LA PAROLA SENZA PRETESA DI PADRONANZA
Ho incominciato ad ascoltare Armando Verdiglione nel 1973:
il primo ascolto era leggendo, “l’ascolto della lettura”, come dice Verdiglione.
Questo ascolto di lettura si riferiva a un testo degli atti
del primo convegno organizzato da Verdiglione nel 1973, dall’8 al 9 marzo, Psicanalisi
e politica.
E, poiché chi legge scrive, ne sortì una recensione che
venne pubblicata sulla “Critica sociologica” nel 1974. Al convegno successivo, Follia
e società segregativa (13-16 dicembre 1973), a cui invece partecipai, c’era
un clima straordinario, con tantissime persone, e incontrai Julia Kristeva e
Philippe Sollers. Nel 2007 è stato tradotto in italiano il libro di Sollers L’isola
deserta e altri scritti, nella cui introduzione Pier Aldo Rovatti descrive
questa folla – ma folla è una brutta parola –, queste singole persone, questa
partecipazione forte.
Ora Armando Verdiglione ci convoca all’ascolto della Grammatica
dello spirito europeo, un grande libro, non solo per dimensioni, in cui
leggiamo: “Noi abbiamo interrogato gli scritti propri al dossier occidentale e al
dossier orientale, e abbiamo notato nel rinascimento in Italia l’instaurazione della
parola originaria nella sua aritmetica e nella sua cifratica: altra cosa, altra
particolarità, altra logica, altra scrittura, altra città”. Dissidenza, particolarità:
ciascuno di noi, in quanto “ciascuno”, è già dissidente.
Senza soggettività: quando c’è un soggetto c’è un oggetto,
il soggetto è quello che dice: “Con la parola ci faccio quello che voglio”,
“prendo la parola”, “ti do la mia parola”. Non è la libertà della parola questa
cosiddetta “libertà di parola”. Il mio mestiere è fare filosofia del
linguaggio, e adesso insegno anche linguistica generale in una scuola di
mediatori linguistici (Verdiglione avrebbe da dire su questa parola
“mediatore”: mediazione e mediocrità hanno la stessa etimologia), e molto io ho
appreso, pensando alle considerazioni di Armando Verdiglione, su cos’è una
lingua, sulla lingua come idioma.
Spesso sentiamo l’espressione “questa frase è idiomatica”.
Ma tutta la lingua è un idioma, tutta la lingua è idiomatica, non c’è una parte
della lingua che non abbia una sua particolarità, una sua specificità. Quindi, la
parola senza possesso, senza pretesa di padronanza: questa la sua libertà.
Siamo in un’epoca di distruzione del libro. Ho insegnato
all’università per tanto tempo e posso dire che questo maltrattamento del libro
non era mai avvenuto in maniera così vistosa.
Nei libri Il bilancio di guerra e La grammatica
dello spirito europeo ci sono molte considerazioni sulla questione della
distruzione dei libri. Tutti conoscono Farhenheit 451, il rogo dei libri.
Oggi io parlerei di cremazione del libro, non c’è più posto per i libri, anche
nel senso di spazio: prima si entrava nelle biblioteche e c’erano tantissime
riviste italiane e straniere esposte, oggi le riviste sono online, per
“questioni di spazio”. Cremare i libri: tutto in pdf! Niente più libri per chi
studia.
Nelle università ci sono le “dispense”, che non sono ciò che
una volta aveva questo nome e che era il libro in formazione realizzato nel
rapporto di collaborazione e di conversazione tra studenti e professori.
No, ora sono serie di pagine raccolte qua e là e
fotocopiate, all’insegna della facilità e della semplicità.
“Non siamo tenuti a frequentare le lezioni”, è uno “slogan”
studentesco diffuso nell’università, come se uno che ha pagato il caffè
dicesse, al barista stupito, che non lo beve perché gli basta lo scontrino; e
un’altra “rivendicazione”: “Non siamo tenuti ad avere i libri di testo, infatti,
nessun professore può chiederci di esibirli”; non siamo tenuti a esibire i
testi, allora non siamo tenuti ad averli! V’invito a pensare alla stessa frase
sostituendo alla parola “libri” il sintagma “biancheria intima”.
A proposito di libertà, Verdiglione cita 1984 di
George Orwell, il quale scrive che la Newspeak, la neolingua, traduce tutto,
tutto è tradotto in Newspeak, ma la Newspeak non traduce la scrittura
letteraria, che diventa l’ultimo baluardo: questa resistenza della scrittura –
qui Orwell è straordinario –comporta il rimando della messa in circolazione
della Newspeak, a che anno? Al 2050!!! – una data che anche per noi, per me in
particolare, è lontanissima, a cui certamente non arriverò. Questo è notevole;
soltanto nel 2050, dice Orwell nel 1948 in 1984, forse riusciranno a
tradurre in Newspeak la scrittura, la scrittura della particolarità, della
singolarità, della dissidenza. La dissidenza cifrematica: è il titolo
del secondo dei miei libri, pubblicato dieci anni fa, dedicato all’opera di
Armando Verdiglione.