molto dolorosa anche da raccontare, perché è
come se io parlassi di una cosa immensa contro un muro che non può capire.
Alcuni italiani mi hanno detto che è giusto che Putin invada
l’Ucraina, perché un paese piccolo è destinato a morire. Ma in Italia la gente
non capisce che la Russia è un paese in miseria, non ha altre forze oltre le armi
nucleari, non ha neanche le risorse necessarie per puntare il dito contro la
NATO e contro l’occidente.
Ho incontrato diversi imprenditori che hanno ricevuto
offerte per effettuare investimenti in aziende russe, ma, a distanza di pochi
mesi dall’investimento, non sono riusciti a individuare dove siano finiti i fondi
investiti: all’improvviso queste piccole aziende russe sono scomparse e la
movimentazione finanziaria ha tracciato rotte internazionali con triangolazioni
per lo spostamento dei fondi utilizzati per truffare. Mentre in Ucraina gli accordi
internazionali e le sentenze del Corte di giustizia dell’Unione europea sono
efficaci, in Russia sono completamente negati.
In Italia si parla della Russia come di un paese forte e
ricco… Parliamo del fatto che il 70 per cento dei russi oggi usa il gabinetto
di legno, che è ubicato fuori di casa? Oggi a Mosca manca tutto, anche le tecnologie
per salvare i bambini dalle malattie: le famiglie sono costrette a raccogliere
fondi per mandare questi bambini in Europa o negli Stati Uniti per essere
curati, mentre Putin trova fondi per andare in Siria, in Crimea e nel Donbas.
In Russia molti intellettuali e associazioni culturali non possono denunciare
la realtà, non possono gridare perché non saranno ascoltati. Molti hanno paura
del regime: ho incontrato alcuni tecnici russi che sono scappati in Germania o
negli Stati Uniti, perché li avrebbero arrestati se non fossero fuggiti: non
erano liberi di lavorare nel loro ambito di competenza, perché dovevano essere
impiegati nel settore degli armamenti.
Moltissimi scienziati, attori, artisti di fama mondiale
sono ucraini, ma sono dichiarati russi dall’informazione russa...
Per esempio, Igor Sikorsky, inventore dell’elicottero a due
eliche e del primo aereo per le rotte transoceaniche, vissuto negli Stati
Uniti, è considerato russo, ma è ucraino. Come Mila Yovovich, come Andy Warhol,
come Anna Yaroslavna, regina di Francia, come il premio Nobel per la fisica al
quale è stato dedicato un asteroide, Petro Kapitsa, come Steve Wozniak, uno dei
fondatori di Apple, come Steven Spielberg, come Max Levchin, uno degli
inventori di PayPal. Ma erano ucraini Yuriy Drohobych, rettore dell’Università di
Bologna nel 1460, e Maksym Sozontovyč Berezovs’kyj, compositore, cantante
lirico e violinista ucraino, il cui nome è scolpito nell’Accademia Filarmonica
di Bologna.
Perché l’informazione russa ha interesse a propagandare
le eccellenze ucraine come russe? Perché la Russia non ha altra origine se
non quella ucraina: Russia deriva da Rus di Kyiv. Per negarlo, sia nella prima
sia nella seconda guerra mondiale, il KGB aveva il suo reparto dedicato a
distruggere tutti gli archivi che dimostravano la provenienza russa
dall’Ucraina. Addirittura, dalle chiese ucraine furono rubate, assieme agli
oggetti preziosi, le reliquie dei santi, poi dichiarate come appartenenti alla
chiesa russa per dimostrare che erano di santi russi.
In questo modo è attuata una manipolazione continua… Esatto.
Per esempio, il consulente dell’imperatore Pietro I di Russia, Ivan Mazepa, era
un nobile ucraino a capo di un esercito di cosacchi, che parlava sia inglese
sia italiano ed era esperto d’arte. Per questo Pietro il Grande, che ignorava
ma invidiava la cultura e le arti occidentali, lo ha assunto come suo
consulente. La storiografia russa ha però cercato di occultare tutti gli
eventi salienti di questa collaborazione. Nel ventesimo secolo, i russi hanno
addirittura rifatto i ritratti di Mazepa, rendendolo grasso con la faccia
rotonda, finché alcuni storici americani e svedesi hanno scansionato diversi
quadri traendone la vera immagine.
Ma questo è solo un esempio.
L’Antonov An-225 Mriya, l’aereo più grande al mondo, è stato
progettato in Ucraina. E diversi ingegneri che lo hanno progettato sono finiti in
Siberia, perché non hanno voluto lavorare per aziende russe nell’industria degli
armamenti: il Cremlino dichiarava che non servivano aerei civili, bensì aerei
militari… Cosa si augura per il suo paese? Mi auguro che sia costruita
una muraglia come quella cinese lungo la frontiera con la Russia e che l’Ucraina
possa ripulirsi da tutti gli oligarchi, i commercianti e i miliardari filo-russi.
All’estero lavorano migliaia di imprenditori ucraini con aziende cento volte
più grandi della mia, soprattutto in Canada, dove ci sono regioni in cui la
lingua ufficiale è l’ucraino, perché vi risiedono cinque milioni di ucraini. Il
ministro Chrystia Freeland è di origine ucraina e nell’ultimo convegno ONU
tenutosi a Milano, ha invitato, prima in lingua ucraina e poi in lingua russa, Sergej
Lavrov, ministro degli esteri russo, a liberare i 24 marinai ucraini che sono
stati catturati.
Quindi, la Russia sta tenendo in prigione 24 marinai
ucraini? Questa è un’altra storia di cui non si parla. Gli italiani non
sanno nulla, non sanno che oggi la gente continua a morire nel Donbas, dove io
ho perso il mio professore di meccanica: lui non ha combattuto, ma ha
collaborato come volontario civile, ed è stato ucciso con una pallottola in
fronte.
Tanti qui ironizzano su quello che sta accadendo in Ucraina,
non avendo capito quanto sia grave anche per tutta l’Europa. Dicono che in
Ucraina non c’è la guerra, che hanno saputo da un servizio Rai che in Ucraina
ci sono nazisti e che questi hanno provocato i russi. Io ho provato a dire che
non è possibile leggere la storia basandosi su un servizio fake: loro sono
arrivati nelle nostre case, nel nostro territorio con le armi in pugno e noi ci
stiamo difendendo, e anche abbastanza bene. E questa violazione di territorio,
nel XXI secolo, dovrebbe essere ben conosciuta in tutto il mondo: noi abbiamo
firmato il Memorandum di Budapest, abbiamo creduto alla promessa europea che saremmo
stati difesi in caso di violazione del nostro territorio. Ma questo non è
accaduto, perché nessuno, per interesse economico e politico, vorrebbe iniziare
un conflitto con la Russia. E io, nonostante risieda in Italia da vent’anni e
abbia un’azienda già strutturata, vivo pensando alla mia casa. Provo tanto
dolore e tanta rabbia quando cerco di spiegare alle persone che non vogliono capire,
oppure non sono informate su quello che sta accadendo davvero in Ucraina.