UN MUSEO INTERNAZIONALE PER PROMUOVERE LA CULTURA DELLA PULIZIA IN ITALIA E NEL PIANETA
Alla
grande esposizione di Filadelfia del 1876, organizzata per celebrare il
centenario dell’Indipendenza americana, una spazzatrice industriale Corliss,
funzionante con un motore a vapore di ben 1400 cavalli, passava di notte tra le
corsie degli stand per pulire con efficacia lo sporco lasciato da migliaia di
visitatori. Curiosità come questa si possono leggere nel suo ultimo libro, Pulizia igienica e sanificazione.
La sporca storia del
pulito (Edizioni LSWR),
che ripercorre la storia della pulizia e della sua meccanizzazione, facendoci viaggiare
nella vita civile degli uomini di varie epoche e città del pianeta. Chi poi
vuole toccare con mano la storia del pulito, può recarsi al museo di Brescia,
dove lei custodisce un patrimonio inestimabile di oggetti, macchine, filmati, slide,
cataloghi e tutto ciò che documenta lo sviluppo di questa arte spesso poco
apprezzata.
Il mio museo è l’unico
al mondo a documentare in modo completo la storia della pulizia e dei lavori di
sanificazione ambientale, a differenza di un piccolo museo americano che si è focalizzato
soltanto sull’aspirapolvere domestico o di quello bellissimo della R.C.M. Spa,
che però è aziendale. Un aspirapolvere o un’altra macchina per la pulizia può
avere interesse per un museo nella misura in cui consente di capirne la
struttura e di cogliere le innovazioni che possono dare spunti ancora oggi.
Oltre
alle prime spazzatrici industriali americane, il suo museo espone le prime carpet sweepers, scope elettriche per uso domestico
risalenti al fatidico 1876. Come sono nate? Il 9 settembre di quell’anno, Melville R. Bissell di Grand
Rapids, in Michigan, ottiene il primo brevetto per quella che diventerà la più
famosa carpet sweeper lignea della storia e un marchio ancora
presente sul mercato, una pulisci-tappeto a forma di scatola di legno, a spinta
manuale, con dentro un piccolo serbatoio in cui una spazzola rotante raccoglie lo
sporco. Nel 1872, i coniugi Bissell hanno un negozio di articoli in vetro e terracotta.
La signora Anna chiede al marito Melville di trovare il modo di raccogliere
dalla moquette la segatura con cui sono imballate le terraglie e i pezzetti di
polvere della paglia usata per l’imballaggio dei vetri. Dopo essere rimasto
insoddisfatto dalla strana macchina che ha acquistato, il marito ha la
brillante idea di racchiudere una spazzola in una scatola di legno: nasce così
la macchina che brevetta, appunto, nel 1876. Per preparare i pezzi che
compongono la macchina impiega come terziste signore che lavorano a domicilio e
così inventa le garage
companies quando non ci sono
ancora i garage. Melville e Anna incominciano a vendere questa macchinetta
sulle vie di New York: arrivano con il loro carrettino e si mettono sui due lati
della via, uno per parte; stendono un pezzo di tappeto, vi gettano sopra lo sporco
che trovano in strada e mostrano com’è facile raccoglierlo. Presto fabbricano
trenta macchine al giorno usando anche legno di pregio. In pochi anni, la
produzione, salita a 65.000 pezzi l’anno, porta alla costituzione della Bissell
Carpet Sweeper Co., un’azienda i cui prodotti hanno avuto decine di imitatori
con varianti simili ma più complicate. Quando Melville Bissell muore
improvvisamente di polmonite a quarantacinque anni, Anna diviene la prima donna
a dirigere un’azienda degli States e la prima a essere ricordata negli annali
dell’industria per avere concesso benefici previdenziali e contributivi per la
salute dei dipendenti.
Di lì a poco
l’azienda si apre all’esportazione e presto conquista venti paesi.
Perché
nel suo museo, tra gli scaffali fitti di aspirapolvere (di varie epoche e
materiali: legno, bachelite e plastica), spazzatrici, lavapavimenti e tanti
arnesi nati per soddisfare le più svariate esigenze di pulizia, è custodito
anche un enorme mantice come quelli che usavano i fabbri nel Rinascimento? Il mantice è il vero progenitore dell’aspirapolvere:
ne custodisco un esemplare ligneo massiccio, proveniente da un’antica fonderia
francese dell’ottocento, grande come un tavolo da gioco, che per essere
azionato richiede la forza di due o tre uomini.
