LE MAESTRANZE STANNO AL PASSO DELLA RIVOLUZIONE IN ATTO?

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presidente di Crimo Srl, Modena

Lei ha partecipato al forum Rivoluzione digitale o rivoluzione dell’imprenditore? (Dipartimento di Economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, 23 maggio 2017), dove si discuteva degli effetti che la rivoluzione digitale avrà per le imprese e del modo in cui l’imprenditore può dare un apporto affinché le nuove tecnologie siano strumenti per la trasformazione.
Leggendo gli atti del forum (allegati al n. 75 di questa rivista), mi è sembrato di vedere passare una mandria di cavalli in corsa sfrenata e mi sono chiesto: “Ma dove stanno andando?”.
Come imprenditore di una piccola azienda mi rendo conto di essere rimasto indietro e mi chiedo che cosa occorra fare per stare al passo con la rivoluzione in atto, che è inarrestabile, indispensabile e interessa l’intero pianeta.
Con la sua esperienza di quarant’anni nella produzione di ruote per la movimentazione industriale, lei ha dato un contributo importante all’automazione, soprattutto con l’azienda che ha fondato circa trent’anni fa, la Crimo Srl, che progetta e realizza ruote “su misura” rispondendo alle esigenze più disparate di tanti clienti e settori.
Come ciascuna piccola e media azienda che costituisce l’indotto della Motor Valley, produciamo componenti ad alta precisione, di cui le fabbriche di macchine automatiche hanno bisogno per essere sempre più veloci ed efficienti. Non c’è dubbio che anche le soluzioni personalizzate, studiate per ciascun cliente, che danno origine a prodotti non di serie, richiedono costantemente l’intelligenza e la mano dell’uomo, perché non sono robotizzabili. Ma anche la produzione in serie, che trarrà grande vantaggio dalla rivoluzione digitale, non può fare a meno dell’ingegno delle maestranze, e non solo di quello dell’imprenditore, come è emerso nel forum.
Condivido l’assunto che “Non ci può essere rivoluzione né digitale né di altri tipo se non c’è la rivoluzione dell’imprenditore”, aggiungo però: “e delle maestranze”, che con l’imprenditore costituiscono l’azienda. E qui veniamo al punto essenziale della questione.
Le industrie che producono macchine automatiche e robot, sempre alla ricerca di innovazioni atte ad aumentarne le performance, si sono chieste se gli uomini che dovranno utilizzarle accoglieranno con piacere e rinnovato interesse quelle novità tecnologiche che richiederanno loro maggiore partecipazione attiva manuale e intellettuale o se invece resteranno arroccati alla mentalità che spesso si contrappone alle innovazioni proposte dal datore di lavoro? Molti degli imprenditori della mia generazione si sono messi in proprio dopo avere lavorato in altre aziende, per le quali si sono impegnati in modo assoluto, come se fossero proprie. Avevano un approccio al lavoro come qualcosa di sacro e prioritario nella vita. Mi chiedo che cosa sia avvenuto, in particolare negli ultimi vent’anni, e dove sia finita l’ambizione che alimentava le nostre scommesse di giovani che facevano sacrifici enormi pur di raggiungere traguardi importanti. Come può un imprenditore salire sul treno della nuova rivoluzione industriale, se non è seguito dai suoi collaboratori, che spesso si lamentano perché lavorano troppo o sono estranei all’azienda e di conseguenza non danno quel contributo di idee e partecipazione attiva che sono elementi vitali per la trasformazione? Questo non vuol dire che l’imprenditore debba, a sua volta, lamentarsi e arrestare la sua ricerca: noi, per esempio, stiamo progettando ruote industriali che saranno una vera e propria innovazione nel settore. Inoltre, abbiamo aderito a progetti di alternanza scuola-lavoro, proprio perché scommettiamo in un’inversione di tendenza e ci auguriamo che, parlando con gli studenti che frequentano la nostra azienda, possa sorgere di nuovo quell’amore per il lavoro che ha caratterizzato da sempre gli imprenditori e le maestranze delle aziende modenesi. Ma ci chiediamo come coinvolgere quei collaboratori che stanno prendendo sempre più le distanze dalla vita aziendale, come se le otto ore che trascorrono in azienda non facessero parte della vita.
Forse hanno contribuito a questo approccio anche le teorie di sociologi che esortano i collaboratori di grandi industrie a rispettare il work-life balanceSicuramente è giusto trovare un equilibrio tra la vita privata e il lavoro, ma noi piccoli imprenditori non possiamo essere paragonati alle grandi industrie. Anche in questo i sindacati hanno avuto grandi responsabilità, nel proporre le stesse lotte e le stesse rivendicazioni sia per i collaboratori delle multinazionali sia per quelli delle imprese familiari.
Questa tendenza all’omologazione non giova certo alla rivoluzione… La ricchezza del nostro indotto sta proprio nella differenza e nella varietà.
Industria 4.0 non può divenire un modo per omologare le nostre imprese, ma dev’essere uno strumento per valorizzarne la particolarità. E lo stesso vale nell’educazione al lavoro dei giovani e nel coinvolgimento dei collaboratori. Ciascuno deve essere valorizzato per le qualità in cui eccelle e deve capire che anche quella che sembra la mansione più umile e più insignificante è indispensabile per la riuscita dell’impresa. Per salire sul treno della nuova rivoluzione industriale, l’imprenditore non può fare a meno di una squadra in cui ciascuno abbia voglia di mettere a frutto il proprio talento. Chi non ha entusiasmo e ambizione è meglio per tutti che scenda alla prima fermata.
E, se deve essere “rivoluzione”, facciamola, ma che sia anche rivoluzione dell’uomo.