IL TEMPO DELL'ASCOLTO
Le aziende del vostro Gruppo offrono da quarant’anni un
apporto incalcolabile all’industria manifatturiera, dal momento che non si
limitano alla fornitura di prodotti siderurgici, ma si pongono come interlocutrici
delle imprese che operano in Emilia Romagna, in particolare, per le varie
esigenze della produzione. Qual è la lezione che traete oggi da questo
approccio globale al cliente? La grande fortuna di Bologna è sempre stata
quella di avere un tessuto industriale costituito da una miriade di aziende di
sub-fornitura, nate dal continuo scambio di notizie e opinioni che scaturiva
dall’incontro quotidiano al bar o in altri luoghi, senza riserve, senza
antagonismi e senza temere la concorrenza. Nelle imprese che hanno una
struttura manageriale, invece, accade spesso che questo scambio di parola, e il
conseguente processo di crescita che sollecitano le aziende sub-fornitrici, sia
impedito.
Sembra quasi sia necessario fare economia di parola per non
perdere tempo. Ma non può essere questa la logica dell’imprenditore e nemmeno quella
del venditore.
La mentalità manageriale misura il tempo, valutandolo in
base all’immediatezza del risultato, perciò il tempo del manager non è dedicato
in modo assoluto all’azienda in cui opera: il suo è già in partenza un tempo
programmato per le aziende in generale, è quindi un tempo relativo. In altre parole,
il manager di questo tipo sa già che il suo tempo potrebbe finire e non ha
tempo per ascoltare la novità.
Chi invece ha maturato nel lungo periodo la sua esperienza
nell’azienda trova sempre il tempo per ascoltare il fornitore, per valutare le
capacità manuali dei collaboratori e coglie il valore della trasmissione delle
informazioni che ha acquisito. Ciascun giorno la nostra storia entra negli
uffici tecnici delle aziende di cui siamo fornitori e poi diventa l’humus culturale
che aiuta a migliorare il loro prodotto.
Questo prodotto non è mai il risultato dell’ingegno del
singolo, ma è il frutto di una tensione all’ascolto che negli anni settanta e
ottanta era pratica quotidiana nelle nostre officine.
Posso citare un aneddoto al riguardo.
Un’azienda di Calderara di Reno, operante nel settore della
meccanica di precisione, ha tratto vantaggio da un mio suggerimento tecnico e
dalla mia sollecitazione a proporsi a una nota multinazionale, che in quel
momento sviluppava un progetto importante legato alle applicazioni del PET
(polietilentereftalato) nel packaging alimentare. È questa pratica di ascolto e
di trasmissione di parola che alimenta la formazione dei nostri venditori.
Oggi, in molti ambiti è ribadita l’importanza dell’ascolto
come sinonimo di condivisione, fino allo stereotipo dell’imprenditore cosiddetto
“illuminato”. La “luce dell’ascolto”, tema che inauguriamo in questo numero
della rivista, pone la questione dell’intendimento: ascoltando, ciascuno intende
a suo modo. Allora, in che termini lei trae lucidità dall’ascolto? Non
credo che ci sia chi nasca imprenditore perché è illuminato da una qualche luce
divina. Penso piuttosto sia una questione culturale, che implica l’esigenza
individuale di cogliere le opportunità che emergono nello scambio di parola con
gli interlocutori che incontra. Poi, è chiaro che è necessario avviare le condizioni
pragmatiche per realizzare i progetti.
Ma non si tratta mai di illuminazione e tanto meno di “avere
la visione”.
Il primo compito dell’imprenditore autentico è quello di
ascoltare con umiltà, senza essere precipitoso. È proprio un esercizio
quotidiano.
Ascoltare non è facile, è una cosa impegnativa: chi si
rivolge a noi ha bisogno di parlare a noi e va ascoltato, anche quando avremmo
altro a cui pensare, anche quando non la pensiamo nello stesso modo.
Occorre molto esercizio per giungere a questo ascolto
pragmatico… Certo, occorre molto allenamento e non risparmiarsi mai –
ancora di più nel settore degli acciai speciali e per stampi –, tenendo per noi
ciò che impariamo. Per questa via, il 90 per cento delle nostre aziende clienti
viaggia con noi dal 1978. Questo viaggio non è fondato soltanto su aspetti
economici o finanziari, ma poggia sugli uomini e sui dispositivi di parola che
abbiamo instaurato in tanti anni di lavoro insieme.
Quali sono gli avanzamenti in questi ultimi mesi nei
progetti del vostro gruppo? La novità è la costituzione della società 3D
Metal, specializzata nell’Additive Manufacturing, insieme con altre cinque
imprese molto qualificate con le quali abbiamo acquistato due macchine
avveniristiche per progettare e costruire particolari meccanici con la
tecnologia additiva. In generale, il Gruppo S.E.F.A. è in una fase di
assunzione di nuovi collaboratori e ogni giorno redigo il bilancio di quello
che stiamo costruendo: si cresce soltanto così. Non si diventa fenomeni, né
imprenditori illuminati, e questo vale sia per l’imprenditore sia per il
collaboratore che non si crede dipendente. Accade così che ciascuno maturi
l’etica per divenire cittadino della città moderna.