QUALE RIUSCITA PER LA SALUTE
Oggi si celebrano i
trent’anni delle attività del gruppo editoriale da cui è sorta Spirali (si veda
il sito www.spirali.com) e mai come ora constatiamo l’esistenza di dispositivi
di cultura e di arte, dispositivi delle cose che, dicendosi, facendosi e scrivendosi,
giungono alla riuscita e all’edizione. Inventare con ciascuno dispositivi che
si rivolgono alla qualità è la scommessa di chi sempre più, nell’impresa, nella
famiglia, nella scuola, non si pone alternative, ma la fede assoluta nella
riuscita. Perché la salute, come istanza della qualità, poggia sulla riuscita,
non viceversa.
Tutt’altro che
riconducibile al successo, la riuscita è prerogativa delle cose che giungono a
compimento, in particolare della legge come compimento della scrittura
sintattica, dell’etica come compimento della scrittura frastica e della clinica
come compimento della scrittura pragmatica. La riuscita esige quella legge,
quell’etica e quella clinica che stanno nella parola, quindi, nulla hanno a che
vedere con il codice, con la morale e con la significazione. Per questo,
occorre intendere la logica particolare da cui procedono le cose, anziché
tagliare corto perché qualcosa non va e non funziona secondo un senso comune,
un sapere prestabilito, o un significato consolidato. Le norme, le regole e i
motivi sono pretesti perché la legge dello specchio, l’etica dello sguardo e la
clinica della voce riescano, non canoni grammaticali da rispettare. Per questo,
per la riuscita, non si tratta di entrare nella norma, nella regola e nel motivo
di successo dettati dal luogo comune. “Quali sono le regole del successo?”, si
chiede chi crede nella riuscita del soggetto. E allora, ogni economia, quindi
ogni spreco, può servire per evitare la difficoltà della sintassi e della frase
e, quindi, per non giungere alla semplicità del pragma.
Divenire caso di
qualità, divenire dispositivo intellettuale è un’esigenza per ciascuno nell’era
della comunicazione. La parola, con la sua difficoltà intoglibile, giunge al
semplice proprio quando s’instaura il cervello come dispositivo della riuscita,
il cervello che accoglie la novità e trova i termini e i modi per portarla
all’edizione. Questo è il compito dell’impresa intellettuale, impresa del
secondo rinascimento, in cui ciascuna cosa procede dal due per integrazione e
non ci sono rami secchi da tagliare o mele marce da buttare. La cura è sempre
del tempo, nell’impresa come nella clinica. Per questo, come nota Verdiglione
in questo numero, è impossibile la cura di sé o la cura dell’Altro. E la cura
del tempo è la cura che procede dal fare, senza affanno. Fare secondo
l’occorrenza trae al ritmo, ossia, ciascuna volta a raccontare, a ragionare, a
discutere, a intavolare trattavite, a instaurare dispositivi nuovi.
“Dispositio” è il termine con cui il latino traduce il greco rythmos, ritmo.
Per questo la cifrematica, lungo la sua esperienza d’impresa, definisce il
cervello come dispositivo. Quindi, non il cervello come chi comanda e ha
ragione sull’Altro, né come sistema, unità in cui tutto debba funzionare, ma
ritmo. E il ritmo non è rappresentabile. Come possiamo trovare la via una volta
per tutte, se il ritmo procede con il passo e il piede del tempo e non c’è modo
di tirare le somme per far quadrare i conti? Il ritmo non è algebrico, né
geometrico, ma aritmetico. E ciascun giorno si tratta d’instaurare il ritmo da
cui sorge la poesia dell’impresa. Non è un caso che poiesis in greco indichi
tanto il fare quanto la poesia. Chi può stabilire quale sia il metro, la misura
e il calcolo con cui procede il ritmo della poesia? Ciascun giorno la battaglia
– non contro qualcuno o contro qualcosa, il male o la malattia, ma la battaglia
perché le cose giungano a compimento – esige uno stress incalcolabile. È
curioso che in inglese stress voglia dire accento. Niente di negativo, quindi,
ma lo stress come pulsione nella parola, ciò da cui procede la prosodia del
nome, la rapsodia del significante e la melodia dell’Altro.
Per questo, anche ciò che
potrebbe sembrare un incidente o un inciampo occorre che divenga pretesto di
elaborazione, di racconto, di scrittura sintattica, frastica e pragmatica,
lungo il progetto e il programma di vita, anziché essere consacrato come male
da cui salvare sé o l’Altro. E per questo, per instaurare la salute, per
divenire dispositivo di riuscita non servono la calma o il relax da raggiungere
a tutti i costi. La tranquillità – che non si può barattare con la calma –
procede dal rischio e dall’audacia. Questa tranquillità assicura la riuscita su
cui poggia la salute come istanza della qualità. Sempre più oggi, in ciascun
incontro di brainworking con imprenditori di vari paesi, emerge la direzione
dell’impresa verso la qualità. Ma i modi con cui le cose divengono quali sono
infiniti e incontabili. Eppure, raccontando e narrando, ciascuno, nella
famiglia e nell’impresa del secondo rinascimento, trova la fabula, la favola e
la saga. Oggi più che mai, l’esperienza della parola originaria esige la
scrittura, con cui le cose trovano compimento, e la lettura, come contributo al
testo della civiltà. Sta qui la riuscita.