Quando lo guardo
penso a Benvenuto Cellini e al suo Perseo. In una pagina della Vita di Benvenuto Cellini scritta da lui
medesimo, il Maestro narra
la sera di tregenda in cui ha dovuto dare inizio alla fusione in cera persa
della scultura: nell’officina, sono ammassati “argani, buoni canapi e
cannoncini di terra cotta di sfiato”, i suoi uomini sono maestri “di fonder
bronzo” e la “stanza è capace per acconciare con la fornacie”, ma c’è tanta
tensione. A un certo punto un lampo di fuoco fa paura e segnala che è scoppiato
il tetto della fornace. Divampano le fiamme, soffia il vento, la figura di
Perseo è grande, forse troppo, e comincia a piovere. Quando la situazione torna
sotto controllo, a notte fonda, Benvenuto deve mettersi a letto febbricitante e
lasciare il campo ai suoi uomini. I quali però, dopo poco tempo, lo chiamano affannosamente
e gli dicono: “Maestro, il metallo non corre più con prestezza! Che facciamo?”.
Benvenuto si alza dal letto, fa ammassare in fretta tutto ciò che si trova in
casa e lo getta nella fornace a bruciare, così che il calore possa tornare a
fluidificare la mescola, che non si muove abbastanza per raggiungere i capelli
della testa di Medusa che hanno canalizzazioni ritorte e sottili. Qui, Cellini
ha il lampo di genio: capisce che i fumi che si sono addensati non scaricano più
l’aria. Subito ordina di aspirarli facendo lavorare il mantice al contrario –
affinché aspiri anziché soffiare – e il metallo possa colare fino a fine corsa.
Nelle ore di attesa, Benvenuto torna a dormire spossato e gli passa la febbre.
Al mattino l’umanità ha conquistato, oltre a un nuovo capolavoro, una nuova
macchina: l’aspirapolvere – aspirafumo in questo caso – il mantice- soffietto.
Ma
quale sarà la destinazione finale del suo museo, dato che lei come storico del cleaning
si è ritirato dagli affari? Una
bella domanda alla quale non so rispondere. Qualche tempo fa il museo doveva
finire in un’accademia delle pulizie in Brasile, un college creato da una coop
d’impresari. Ma poi in Brasile è arrivata la crisi e il progetto è tramontato.
Mi auguro che alla fine possa fruirne un’associazione come collante e
stimolante per la cultura e la ricerca.
Il
Rinascimento ha messo in discussione la separazione fra arti liberali e arti meccaniche,
lavoro dell’intelletto e lavoro della mano. Quindi non è un caso che lei abbia
svolto da sempre – fondando, con alcuni colleghi, l’Afidamp (di cui è stato presidente
e ora è ambassador) e tenendo conferenze e corsi di formazione – un’attività volta
a valorizzare quello che in genere è ritenuto un mestiere umile, che richiede
scarsa intelligenza… Tutti i
mestieri, nella Firenze del Rinascimento, si chiamavano “arti” e richiedevano
preparazione e invenzione.
Oggi dobbiamo
dissipare i pregiudizi che pesano ancora sul lavoro manuale, restituendogli la
sua giusta dignità, proprio in un momento in cui l’avvento dell’elettronica
rende complessi anche quelli che un tempo erano considerati mestieri semplici.
Il pregiudizio sul
lavoro manuale ci viene dal mondo greco: il filosofo della scuola peripatetica
non doveva fare nulla, al massimo camminare e parlare, non era certo Leonardo
da Vinci.
La
parola per Leonardo non era esente dall’esperienza, invece per Platone il corpo
era considerato prigione dell’anima… Nel
1972 ho fondato la Isoc (International School of Cleaning) proprio per qualificare
gli operatori del settore, sia insegnando a utilizzare le attrezzature sia
trasmettendo loro l’importanza di questo mestiere, che contribuisce a eliminare
drasticamente le fonti di epidemie e d’infezioni dalla nostra vita quotidiana.
In questa scuola si sono formati centinaia di imprenditori che poi hanno fatto
la storia del cleaning.
Quando, con i miei
fratelli, ho fondato la Pulindustria-Cimex, prima, e la Pulex, poi, eravamo
pionieri nella meccanizzazione della pulizia industriale in Europa. All’epoca
il settore valeva circa 400 milioni di lire, oggi vale un miliardo e 700
milioni di euro, con il 60 per cento di export, come risulta dall’ultima
rilevazione dell’Afidamp.
Eppure, in Italia,
questo settore continua a essere considerato marginale.
D’altronde, sto
avendo prova di questa indifferenza tutta italiana alla cultura del pulito
attraverso il dibattito suscitato dal mio libro Pulizia igienica e sanificazione. La
sporca storia del pulito, che
lei citava all’inizio, da poco tradotto in inglese: a fronte dei numerosi commenti
che ricevo da vari paesi, la corrispondenza dei lettori italiani è quasi nulla.
Speriamo che in futuro aumenti il numero dei lettori (non solo dei miei libri,
naturalmente), perché dalla cultura dipende il destino stesso della civiltà di
una nazione. Oggi i governi dei paesi europei hanno stanziato fondi notevoli
per l’attuazione della rivoluzione digitale, Industry 4.0.
Ma la trasformazione dev’essere prima di tutto culturale, perché le macchine non
fanno la rivoluzione da sole, hanno bisogno dell’intelletto umano. È il software
della conoscenza che deve muovere l’hardware della macchina, anche di quella ad
alta tecnologia informatizzata.