SALUTE E BELLEZZA
Intervista di Anna Spadafora
Questo numero della “Città del secondo rinascimento” si occupa di salute. Che cosa può dirci della sua esperienza di imprenditrice nel settore moda? Anche la bellezza può giovare alla salute?
Non sono una salutista, ma anch’io cerco di attenermi alle regole per migliorare. È ovvio che la bellezza aiuta una donna a sentirsi più sicura, a sentirsi più piacente, e quindi credo che sia indispensabile. La bellezza dà sicurezza e per questo dobbiamo aiutarla, non possiamo pensare che arrivi da sé.
Per esempio, nei suoi splendidi abiti si nota questo “aiuto” nell’uso dei colori…
Io amo il colore, amo la vivacità, amo una donna che sprigioni allegria. Credo che l’abito sia indubbiamente un accessorio importante, ma ciò che dà forza all’abito è la personalità della donna, e la personalità è data dalla vivacità, dall’intelligenza, dalla cura e da tante altre cose, non da una soltanto.
Quindi, potremmo dire che attraverso gli abiti lei interpreta una cultura che si trasforma incessantemente? Forse dipende anche da questo il riscontro, la risposta sempre crescente del suo pubblico?
Il pubblico indubbiamente dà un riscontro sempre positivo, perché le donne hanno sempre più bisogno di tante piccole cose, e un bell’abito non guasta mai, un bel colore mette di buon umore. Io mi reputo fortunata perché amo il mio lavoro e noi abbiamo la possibilità di vestire le donne dai vent’anni in su. L’importante è saper trasformare l’abito. La stessa maglietta una ragazzina la porta con la pancia scoperta, una donna la porta in modo più tranquillo ma sempre in modo molto vivace. È la trasformazione che fa rimanere giovane la donna.
Ho notato l’arte di alcuni accostamenti molto estremi nei suoi capi recenti…
Mi piace accostare il sacro al profano, il pizzo a un prodotto molto più rigido, il dolce all’aspro. Ci piace violentare le tendenze, sempre, perché dobbiamo creare sempre qualcosa di nuovo, più che nuovo vivace. Una donna quando porta un vestito Severi deve sentirsi allegra. Questo è quello che mi auguro.
Le sue collezioni vestono un particolare tipo di donna?
Non tutte le donne sono uguali e ciascuna dà il suo piccolo contributo per far diventare importante una griffe. È importante avere una gamma ampia di possibilità, offrire l’abito giusto a ciascuna donna, dalla donna manager, alla donna pacata, alla donna casalinga. E noi abbiamo veramente tutta questa scelta, perché copriamo le esigenze di un’intera giornata. Si sa che oggi la donna in 24 ore si trasforma, quindi necessariamente deve avere la possibilità di vestire in modo diverso in ciascuna occasione. Non credo che una donna debba essere sempre statica, o sempre chic, può essere in mille modi, e questa è la bellezza, questo è quello che io vorrei veramente che il mio prodotto rappresentasse, la bellezza della trasformazione.
Questo è un aspetto importantissimo per il dibattito che stiamo conducendo a proposito del cervello dell’impresa. Se il cervello dell’impresa deve avvalersi della trasformazione, il suo è un caso emblematico. La trasformazione non è soltanto quella che si vede a livello sociale, a livello politico, è in tante piccole cose…
Sì, la trasformazione è proprio fatta da tante piccole cose. Altrimenti, sarebbe troppo facile fare il nostro lavoro, ci sarebbe una ricetta. Io però ho la fortuna di avere mia figlia, Francesca, che collabora con me, è molto creativa e fa questo lavoro non perché le è stato imposto, ma perché ha fatto la Marangoni a Milano (che è la scuola di stilismo più importante in Italia) prima e poi ha deciso di avvalersi della mia esperienza. Questa è una fortuna: la mia esperienza unita alla sua giovinezza, è un mix molto importante.
Una combinazione vincente…
Beh, vincente non so, ma indubbiamente è produttiva. In questo periodo siamo contente del nostro lavoro, anche se è un momento di mercato molto particolare, molto complicato, siamo contente, anche se abbiamo le ansie di tutti perché non possiamo dire che tutto è roseo. Tuttavia, io stasera, con questo mondo in subbuglio, vado a Parigi per ricerca. Non mi piace viaggiare in un momento così, ma ci vado per ricerca, per capire, perché dobbiamo viaggiare molto e muoverci. Adesso andiamo a Parigi, poi andremo a Londra, poi a New York. Siamo sempre in movimento, perché ciascuna città ci dà qualcosa.