QUANDO L’INDUSTRIA MIGLIORA LA VITA DELL’UOMO E DELL’AMBIENTE
Fondata nel 1976, la sua azienda è leader mondiale nella
produzione di macchine trapiantatrici di ortaggi, tabacco e vivai, con una
quota export stabile attorno all’80 per cento. Quanto ha inciso nella produzione
delle vostre macchine agricole operare in un territorio fortemente vocato alla
manifattura? Avere la sede in Emilia Romagna, nella provincia di Bologna in
particolare, e quindi conoscere le potenzialità della miriade di imprese che operano
attorno alla nostra, ci ha consentito di dedicare gli investimenti e il nostro
tempo alla progettazione e alla produzione di prototipi di macchine agricole, affidando
all’esterno l’esecuzione dei particolari di nostri disegni. Del resto, noi
produciamo per un settore di nicchia – come quello delle macchine per la
coltivazione delle patate e trapiantatrici – che non ha risentito della crisi
economica degli ultimi anni, anche perché richiede la progettazione di macchine
su misura per le diverse esigenze della clientela.
Abbiamo incominciato con la meccanizzazione della
coltivazione delle patate, poi, negli anni ottanta, abbiamo ampliato la gamma
con macchine per il trapianto delle piantine di ortaggi, tabacco e pomodori.
Negli ultimi trent’anni, le coltivazioni di piante orticole che venivano
effettuate con la tecnica della semina, quindi mettendo il seme direttamente
nel campo, sono state sostituite da quelle di trapianto di piantine già
preparate nelle serre. Questa tecnica abbrevia i tempi di coltivazione,
garantendo la massima resa, perché impedisce l’incertezza di piantare un seme
che potrebbe non germinare. Trapiantando 35 mila piante per ettaro di pomodoro per
sughi e pelati, per esempio, abbiamo la certezza di ottenere il risultato
programmato, non sempre garantito invece dalla semina.
Lavoriamo in oltre 70 paesi nel mondo e, in molti di questi,
differenti per tipologia di terreno e per tradizioni di coltivazione,
interveniamo con modifiche e adattamenti specifici.
La macchina che pianta le piantine di pomodoro, per esempio,
può essere differente per ciascun paese.
Le nostre macchine sono progettate partendo da un modello
standard, che poi viene trasformato in funzione delle necessità del cliente. In
questo modo riusciamo a non essere sopraffatti dalla concorrenza dei paesi
asiatici o di paesi come la Turchia, dove i costi di produzione sono inferiori ai
nostri del 30, 40 o 50 per cento.
L’elevato livello di tassazione in Italia, che non ha eguali
nel mondo, si traduce in un freno alla produzione industriale, e quindi alla
produzione di ricchezza, che invece è favorita in paesi come gli Stati Uniti,
dove peraltro noi abbiamo un ufficio commerciale.
Se la nostra azienda riuscisse a trattenere la percentuale
risparmiata dalla tassazione, potremmo investire di più nella ricerca e
nell’ampliamento dei nostri tre stabilimenti produttivi, che oggi hanno
un’estensione di quasi seimila metri quadri di coperto.
In che termini la cultura della bottega interviene nel
vostro modo di produrre? Progettiamo e costruiamo macchine che
corrispondano alle esigenze della clientela in tutto il pianeta.
Questo approccio è tipico del modo di lavorare della miriade
di piccole e medie imprese nel settore della meccanica agricola, che
costruiscono una varietà molto ampia di macchine, anche in piccole quantità,
risolvendo molteplici problematiche ai coltivatori.
I nostri prodotti di nicchia sono una particolarità tutta
italiana e questo ci consente d’investire e di crescere, nonostante i freni
allo sviluppo posti dalla burocrazia.
Nella mia esperienza imprenditoriale ho avuto la fortuna di
visitare molti paesi del mondo e ho sempre manifestato la mia italianità con
orgoglio, ricevendo ciascuna volta risposte di grande considerazione nei
confronti degli italiani, e degli imprenditori in particolare. Le imprese
italiane che hanno esportato hanno dimostrato agli interlocutori internazionali
serietà ed efficienza, prerogative non sempre assicurate dal sistema politico ma
anche da quello mediatico, complice di una denigrazione costante del paese.
Sembra quasi che scommettano sul fallimento dell’Italia, quando danno rilievo a
questioni banali per ottenere clamore, con il risultato di arrecare grave danno
al sistema produttivo, oltre che all’immagine del paese.
Le vostre produzioni hanno trasformato la vita di tanti
lavoratori del settore agricolo.
