LA RIVOLUZIONE DIGITALE NELLE MACCHINE PER CERAMICHE
La 26° edizione di Tecnargilla, la più importante fiera
per la fornitura all’industria ceramica e del laterizio, ha confermato la sua
leadership mondiale assicurata sia dalla qualità delle innovazioni proposte
dalle aziende espositrici sia dal numero e dalla provenienza dei visitatori
professionali giunti a Rimini da oltre cento Paesi. Come presidente
dell’Acimac, che ha organizzato la fiera in collaborazione con IEG-Italian Exhibition
Group, che cosa può dirci a questo proposito? Più di ogni altra edizione,
la riuscita di Tecnargilla è stata riconosciuta dalle aziende espositrici per
l’alta qualità dei buyer internazionali, la maggior parte titolari e top
manager giunti a Rimini con precisi progetti d’investimento.
Sono stati numerosi i contratti conclusi direttamente in
fiera e altrettanto consistenti le partnership instaurate con nuovi clienti che
sfoceranno in importanti forniture nel breve periodo.
Le affluenze maggiori sono state registrate da Italia,
Spagna, Cina, Turchia, India, Federazione Russa, Brasile, Germania, Iran e
Polonia. Per quanto riguarda gli investimenti, le crescite percentuali maggiori
sono da attribuire invece a paesi di recente sviluppo, indice della centralità
di Tecnargilla per quanti operano nel settore ceramico.
Tra questi Bielorussia, Bangladesh, Kazakistan, Turkmenistan,
Pakistan, Nigeria e Filippine.
Sono invece risultati in flessione gli operatori provenienti
da alcuni importanti paesi di produzione ceramica interessati da congiunture
economiche- sociali o industriali sfavorevoli: Turchia, Iran, Thailandia, Algeria,
Tunisia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Malesia e Marocco.
Le innovazioni tecnologiche proposte per tutte le fasi del
processo produttivo hanno riguardato soprattutto l’Industria 4.0, la
sostenibilità ambientale, il design e l’estetica.
Tra l’altro, abbiamo visto nello stand della BMR una
macchina di grande impatto, una squadratrice a secco che ha adottato tecnologie
4.0… Negli ultimi anni abbiamo sviluppato macchinari di ultima generazione per
impianti di levigatura, lappatura, trattamento, squadratura/bisellatura e taglio,
con tecnologie a umido e a secco e con dispositivi d’interconnessione 4.0, che
consentono una flessibilità e una personalizzazione del processo completo su
misura per le esigenze di ciascun cliente. Non solo, con le nuove tecnologie è
stato possibile introdurre regolazioni automatiche all’interno delle
lavorazioni: nel modello più avanzato di squadratrice esposto in fiera, che lei
citava, sono installati dispositivi che correggono automaticamente la
differenza che si produce in base al consumo della mola. Operazione che prima
era svolta manualmente, attraverso uno strumento che segnalava all’operatore la
misura in aumento del calibro della piastrella al variare della dimensione della
mola man mano che si consumava.
Così, non solo sono assicurati maggiori controlli, ma un
operatore riesce a gestire anche due macchine simultaneamente. Inoltre, si
riduce il costo al metro quadro delle piastrelle grazie al risparmio sul
diamante della mola di mandata.
I grandi gruppi italiani, come Atlas Concorde, Florim e
Iris, sono stati i primi a richiedere le nuove macchine che abbiamo prodotto.
Sono tecnologie che hanno un mercato apprezzabile soprattutto in Spagna e
Germania, mentre nei paesi dell’Estremo Oriente è ancora il prezzo a fare la
differenza e in questo purtroppo i cinesi sono forti.
Comunque, dobbiamo ringraziare lo Stato che ha messo a
disposizione gli incentivi per le innovazioni di Industria 4.0, anche se
l’adeguamento del patrimonio industriale italiano richiederebbe un programma di
almeno quattro anni, mentre nel DEF presentato dal nuovo Governo non c’è il
minimo accenno alle esigenze di ammodernamento delle imprese.
A parte la Cina, come sta andando l’esportazione delle
macchine per ceramica italiane? Negli ultimi anni abbiamo recuperato una
quota di mercato in Estremo Oriente e abbiamo iniziato a lavorare con l’India,
che prima era un paese monopolizzato dai cinesi. Certo, il periodo della
crescita esponenziale è terminato e ora si va verso un consolidamento sia in
India sia in Indonesia e in altri paesi che stanno attraversando un momento di
difficoltà. Lo scenario politico attuale non è dei migliori: l’embargo degli
Stati Uniti, per esempio, ha reso abbastanza complicata l’esportazione dei
nostri prodotti in Iran; lo stesso vale per la Turchia, che è sempre stato uno
sbocco importante per le nostre macchine. Resta il Brasile, paese nel quale
l’anno scorso abbiamo fatto un buon fatturato, ma non è sufficiente a garantire
il nostro sviluppo futuro.
Per il resto, l’Argentina è abbastanza ferma e così il Nord
Africa, anch’esso bersaglio dei cinesi, che stanno colonizzando l’intero
continente.
A questo aggiungiamo la crisi delle ceramiche italiane negli
Stati Uniti, che risentono della concorrenza spagnola.
Perché gli americani comprano le piastrelle spagnole,
anziché quelle prodotte sul loro stesso territorio dai marchi italiani? Il
vantaggio competitivo delle industrie ceramiche spagnole è dovuto a un costo di
produzione inferiore, circa 2 o 3 euro in meno al metro quadro, ai minori oneri
fiscali e a una rete infrastrutturale efficiente, costruita prima del 2008.
Basti pensare che tutte le fabbriche del distretto spagnolo delle ceramiche
hanno il porto di Castellón a dieci, quindici chilometri di distanza, per cui
spedire un container dalla Spagna agli Stati Uniti costa meno che effettuare un
trasporto su gomma di migliaia di chilometri all’interno del paese.
Lo diciamo da sempre: il costo del lavoro, l’imposizione
fiscale e i trasporti sono tre fattori che nel nostro paese incidono in maniera
deleteria sulla competizione dei nostri prodotti all’estero, ma finora non c’è
mai stata una politica industriale attenta allo sviluppo dell’economia. Per
fare un esempio vicino a noi, da trent’anni si sente parlare della Bretella che
dovrebbe collegare Sassuolo direttamente con l’autostrada del Brennero e con l’A1.
Il progetto era stato approvato, ma sembra che tutto si sia bloccato di nuovo.
Eppure, considerando la grande mole di trasporti su gomma che interessa il
nostro distretto, sarebbe assolutamente indispensabile per ridurre tempi e
costi.
Le industrie associate all’Acimac negli ultimi anni hanno
registrato un notevole aumento di fatturato. Quali sono le previsioni per il
futuro? Andiamo incontro a un periodo di assestamento, con un incremento massimo
del 2 per cento, anche perché veniamo da anni in cui abbiamo avuto aumenti fino
al 13 per cento. Non potrebbe andare avanti così a oltranza, sono picchi tipici
dei paesi emergenti.
E abbiamo visto che cosa è successo in Cina: sono andati in
crisi quando il PIL è passato dal 12 al 6 per cento. Lo avesse l’Italia un PIL
così, che lotta per l’aumento di un punto percentuale.
Ciò che conta è la memoria delle aziende, perché
considerare i dati come esterni alla realtà e sganciati dalla storia è
fuorviante… I dati vanno sempre interpretati tenendo presente ciò che è
accaduto negli anni precedenti. Certo, se prendessimo in considerazione solo quest’anno,
potremmo dedurre che il mercato sia stazionario. Ma l’andamento di un’azienda o
di un settore va analizzato nell’arco di un periodo che non può limitarsi
all’anno immediatamente precedente. Questo vale anche per il mercato del
lavoro: negli ultimi due anni era molto difficile trovare manodopera
specializzata, al contrario del passato quando la domanda era superiore
all’offerta. Tuttavia, un’azienda non può assumere personale in base ai trend
degli ultimi due anni, deve valutare i propri progetti, in corso e per
l’avvenire, e tenere conto del calo a cui stiamo andando incontro.