Ci può raccontare qualche aneddoto? Gli aneddoti sono
tanti.
Io ho avuto la fortuna di andare direttamente nei campi,
perché la nostra grande soddisfazione è vedere i nostri macchinari in opera
presso gli agricoltori e ascoltare le loro opinioni. Oggi si usa ingaggiare
aziende specializzate nella compilazione di statistiche di gradimento, ma noi
siamo sempre andati fisicamente a parlare con gli agricoltori.
Negli anni ottanta, per esempio, mi sono recato da un
cliente che aveva acquistato una nostra macchina per il trapianto delle
piantine di cipolla. Prima di utilizzare la nostra macchina, l’agricoltore
raccoglieva una piantina per volta, mettendola direttamente con le mani nel
terreno e stando chinato per ore. La nostra macchina aveva cinque unità di
trapianto dotate di seggiolino per ciascun addetto. Una contadina constatò che
per la prima volta poteva assolvere il suo compito stando comodamente seduta
sulla nostra macchina. Quando mi sono avvicinato per chiederle come si
trovasse, mi ha risposto entusiasta che voleva darmi una benedizione, perché adesso
poteva stare seduta come se fosse in casa e la sera non aveva più mal di
schiena. Aggiunse anche che le altre contadine erano più sorridenti con i loro
mariti ed erano tutti più contenti. Testimonianze come questa sono ancora oggi
una soddisfazione che va ben oltre quella commerciale.
C’è un altro aneddoto che mi piace ricordare. Il nostro
agente degli Stati Uniti, nel 2014, ha partecipato a una fiera e ha incontrato
un imprenditore della comunità Amish. Nata in Svizzera e poi diffusa negli
Stati Uniti, specialmente nella zona di Philadelphia, questa comunità rifiuta
la meccanizzazione e la tecnologia, quindi non utilizza i trattori per arare i
campi, ma la trazione animale. Pertanto, abbiamo adattato alle loro necessità due
modelli delle nostre macchine trapiantatrici e, quando abbiamo telefonato per
sentire gli esiti del primo utilizzo, il nostro interlocutore ci ha risposto
soddisfatto che in effetti le macchine erano già operative e trainate dai
cavalli. Noi pensavamo di non avere capito, ma, raggiunto il nostro interlocutore,
non ci pareva vero di vedere una nostra macchina trainata dai cavalli. È stata
grande anche la gioia di quei contadini, perché anche loro, prima di
incontrarci, trapiantavano con le mani ciascuna piantina nel terreno. Questo è
un esempio del modo in cui l’industria migliora la vita dell’uomo e può essere
preziosa alleata anche dell’ambiente.
Lungo il dibattito di questo numero della rivista, ci può
dire quale cura occorre per la salute delle imprese? La cura per rendere
più semplice il lavoro dell’imprenditore, che ciascun giorno è costretto e
limitato da impedimenti di ogni tipo, è quella di abbattere la burocrazia. Noi
stiamo valutando un ampliamento degli stabilimenti, ma occorre presentare una tale
montagna di scartoffie che si rischia di perdere l’entusiasmo indispensabile per
l’investimento.
Incomincio a pensare che l’apparato burocratico sia stato
programmato per complicare la vita a chi ha l’esigenza di costruire e
migliorare il paese. Accade spesso che la compagnia estera che invia in Italia
un esperto per la raccolta di informazioni sulle procedure per costruire
capannoni o fare altri investimenti, per esempio, lo veda tornare indietro con
l’elenco infinito delle incombenze burocratiche, che sembrano fatte apposta per
invitare a rivolgere quell’investimento in altri paesi europei.
Noi abbiamo nuovi progetti di macchine da costruire per
assecondare le necessità dei mercati e assicurare il lavoro alle persone che
lavorano con noi e a quelle che speriamo di assumere.
Tengo a dire che, nonostante le complicazioni che
intralciano le imprese in Italia, abbiamo ancora molte soddisfazioni: nella
nostra piccola azienda alle porte di Bologna, fabbrichiamo le macchine
utilizzate dalle più importanti industrie del settore agricolo di Stati Uniti,
Messico, Australia, Nuova Zelanda, Russia, Sudafrica e altrove, in ciascun caso
raccogliendo una quantità incredibile di ringraziamenti. E quando torniamo nella
nostra piccola azienda alle porte di Bologna e raccontiamo ai nostri collaboratori
dove vanno le macchine che loro progettano, montano e preparano, anche loro
sono felici del proprio lavoro. Tutto questo ha un valore che non è
ricompensabile da nessuna moneta.